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Il crac della Bcc e il mistero degli agrumeti senza valore

Il crac della Bcc Due Mari? Colpa degli agrumeti. Per alcuni sono il tesoro della Sibaritide, per i commissari che hanno ispezionato la banca a caccia di crediti impossibili da recuperare, quei pezzi…

Pubblicato il: 12/03/2018 – 19:27
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Il crac della Bcc e il mistero degli agrumeti senza valore
Il crac della Bcc e il mistero degli agrumeti senza valore

Il crac della Bcc Due Mari? Colpa degli agrumeti. Per alcuni sono il tesoro della Sibaritide, per i commissari che hanno ispezionato la banca a caccia di crediti impossibili da recuperare, quei pezzi di terra non hanno alcun valore. Tanti zeri nelle caselle dei beni messi a garanzia di prestiti anche importanti. Conseguenza: il patrimonio dell’istituto di credito abbattuto e nessuna possibilità di rimettere in carreggiata una banca che nel 2012 aveva appena compiuto cento anni di vita. È solo una delle contraddizioni evidenziata dalla nostra inchiesta sul credito cooperativo. Nella scorsa puntata (che potete leggere qui) vi abbiamo descritto una banca che spende troppo per la cancelleria, spreca denaro in fitti esosi, concede prestiti allegri. Alcuni vanno a finire in strani giri realizzati con la legge 488. Il tesoretto ereditato, dopo la fusione, dalla Bcc di Villapiana – 13 milioni di euro – rischia di essere dilapidato. Eppure gli ispettori inviati da Bankitalia non pensano che la soluzione migliore sia il commissariamento. La scelta è quella di un “significativo ricambio” degli organi, oltre a una sanzione pecuniaria che appare scontata. Fra le righe si suggerisce di valutare il ricorso al supporto del Fondo di Garanzia. Il suggerimento diviene una prescrizione: accade nell’agosto 2009, dopo aver registrato l’immobilismo della banca rispetto ai programmi di risanamento prospettati.
È la Federazione locale ad avviare un confronto con il Fondo di Garanzia che, nell’offrire la propria disponibilità pretende, giustamente, che la Banca venga assoggettata a una due diligence sul credito (per misurare quale in effetti sia il fabbisogno patrimoniale) e che il piano di risanamento sia stilato dalla Federazione Lombarda (del presidente di Federcasse nazionale Alessandro Azzi), il tutto coordinato e controllato dalla Bcc di Sesto San Giovanni. Il Fondo di Garanzia è disposto ad aiutare la Bcc ma chiede prima una verifica dei dati del bilancio e poi assegna un tutor alla Due Mari. La scelta ricade sulla Bcc di Sesto San Giovanni perché la banca lombarda aveva già maturato un’esperienza specifica dopo il risanamento della Bcc di Pachino, in Sicilia.

LA TASK FORCE LOMBARDA Nell’estate del 2010 viene avviata la verifica da parte di una task force lombarda (composta da revisori della Federazione Lombarda e da analisti di Bcc della medesima regione) che si conclude nel dicembre dello stesso anno. La due diligence mette nero su bianco che la Bcc dei Due Mari necessita di immissioni patrimoniali per circa 23 milioni di euro. Il gotha del credito cooperativo approva il piano di risanamento. Finisce con lo stanziamento di 10 milioni di euro come contributo in conto economico (fondo perduto) per l’assorbimento delle perdite e 12 milioni come prestito subordinato da erogare in tre tranche rispettivamente di 6, 3 e ancora 3 milioni di euro. Gli interventi del Fondo di Garanzia – è questo lo schema utilizzato – vengono “caricati” sulla collettività delle Bcc dell’intero territorio nazionale (emblematico è il caso del Credito Fiorentino di Denis Verdini che ha registrato un intervento del Fondo per circa 150 milioni di euro). Si avvia così il piano di risanamento: lo guida la Bcc di Sesto San Giovanni attraverso il suo direttore Mario Besta. Il tutoraggio viene esercitato tramite consulenti che lavorano in Calabria, scelti dalla medesima Bcc tutor e accettati dal Fondo di Garanzia che, oltre ai 22 milioni di cui sopra, mette a disposizione qualche centinaia di migliaia di euro in conto gestione per coprire i costi della squadra. Non sfugge ai più attenti, all’epoca, che alcuni di questi “tutor” erano stati sanzionati, tempo prima, da Banca d’Italia (anche per importi rilevanti). Evidentemente, non è un problema per nessuno.

