ROMA A otto anni dalla rivolta di Rosarno i braccianti della Piana di Gioia Tauro vivono ancora in condizioni “vergognosamente disumane”, sia dal punto di vista abitativo che lavorativo. A denunciarlo è Medu (Medici per i diritti umani) nel rapporto “I dannati della terra”, presentato oggi a Roma. Secondo l’organizzazione, manca ancora oggi una strategia istituzionale integrata che affronti in modo risolutivo le gravi piaghe dello sfruttamento – economico, sociale ed umano – e della ghettizzazione dei lavoratori migranti i quali contribuiscono, anno dopo anno, a dare respiro alla fragile economia locale. Nonostante il susseguirsi di proclami, protocolli e convenzioni infatti, nessun passo avanti e’ stato ad oggi compiuto per affrontare le cause complesse e profonde del fenomeno attraverso interventi di medio-lungo termine volti al contrasto dell’illegalità, alla tutela dei diritti sul lavoro e all’inclusione socio-abitativa dei lavoratori migranti nei Comuni della Piana. Non a caso, nel 2017 nella zona è sorta l’ennesima tendopoli, una soluzione di corto respiro che ancora una volta ha contribuito a perpetuare la situazione di sfruttamento, marginalizzazione e disagio generalizzato. Il 2018 è stato, invece, inaugurato da un ennesimo incendio che ha devastato gran parte della vecchia e sempre più popolata tendopoli di San Ferdinando ed è costato la vita ad una giovane donna. Per questo Medu torna a chiedere «un serio e improrogabile impegno da parte delle istituzioni locali e nazionali affinché il nuovo anno, iniziato in modo nefasto, non debba essere ricordato solo per l’ennesima tragedia, ma anche per l’implementazione di iniziative concrete capaci di restituire un orizzonte di dignità e speranza al territorio e ai lavoratori migranti».
Nello specifico, da dicembre 2017 fino ad aprile 2018 la clinica mobile di Medu ha operato per il quinto anno consecutivo nella Piana di Gioia Tauro prestando assistenza socio-sanitaria ai lavoratori migranti che anche quest’anno si sono riversati nella zona durante la stagione agrumicola. Almeno 3500 persone, distribuite tra i vari insediamenti informali sparsi nella Piana, hanno fornito anche quest’anno manodopera flessibile e a basso costo ai produttori locali di arance, clementine e kiwi. Condizioni lavorative di sfruttamento o caratterizzate da pratiche illecite e situazioni abitative di degrado e marginalizzazione continuano a rappresentare i caratteri dominanti in un contesto dove poco è cambiato rispetto agli anni passati. La gran parte dei braccianti continua a concentrarsi nella zona industriale di San Ferdinando, a pochi passi da Rosarno, in particolare nella vecchia tendopoli (che accoglie almeno il 60% dei lavoratori migranti stagionali della zona), in un capannone adiacente e nella vecchia fabbrica a poche centinaia di metri di distanza. Sono circa 3000 le persone che trovano alloggio qui, tra cumuli di immondizia, bagni maleodoranti e fatiscenti, bombole a gas per riscaldare cibo e acqua, pochi generatori a benzina, materassi a terra o posizionati su vecchie reti e l’odore nauseabondo di plastica e rifiuti bruciati. Le preoccupanti condizioni igienico-sanitarie, aggravate dalla mancanza di acqua potabile, ed i frequenti roghi che hanno in più occasioni ridotto in cenere le baracche e i pochi averi e documenti degli abitanti (l’ultimo, il 27 gennaio scorso, ha registrato una vittima, Becky Moses, e ha lasciato senza casa circa 600 persone nella vecchia tendopoli) rendono la vita in questi luoghi quanto mai precaria e a rischio.
«Gli interventi istituzionali restano frammentari, parziali e inefficaci – scrive Medu -. Nel mese di agosto dell’anno scorso è stata allestita un’ennesima tendopoli, la terza in ordine di tempo, che non ha tuttavia fornito una risposta adeguata – dal punto di vista numerico, logistico e dei servizi offerti – ai bisogni alloggiativi dei lavoratori migranti: con 500 posti disponibili a fronte delle oltre 3000 persone presenti, in assenza di assistenza medica, sanitaria e socio-legale e di mediatori culturali, si tratta ancora una volta di una soluzione di carattere puramente emergenziale, che confina le persone in una zona isolata e lontana da qualsiasi possibilità di integrazione e inserimento sociale».
Nei cinque mesi di attività la clinica mobile di Medu ha prestato assistenza a 484 persone, realizzando in totale 662 visite. Si tratta per lo più di giovani lavoratori, con un’età media di 29 anni, provenienti dall’Africa sub-sahariana occidentale (soprattutto Mali, Senegal, Gambia, Guinea Conakry e Costa d’Avorio). Non mancano le donne, circa 100 provenienti dalla Nigeria, quasi certamente vittime di tratta a scopo di prostituzione. Il 67 per cento delle persone assistite è in Italia da meno di 3 anni, ma c’è anche chi vive nel paese da più di 10 anni (4,4%) ed è finito nel ghetto di San Ferdinando-Rosarno dopo aver perso il lavoro nelle fabbriche del nord Italia o dopo aver perso il titolo di soggiorno (soprattutto di lavoro, per mancanza di risorse economiche ritenute sufficienti al rinnovo). Più della metà dei pazienti ha una conoscenza scarsa della lingua italiana, a testimonianza delle gravi carenze del sistema di accoglienza, di cui la maggior parte delle persone ha usufruito.
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