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«No all’“aiutino” dei nonni per i nipoti». La Cassazione boccia il ricorso di una lametina

La donna che si è rivolta alla giustizia perché l’ex marito non contribuisce al sostentamento dei figli. Per gli “ermellini” il contributo dei “suoceri” non è obbligatorio

Pubblicato il: 02/05/2018 – 17:08
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«No all’“aiutino” dei nonni per i nipoti». La Cassazione boccia il ricorso di una lametina
ROMA Basta con le citazioni dei nonni in tribunale per ottenere da loro, al posto del genitore inadempiente, l’assegno di mantenimento per i nipoti. A mettere uno stop alla pratica di far pagare agli “ascendenti” i conti in sospeso degli ex mariti o conviventi che non versano gli alimenti per i figli, è la Cassazione che avvisa che fare ricorso al sostegno dei “suoceri” è ammesso solo in casi rari ed eccezionali. Prima di tirare in ballo i nonni, chi rimane veramente “single” con figli da crescere, deve infatti aver dato fondo a tutte le proprie risorse ed energie lavorative. «Agli ascendenti – scrive la Suprema Corte nel verdetto 10419 – non ci si può rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l’altro genitore è in grado di mantenerli». Provvedere ai figli, ricorda la sentenza, è un «diretto e personale obbligo» di chi li ha generati. Per questa ragione, i supremi giudici hanno respinto il ricorso di una povera madre che non ricevendo dal padre dei due figli minorenni i soldi per crescerli, si era rivolta al Tribunale di Lamezia Terme per ottenere dai genitori dell’uomo, nonni paterni dei due bambini, 700 euro mensili. I giudici calabresi avevano accolto la domanda e stabilito in 300 euro mensili, l’assegno che i “suoceri” dovevano versarle dal luglio 2008, quando la donna aveva fatto ricorso per vie giudiziarie. Successivamente la Corte di Appello di Catanzaro, interpellata dai nonni nel 2015, annullò la decisione di primo grado. Ad avviso dei magistrati di secondo grado, premessa «la natura sussidiaria dell’obbligazione alimentare degli ascendenti, rispetto a quella dei genitori», la madre non aveva dato la prova della incapacità sua e dell’ex a provvedere alle esigenze primarie dei minori dal momento che lei guadagnava 700 euro al mese e abitava in una casa di sua proprietà. Alla donna inoltre si contestava di «non aver dimostrato la sua incapacità, per condizione professionale o sociale, di incrementare tale reddito» e di non aver dato prova, invece, della «capacità» dei “suoceri” di far fronte all’obbligazione alimentare «risultando dagli atti che essi vivevano con 1500 euro mensili di pensione» percepita dal “nonno”. Per la Cassazione, la decisione d’appello e’ corretta. «L’obbligo di mantenimento dei figli minori – rileva la Suprema Corte – spetta primariamente e integralmente ai loro genitori sicché, se uno dei due non possa o non voglia adempiere al proprio dovere, l’altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e sfruttando tutta la propria capacità di lavoro, salva la possibilità di convenire in giudizio l’inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle condizioni economiche globali di costui». «Pertanto – proseguono gli “ermellini” – l’obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli (che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori) va inteso non solo nel senso che l’obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella, primaria, dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l’altro genitore è in grado di mantenerli».
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