DA DEUS EX MACHINA A INDAGATO A giugno 2011, Besta va in pensione. Non è più direttore della Bcc di Sesto San Giovanni e, quasi contestualmente, si trasferisce in Calabria dove, per conto della Federazione nazionale, diviene tutor della Federazione calabrese e della Bcc dei Due Mari dove, dal gennaio 2011, ricopre la carica di direttore generale uno dei “consulenti sanzionati” di cui sopra. Un’anomalia? Può darsi, ma va bene a tutti. Il doppio incarico affidato a Besta è significativo: il manager gode di tutta la fiducia del movimento del credito cooperativo e anche, e soprattutto, della Banca d’Italia. La banca procede come da programmi. E le contromisure sembrano funzionare. Come in tutte le storie, però, l’imprevisto è dietro l’angolo. E si abbatte su nuovo corso della Bcc quando la tegola di un avviso di garanzia emesso dalla Procura di Sondrio colpisce Bessa. La magistratura indaga su una storiaccia di tangenti che vede coinvolto, tra gli altri, un alto funzionario dell’Agenzia delle Entrate della cittadina lombarda. Il garantismo a intermittenza fa il resto: da deus ex machina del credito cooperativo, il manager diventa un soggetto da allontanare. E dire che stava per diventare il direttore della Bcc Due Mari per sostituire il consulente sanzionato di cui Bankitalia ha chiesto la rimozione. La congiuntura è complicata. Si decide, così, di tenere Besta nel ruolo defilato di consulente, affiancato da un nuovo direttore individuato dal Fondo di Garanzia. C’è, in effetti, un tentativo di trattenerlo come direttore, ma sono gli indirizzi romani a prevalere.

IL NUOVO DIRETTORE CAMBIA STRADA Al suo posto arriva Lorenzo Fiore, da Cassano delle Murge. È un profilo che vanta molte esperienze nel credito cooperativo, non solo in Puglia (nel suo curriculum c’è anche un passaggio alla Bcc di Canicattì, commissariata ma poi rimessa in carreggiata). Fiore vanta anche un’esperienza alla Bcc di Palo del Colle (Bcc degli Ulivi) dove prima pilota (stante la compromessa situazione aziendale) la banca al commissariamento e poi coadiuva l’opera dei commissari sulla medesima Bcc che fu rimessa in bonis grazie all’intervento del Fondo di Garanzia. Il suo approccio nella Bcc Due Mari va in direzione opposta a quella seguita dal predecessore. Il piano di risanamento viene abbandonato, l’operato di Besta messo in discussione e all’organo di vigilanza si rappresenta una condizione disperata della Bcc: sofferenze in ogni dove, anomalie varie. E anche una crisi di liquidità, nonostante il piano di risanamento abbia contemplato un prestito da 40 milioni dalla Bce. È il nuovo direttore a guidare la fase, mentre il “deus ex machina” lombardo viene messo in un angolo. Pesa, forse, quell’avviso di garanzia recapitato da Sondrio: ma dal procedimento giudiziario Besta viene assolto con sentenza passata in giudicato, del 15 gennaio 2014, dal tribunale di Sondrio per non aver commesso il fatto.

IL CENTENARIO PRIMA DEL CRAC La situazione è grave ma non è seria, verrebbe da dire. Perché – in questo quadro destabilizzato – c’è tempo per festeggiare in pompa magna il centenario della Bcc. Succede il 16 giugno 2012. Quattro mesi dopo inizia una nuova ispezione di Bankitalia, quella che sancisce la fine della banca di credito cooperativo. La visita dei funzionari di Bankitalia si conclude con esiti devastanti per la stabilità della banca, che circa due mesi l’ispezione viene commissariata (dopo essere stata “salvata” per due volte precedentemente). Secondo gli ispettori, infatti, la banca avrebbe omesso di segnalare 15,5 milioni di ulteriori perdite oltre a 5,9 milioni di nuove sofferenze, precisando al contempo che questi dati sono in larga parte riconducibili a vecchie gestioni. In pratica, la governance della banca si sarebbe fatta carico, nascondendole, delle malefatte altrui. Suona un po’ bizzaro. Perché i dati sarebbero stati nascosti? Il nuovo management voleva aiutare qualcuno? Le contestazioni non mancano: marcate disfunzioni sul versante del credito, attività di monitoraggio inefficaci. La banca avrebbe inoltre concesso crediti a clientela pur in presenza del parere negativo della Bcc di Sesto San Giovanni che esercitava l’attività di tutoraggio anche sul processo creditizio. E poi non mancano censure per il comportamento degli organi aziendali, la cui azione non sarebbe stata improntata alla trasparenza, prudenza e sana gestione. In particolare il giudizio si incardina sulla mancata contabilizzazione delle previsioni di perdita (12 milioni) rilasciate già a febbraio 2011 dalla società Bcc gestione crediti (Gecre). Nulla da ridire: la banca, evidentemente in deficit patrimoniale, non era riuscita a gestire e portare avanti il risanamento.

