Veleni e tradimenti, si apre (di nuovo) la faida del Pd vibonese
VIBO VALENTIA Dopo la batosta, i veleni. Cambiano gli attori – protagonisti e comparse – ma il copione recitato dal Pd vibonese sembra sempre lo stesso, e il risultato è ancora una volta un brutto fi…


VIBO VALENTIA Dopo la batosta, i veleni. Cambiano gli attori – protagonisti e comparse – ma il copione recitato dal Pd vibonese sembra sempre lo stesso, e il risultato è ancora una volta un brutto film pieno di sotterfugi, accuse incrociate e vendette trasversali. Con una costante: più vanno avanti le carriere dei politici locali eletti nelle istituzioni, più cresce il degrado e la marginalizzazione di un territorio ultimo in tutto.
TRADIMENTO Nel collegio camerale di Vibo-Soverato, com’è successo solo in quello di Gioia Tauro-Locri, l’onda grillina è stata stoppata dalla neodeputata di FdI Wanda Ferro e dalla coalizione di centrodestra che l’ha sostenuta. La pentastellata Dalila Nesci è arrivata seconda – ma tornerà in Parlamento grazie al paracadute proporzionale – mentre il grande sconfitto è senza dubbio Bruno Censore, ex deputato del Pd che, sulla carta, poteva essere l’unico in Calabria a strappare un collegio alla marea antirenziana che si è allungata in tutto il Paese. Censore, surclassato da Ferro anche nella sua Serra San Bruno, ha aspettato martedì mattina per commentare la sconfitta con un laconico post su Facebook: «Il popolo italiano si è espresso. Voglio ringraziare tutti coloro i quali si sono generosamente spesi durante questa difficile campagna elettorale. Ce l’abbiamo messa tutta e non ce l’abbiamo fatta. Il nostro impegno continua, come sempre, tra la gente e sul territorio». Tutto qua? Ufficialmente sì, ma ormai a rendere gli umori delle varie fazioni politiche, più che le dichiarazioni ufficiali dei protagonisti, è il sottobosco dei sostenitori che si sfoga sui social network. E a 24 ore dal primo commento di Censore sono le bacheche dei suoi supporter a raccontare cosa ribolle nella pancia dell’elettorato dell’ex deputato dem. Le accuse sono rivolte per lo più all’ex presidente della Provincia Francesco De Nisi e al componente della direzione regionale dem Michele Soriano. Accuse di «incoerenza» o, più esplicitamente, di «tradimento». A corredo dei post in questione alcune foto piuttosto eloquenti: De Nisi impegnato in un conciliabolo faccia a faccia con Giuseppe Mangialavori (coordinatore provinciale di Forza Italia appena eletto al Senato), Soriano che condivide una tavola imbandita con lo stesso neo senatore e con la deputata Wanda Ferro.
VENDETTA Dalle foto alle accuse di tradimento il passo è brevissimo, specie se c’è da digerire una sconfitta che potrebbe segnare l’inizio del declino di un impero politico. È fin troppo chiaro, insomma, che i sostenitori di Censore accusano De Nisi e Soriano di aver votato e fatto votare Forza Italia. Che sia vero o meno, le foto circolate sui social network sono abbastanza eloquenti. Ma se intelligenza col nemico c’è stata, per chi segue le vicende della politica vibonese non è stata certo una sorpresa. È un fatto che l’ex deputato serrese negli ultimi anni ha cannibalizzato il Pd locale affermandosi come big anche in chiave regionale. Una “conquista” legittima, ovviamente: è la politica, bellezza, e Censore senza dubbio la sa fare. Ma davvero qualcuno si aspettava che i “dissidenti” De Nisi e Soriano, i nemici storici costretti un angolo, potessero sostenere la cavalcata di Censore verso la riconferma? Davvero qualcuno pensava che l’attaccamento alla maglia potesse avere la meglio in un clima da guerra interna che, per dirne una, ha portato nel novembre scorso la polizia a intervenire nel congresso del circolo di Vibo per placare gli animi dei duellanti?
Difficile crederlo. Nel Pd vibonese, ad ogni modo, la coerenza non è certo una stella polare e le lezioni di purezza e moralità non sono credibili in bocca a nessuno: Stefano Soriano, figlio di Michele, si unisce all’appello dei vari Naccari Carlizzi e Guerriero per far «cambiare passo al Pd» mentre il padre va a cena con i big di Forza Italia; dall’altra parte Censore, dopo anni di guerra di logoramento e pesantissime accuse, sigla un’alleanza elettorale con il leader della Cisal Franco Callavaro che, fino a poco tempo fa, veniva accreditato come vicino ai fratelli Gentile.
CRISI Al di là dei veleni social, comunque, un primo effetto politico reale del risultato del 4 marzo lo si è avuto al Comune di Vibo a 48 ore dal voto: Stefano Luciano, esponente di Civica popolare che era tra i “grandi elettori” – proprio assieme a Mangialavori – dell’amministrazione di centrodestra, si è dimesso da presidente del consiglio comunale ritirando i “suoi” assessori dalla giunta guidata da Elio Costa.
La prima crisi è servita. Ai vibonesi restano i veleni, gli inciuci e le promesse mai mantenute.
Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it