«Dalle Politiche una lezione per deabramizzare Catanzaro»
In un recente editoriale del Corriere della Sera si legge che l’Italia che abbiamo conosciuto non esiste più. E anche la Calabria che abbiamo conosciuto non esiste più, visto che a queste latitudini…


In un recente editoriale del Corriere della Sera si legge che l’Italia che abbiamo conosciuto non esiste più. E anche la Calabria che abbiamo conosciuto non esiste più, visto che a queste latitudini il Movimento Cinquestelle raggiunge cifre incredibili e inimmaginabili, con picchi locali probabilmente mai eguagliati da nessuna forza politica, nemmeno la Dc ai suoi tempi d’oro. Di fronte a un terremoto politico quasi senza precedenti (in fondo la fine della prima Repubblica avvenne per via giudiziaria e non elettorale) rischia di passare sotto tono quello che è accaduto nella città di Catanzaro, che invece merita qualche riflessione specifica.
Catanzaro, città poco avvezza ai rivolgimenti tumultuosi, si è da sempre contraddistinta per un voto moderato e, più recentemente, per essere una (la) roccaforte del centrodestra. Questa, almeno, era la descrizione utilizzata dai dirigenti politici di quello schieramento e questa era l’intenzione, nemmeno troppo velata, emersa in campagna elettorale: rimarcare la vocazione di centrodestra della città, trasformarla nella capitale regionale di Forza Italia per poi dare l’assalto alla presidenza della Regione. A guidare questa strategia un tris d’assi, il neoeletto sindaco Abramo, il custode della purezza catanzarese Mimmo Tallini e il figliol prodigo Piero Aiello. Vinte a giugno le elezioni comunali, contro pronostico, riportato a casa il gruppo Aiello-Esposito-Polimeni, la strada sembrava in discesa e la strategia di dominio si espandeva già verso le prossime comunali.
Ma, ma a volte ci sono i cittadini. È il brutto inciampo delle democrazia, quello che passa per il voto. Sempre incerto, specie se slegato dalle logiche delle amicizie personali, specie se non controllabile, specie se non incanalato da centinaia di candidati. E Catanzaro ha bocciato sonoramente Tallini, Aiello e Abramo, ha decretato una loro sconfitta chiarissima. Tallini e Aiello non hanno perso nel collegio, hanno perso già prima nella loro città pur confrontandosi con candidati – come avevano più e più volte rimarcato – non catanzaresi. Hanno perso pensando di vincere, hanno perso come mai avevano perso prima.
Tallini è un combattente, è uno che ci mette la faccia – gli va riconosciuto – e non ha avuto paura di commentare il voto. Ma gli è scappata un frase imbarazzante, con cui attribuiva la propria sconfitta all’inconsistenza del candidato del Pd che non avrebbe frenato l’onda grillina. Lui insomma – questo è il messaggio che Tallini, manda ai suoi – avrebbe fatto la sua parte, sarebbe stato sconfitto dal destino cinico e baro e non dalla propria inconsistenza. E invece, le cose stanno così: Tallini prende in città 14.240 voti, 7.000 in meno di quanti ne prese Abramo sei mesi fa, una manciata in meno di quanti ne prese il centrodestra alle politiche del 2013, 11.000 in meno di quanti ne prese il centrodestra alle politiche del 2008, addirittura la metà (14.000 in meno) di quanti ne raccolse Abramo alle comunali precedente.
Tallini, dunque, è stato bocciato dal proprio elettorato tradizionale, allo stesso modo in cui Aiello è stato bocciato da una città che fino ad ora aveva quasi sempre preferito il centrodestra.
Le ragioni di questa sconfitta sono tante, alcune certo di carattere generale. I Cinquestelle hanno vinto quasi in tutto il Sud, ma non è ozioso chiedersi perché anche la roccaforte catanzarese sia caduta.
In primo luogo, credo che Tallini e Aiello abbiamo dimostrato – ed era chiaro a molti – di non essere i candidati giusti per il collegio uninominale. Sono leader politici vecchi, logori, ancora forti dal punto di vista elettorale ma incapaci di andare oltre il proprio consenso fidelizzato. Allo stesso modo di quanto accadde a Ciconte, sono stati incapaci di drenare il voto di opinione che in questo tipo di sfide è decisivo. Lo dimostra, se ve ne fosse bisogno, la vittoria di Wanda Ferro, candidato certamente priva di grandi pacchetti di voti ma ricca di quella stima e di quella simpatia che le ha consentito di vincere il collegio limitrofo di Vibo. Tallini e Aiello, insomma, perdono perché non basta avere molti voti quando ce ne vuole uno in più dell’avversario. Anche loro, come a tanti accade, hanno scambiato la forza con l’autorevolezza, il potere con il prestigio, le cariche con la credibilità, e hanno pagato il proprio sbaglio.
La seconda ragione dell’esito elettorale risiede nel fattore Abramo. Il sindaco è al tempo stesso un vincitore e uno sconfitto di queste elezioni. È un vincitore, perché l’evaporazione di settemila voti dimostra che solo lui ha potuto far vincere le elezioni comunali al centrodestra e che esiste un legame speciale, quasi incomprensibile, tra lui e Catanzaro. Nella pancia di questa città Abramo resta un leader forte, benvoluto e credibile.
Ma la storia di questi venti anni ci dice anche che Abramo ha saputo rinnovare questa percezione solo a scapito di tutto il resto. Abramo è uno straordinario pubblicitario di se stesso, è un manipolatore scaltro che ha saputo tenere alta la propria immagine ma che solo alla propria immagine ha tenuto, sacrificando gli interessi della città e della propria parte politica. Da venti anni Abramo vince e Catanzaro perde, da venti anni Abramo vince ma non sa far vincere gli altri. Intorno ad Abramo non si è costruita una classe dirigente, un gruppo politico e un’idea di città. Tallini e Aiello hanno fatto emergere altre figure, Abramo no. Tallini e Aiello sanno far vincere Abramo, Abramo non sa far vincere nessun altro che se stesso, e perciò divora i propri successori e i propri assessori come Saturno divorava i propri figli.
Tallini, Aiello e Abramo – più in generale il centrodestra catanzarese – da tempo hanno smesso di essere maggioranza assoluta in questa città. A giugno la loro vittoria è derivata dal fattore Abramo e dalle divisioni della maggioranza cittadina che a loro si oppone. Ciascuno di loro dovrà da oggi pensare al proprio futuro, massimamente incerto per Aiello, molto incerto per Abramo, sicuro ma più angusto per Tallini – e ciascuno di loro continuerà non pensare al futuro di Catanzaro. La maggioranza della città ha detto che non si riconosce più in loro, e la maggioranza della città oggi sa che sono battibili. Da queste consapevolezze si deve ripartire per realizzare la definitiva deabramizzazione di Catanzaro.
*docente Unical, consigliere comunale di Cambiavento