LE NUOVE PERDITE Talvolta, però, non c’è soltanto un modo di maneggiare i numeri. Esistono modi per rendere una banca quasi in default molto appetibile per il sistema creditizio. Basta agire su poche leve. Quali? Conviene puntare l’attenzione sul piano delle svalutazioni occultate dalla Bcc. Partiamo da un fatto. La due diligence della Federazione Lombarda evidenziava perdite da supportare sul piano patrimoniale nella misura di 23 milioni di euro circa. Non è un risultato venuto dal nulla, ma l’effetto di un’attività di analisi durata circa 5 mesi. Il controllo sul bilancio inizia nel luglio 2010: il dato che emerge (i 23 milioni) viene discusso e “approvato” al tavolo romano del movimento del credito cooperativo nel gennaio 2011.
Possibile che poco tempo dopo – e nel giro di un mese – la società del movimento del credito cooperativo Bcc Gecre fosse in grado di rilasciare un dato che di fatto sconfessava l’analisi degli specialisti inviati dal Fondo riscontrando ulteriori 13 milioni di euro di previsioni di perdita? Quanti analisti hanno effettuato questa valutazione per poter esprimere un risultato con un quinto del tempo a disposizione rispetto alla durata della due diligence lombarda?

I CREDITI SVALUTATI Non è tutto. I documenti consultati dal Corriere della Calabria permettono di gettare lo sguardo sulla valutazione che ha condotto Gecre a individuare un gap di circa 13 milioni (poi ricondotti a 12) rispetto alle valutazioni della Bcc. È il meccanismo cui abbiamo accennato nella prima puntata della nostra inchiesta sul credito. Nel caso della Due Mari, le carte ci permettono di scendere nel dettaglio. I controllori, infatti, sottostimano la possibilità di poter recuperare i crediti concessi dalla Bcc. Secondo loro, i clienti non hanno garanzie sufficienti a ipotizzare una restituzione o un recupero del denaro. In sostanza, il valore degli immobili ipotecati o comunque rientranti nella sfera patrimoniale dei clienti della Bcc risulta, secondo Gecre, insufficiente a “coprire” il prestito ottenuto. Sulla base di questo ragionamento, le previsioni di recupero sono quasi nulle. E le previsioni di perdita schizzano verso l’alto, facendo precipitare il valore complessivo della banca.

AGRUMETI A ZERO EURO Le valutazioni effettuate sui terreni sono singolari. In un’area a marcata inclinazione agricola come la Piana di Sibari, molti clienti mettono a garanzia dei prestiti il classico “pezzo di terra”. Rispetto a questo tipo di garanzia (diretta o indiretta) i valutatori Gecre scrivono che, non avendo registrato valori di riferimento sul sito dell’Agenzia del Territorio, non è possibile assegnare alcun valore. Dunque, per le posizioni garantite da questa specifica copertura reale, la svalutazione (in via prudenziale) è pari al 100%. È soprattutto per questo che i conti tra i due controlli divergono così tanto. Quei terreni valgono zero, ma non per tutti. Sarebbe bastato chiedere alla Regione Calabria o al sito Inea (Istituto nazionale dell’Economia agricola) per ottenere stime attendibili. Basti pensare che il il 31 agosto 2013 “il Sole 24 Ore” pubblica un articolo sull’andamento dei prezzi dei terreni agricoli in Italia ed evidenzia che un ettaro di agrumeto a Gioia Tauro ha una valutazione oscillante fra i 62mila e i 29mila euro ad ettaro». Gli agrumeti della Sibaritide, invece, sono senza valore. E l’intervento di settori esterni per gestire il credito e indirizzare il futuro della banca non è privo di singolarità. E mostra l’ombra, sempre in agguato, di un conflitto di interessi. (4–continua)

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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