Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 12:15
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 6 minuti
Cambia colore:
 

POLITICHE 2018 | Vincitori e vinti, gli esiti del voto per M5S e Pd

LAMEZIA TERME L’esaltazione, l’entusiasmo, da una parte; la depressione, la frustrazione, dall’altra. Raccontare gli stati d’animo dei protagonisti è forse il modo migliore per interpretare i risulta…

Pubblicato il: 06/03/2018 – 14:15
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
POLITICHE 2018 | Vincitori e vinti, gli esiti del voto per M5S e Pd
Nicola Morra ed Ernesto Magorno

LAMEZIA TERME L’esaltazione, l’entusiasmo, da una parte; la depressione, la frustrazione, dall’altra. Raccontare gli stati d’animo dei protagonisti è forse il modo migliore per interpretare i risultati del voto di domenica. Le elezioni non hanno consegnato una maggioranza in grado di formare un governo autonomo, ma certo hanno operato una netta distinzione tra vincitori e vinti, in Italia come in Calabria. Trionfatori i grillini, perdenti i piddini, poche storie. In mezzo, nella terra di mezzo, c’è tutto l’universo salvinian-berlusconiano che al di sotto del Pollino ha tenuto botta pur senza realizzare (anzi) quell’en plein di cui si favoleggiava da mesi.
E quindi teniamoci ai due poli sentimentali, allo zenit e al nadir di due mondi diametralmente opposti per mistica e bottino elettorale. Il M5S che asfalta e il Pd asfaltato: 17 parlamentari il primo, solo 3 il secondo. La differenza, brutale, sta tutta qui. E narra di una Calabria che ha deciso di rinnegare i potentati, quelli che trovavano agio nel partito che per più di un lustro è stato di governo, per sposare il sogno di un radicale cambiamento a 5 stelle.

I PROTAGONISTI I protagonisti, dunque, il loro stato d’animo. Nicola Morra, senatore grillino riconfermato in modo plebiscitario, infierisce sui vinti stile Brenno: «Il Sud ha capito che in Italia ci sono, da un lato, persone serie, che rappresentano l’unica speranza per questo Paese; e dall’altro forze al cui interno si trovano lestofanti incalliti e professionisti della politica. Noi non lo siamo e rappresentiamo l’autenticità apprezzata dal cittadino».
Ernesto Magorno, ormai ex segretario del Pd ma di nuovo in Parlamento grazie a un seggio blindato al Senato, riconosce che la sconfitta «pesa sulle spalle del gruppo dirigente del Pd Calabria, innanzitutto del segretario regionale» e se ne assume «la responsabilità politica». Si tratta di risultati che interrogano chi ha avuto «ruoli di conduzione politica» e impongono «una necessaria e salutare fase ricostituente» del partito e la ricostruzione della «classe dirigente». Il prossimo passo sarà la convocazione degli organismi di partito «per avviare la campagna congressuale e stabilire in maniera collegiale il percorso che ci porterà all’elezione del nuovo segretario».

NOTABILATO Insomma, per il Pd calabrese – come per quello nazionale ancora frastornato per le “non dimissioni” di Renzi – si apre la fase del rinnovamento. In teoria, però, solo in teoria. Perché il notabilato dem – si veda la trasfigurazione dell’ex comunista Oliverio, oggi (ma fino a quando?) quasi un renziano ortodosso – ha dimostrato di essere gattopardianamente insensibile al cambiamento. Le nuove leve, comunque, scalpitano. Il più deciso è il consigliere metropolitano di Reggio, Nino Castorina, convinto della necessità di «rottamare la vecchia politica già spazzata via dal voto popolare». Il riferimento non è tanto a Renzi, quanto alla dirigenza regionale: «Il risultato del Partito Democratico in Calabria è disastroso, ancora oggi si continua a parlare di posti nella giunta regionale, di poltrone da occupare, di ragionamenti da fare per i congressi mai fatti fino ad ora: adesso basta». Diventa inevitabile, allora, pensare al governatore Oliverio, 40 anni di politica e non sentirli.
Pino D’Ippolito, trionfatore grillino nel collegio storicamente berlusconiano di Catanzaro, esalta il Movimento e sparge sale sulle ferite del Pd, i cui maggiorenti diventano personaggi macchiettistici: «Siamo il futuro della Calabria, la speranza, il progetto di riscatto. Mario Oliverio e il Mago Orno sono il passato, la sfiga: il Gargamella e il Birba della regione».

