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«I nostri elettori votano per i Cinquestelle»

Guccione, dopo una sconfitta… «Disfatta, è stata una disfatta». … dopo una disfatta del genere cosa succede in un partito normale? «Che le dimissioni andrebbero date subito, neanche richieste. Ma non…

Pubblicato il: 07/03/2018 – 0:00
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«I nostri elettori votano per i Cinquestelle»
Carlo Guccione

Guccione, dopo una sconfitta…
«Disfatta, è stata una disfatta».
… dopo una disfatta del genere cosa succede in un partito normale?
«Che le dimissioni andrebbero date subito, neanche richieste. Ma non è neanche questo il punto».
E allora qual è?
«Il punto è che i nostri elettori hanno votato per il Movimento Cinquestelle in vaste zone della Calabria. E lo dicono i numeri».
Carlo Guccione ha già parlato, nell’immediatezza della batosta subìta dal Pd il 4 marzo, dell’inizio dell’era post Oliverio. Nel day after dello tsunami che ha travolto il Partito democratico chiede uno scatto in avanti a tutti. Il suo ragionamento parte da alcuni avamposti chiave. E da numeri che sono imbarazzanti.
«Oggi per recuperare il Pd bisogna chiamare il Wwf, è una specie in via d’estinzione. In Calabria siamo un partito che vale il 13%. Ds e Margherita, insieme, raggiungevano il 30».
In alcune aree della regione, per la verità, l’emorragia è stata ancora più ampia.
«È vero. Nei Casali del Manco (il nuovo Comune nato da una fusione a cinque in Presila, storica roccaforte rossa, ndr) eravamo al 55%. Oggi siamo al 15. E il M5S ci ha sostituiti. Lo stesso processo si è consumato ad Acri. E a San Giovanni in Fiore, dove i Cinquestelle sono al 53%».
San Giovanni in Fiore è un esempio a caso?
«No, è la città del governatore Oliverio, una città in cui governiamo. Ma i problemi sono gravissimi in tutta la Calabria del Nord, dove il M5S è al 49,78%. Il guaio, però, è che dove i grillini scendono al 37%, cioè nella Calabria del Sud, è il centrodestra a essere competitivo, mentre il Pd e il centrosinistra rimangono residuali».
Dunque l’ondata colpisce e affonda in pieno soltanto voi. Perché?
«Perché non siamo stati capaci di invertire un processo iniziato tre anni fa. Abbiamo perso a Cosenza, Catanzaro, Vibo, Lamezia. Abbiamo perso dappertutto e trattato ogni sconfitta come se fosse normale amministrazione. Ma adesso basta. Basta tirare a campare per autoconservarsi».
Si dice: Guccione critica il suo partito perché lo hanno messo fuori dalla giunta regionale.
«Conosco il ritornello. Però dobbiamo guardare ai fatti: le cose che vado dicendo da tempo continuano a verificarsi puntualmente. E puntualmente vengono sottovalutate».
Dove inizia la spirale nella quale si è avvitato il partito?
«Guardi, noi abbiamo vinto le elezioni nel 2014 perché incarnavamo la voglia di cambiamento della gente. È molto semplice: non abbiamo cambiato nulla. Pensi che solo poche settimane fa è andato via il manager che guidava il Por: era lo stesso che se ne occupava quando governava Scopelliti, con il centrodestra».
Tutta colpa di Oliverio, quindi?
«Il governatore ha le sue responsabilità, certo. Credo che l’esperienza di governo della Regione sia arrivata al capolinea, non si può più invertire la tendenza. Oliverio si è speso molto nell’ultimo mese, ci ha messo la faccia. Ma la sua è stata una campagna elettorale anni 70, tutta annunci e tagli del nastro. E poi ha sbagliato anche sulla sanità».
In che senso?
«Non puoi annunciare di incatenarti se il governo non manderà via il commissario e poi non farlo. Non puoi ribadirlo in consiglio regionale e poi fare finta di niente. Perché così la gente capisce che dietro questa manfrina c’è soltanto un gioco di potere».
Cosa dovrebbe fare adesso il presidente della giunta regionale?
«Prendere atto che non è in condizioni di portare avanti il progetto politico che ci eravamo dati tre anni fa».
E come si coniuga la prosecuzione dell’attività della giunta con il progetto che ha in mente per il Pd?
«Non si coniuga. Il Pd ha bisogno di una rivoluzione, altrimenti non ne resterà traccia».
Non è che si risolverà tutto in una spartizione di postazioni?
«Ma a chi interessa diventare il segretario di un partitino del 13%? Serve un lavoro più profondo. Serve la costruzione di un’alleanza civica che coinvolga anche persone esterne al partito e alla politica. Da qui al voto del 2019 ci sono venti mesi. In questo tempo si può avviare un progetto che vada oltre questa esperienza di governo bocciata dagli elettori. Bisogna verificare se siamo nelle condizioni di fondare il Pd in Calabria, perché in questi tre anni è stato disperso un grande patrimonio».
Da dove si può ripartire?
«Ho ascoltato e letto con interesse le parole del vicepresidente della giunta Antonio Viscomi all’indomani del voto. Dobbiamo tornare ad ascoltare il territorio e i suoi bisogni. Se iniziamo a ragionare su queste basi si può lavorare insieme a un grande progetto per la Calabria».

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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