REGIONALI Il governatore, dal canto suo, non parla, non si pronuncia, un po’ come fece all’indomani della sconfitta referendaria. Silenzio. Ma c’è chi zitto non vuol più stare. Tipo Carlo Guccione: «Il voto calabrese ha messo fortemente in discussione il progetto del Partito democratico, un partito oggi ridotto ai minimi termini». Il quasi cappotto del M5S «non può che farci capire siamo già nell’epoca del post Oliverio e ora bisogna lavorare per una coalizione civica e di centrosinistra che sia in netta discontinuità con l’attuale esperienza di governo regionale».
Obiettivo 2019, certo. Ma gli altri sono già avanti. Lo è il centrodestra, con Mario Occhiuto che, pur dopo aver incassato la sconfitta di Fi nella sua Cosenza, annuncia la candidatura a governatore. E con il M5S che, stavolta, ha intenzione di capitalizzare al meglio la fiducia dei calabresi. Federica Dieni, rieletta nel maggioritario di Reggio, ha ben chiari i prossimi traguardi del Movimento: «Siamo riusciti a triplicare i nostri voti ed è chiaro che lavoreremo per conquistare la Regione e anche il Comune di Reggio. Vogliamo occuparci più da vicino dei problemi della Calabria».
Anche Morra interpreta gli umori dell’elettorato: «Noi appariamo per quello che siamo, al contrario di altri, e questo i cittadini l’hanno capito: rappresentiamo quella speranza di cambiamento che tutti i meridionali vogliono provare a costruire».

IL PD CHE NON MOLLA C’è una parte di Pd che tuttavia non si rassegna. Il consigliere regionale Peppe Neri è stato uno dei pochi a lottare a mani nude nella trincea reggina, ma il suo impegno non è bastato a far vincere Nico D’Ascola, il candidato a cui molti maggiorenti del partito hanno voltato le spalle. «Ora – ragiona Neri – dobbiamo ricominciare con regole nuove e prepararci ai congressi ripartendo dai territori. Bisogna ripensare alla vita del Pd nel suo complesso, dicendo addio a quel leaderismo che ha condizionato in modo drammatico la vita del partito. Berlusconi è Forza Italia, Renzi non è il Pd».
Della necessità di una rigenerazione parla anche il capogruppo in Regione, Sebi Romeo, secondo cui bisogna ripartire «da una profonda discussione nei circoli e nei luoghi deputati perché non è più rinviabile un cambio nella politica e nelle pratiche. Gli uomini che dovranno guidare il partito dovranno essere espressione di questo ragionamento».
«Cambio di passo» è la locuzione più usata in queste ore. L’hanno pronunciata anche Demetrio Naccari Carlizzi, Clelio Gelsomino, Fabio Guerriero, Stefano Soriano e Marco Vallone. Ma la auspicata rigenerazione basterà per fermare la valanga grillina?
Giacomo Mancini jr, a bocce ferme, conferma la difficoltà della sfida appena persa e, implicitamente, anche di quella futura: «Lo sapevamo fin da quando i dirigenti del centrosinistra mi hanno proposto la candidatura, che la vittoria di M5S nel collegio di Cosenza era data per certa». Una sconfitta quasi annunciata, forse anche figlia di un trasformismo che i calabresi cominciano a rinnegare. La mancata di elezione di Fausto Orsomarso, tra l’altro, chiude le porte del consiglio regionale allo stesso Mancini, nel 2014 candidato con Fi. «Se Mancini non entra sono contento, così non dovrà neanche affrontare il dilemma del “ragioneremo” sul da farsi», commenta ancora Morra. E forse questa chiosa spiega tutto delle ultime elezioni.

Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

x

x