CATANZARO «“Il welfare non deve avere colori politici, né simpatie o antipatie, ma deve solo avere a cuore i diritti dei più deboli, ragion per cui mi auguro che prosegua nel processo di Riforma riconoscendo, finalmente, i diritti dei più deboli e dando dignità a un settore che in Calabria non è mai stato prioritario”, così scrive Federica Roccisano, già assessore al Welfare della Regione Calabria. Peccato che la Riforma non andava in questa direzione, anzi». È quanto dichiarano le cinque strutture (Lumen cooperativa sociale, associazione Costruire il Domani, Aias Cetraro, cooperativa Rossano Solidale, associazione di volontariato Vivere insieme) che si sono viste accogliere dal Tar il loro ricorso contro la riforma del sistema.
«Diamo atto – continuano – della volontà del presidente Oliverio di dotare la Calabria di una riforma del welfare, dopo 15 anni di attesa, ma auspichiamo a un lavoro che possa dare la giusta attenzione a un settore così delicato, applicando le due leggi, la legge nazionale 328/2000 e la legge regionale 23/2003 regionale, magari ripristinando gli articoli 24 e 25 abrogati di quest’ultima, per rispettare la normativa nazionale e regionale e soprattutto per assicurare alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali che garantiscono la qualità della vita e pari opportunità. Una riforma così come era stata concepita, avrebbe, invece, comportato l’azzeramento di tutti i servizi. Altro che aiuto ai più deboli».
Secondo le cooperative, il nuovo sistema non prevedeva «nessuna contezza del fabbisogno reale degli utenti, protagonisti principali del sistema del welfare, nessun principio di libera scelta dell’utente; per le naturali dinamiche del libero mercato, l’utente diventa una mercanzia, limitando di fatto l’erogazione di servizi di qualità a discapito della tutela della dignità umana. I voucher non creano qualità e stabilità per chi ha bisogno di assistenza e tutela. Solo l’istituto dell’autorizzazione e accreditamento delle strutture e i dovuti e necessari controlli possono dare serenità agli utenti ed agli operatori del settore. Le strutture, altro non sono che “comunità” che accolgono i più sfortunati e, come tali, hanno necessità di garanzie giuridiche ed economiche; nessun diritto della persona in quanto tale, ma solo e comunque assoggettato alle risorse disponibili… altro che cambiamento».
«Questa riforma – aggiungono – palesava solo l’interesse di liberarsi dalla gestione delle strutture socio-assistenziali e “appiopparle” ai Comuni, lo dimostra la mancata partecipazione degli enti in violazione della legge, motivo principale dell’annullamento della riforma.
Smentiamo, senza timore di essere smentiti a nostra volta, che ci sia stata una concertazione nel lavoro svolto. A parte qualche fugace comparsa, non hanno mai partecipato ai lavori del cosiddetto “tavolo tecnico” né i rappresentanti del dipartimento Politiche sociali, veterani di questo settore, né quelli del dipartimento Sanità, né tantomeno i sindacati e l’Anci. Il tavolo tecnico era composto solo da sigle che, evidentemente, ignoravano la materia». «Ma la giustizia – commentano ancora – alla fine trionfa sempre. Le sentenze vanno rispettate e non commentate, soprattutto se il commento arriva da chi, pur avendo goduto di tutti i benefici (anche economici) di Rappresentante delle istituzioni, calpesta e ignora le leggi dell’istituzione che avrebbe dovuto rappresentare. Si è voluto calare dall’alto una Riforma che dava più l’idea di un soddisfacimento di esigenze politiche che un cambiamento e miglioramento dei Servizi sociali sul nostro territorio. Forse l’azzeramento dei servizi esistenti, impliciti nella Riforma, era voluto per favorire qualche interesse particolare?».
«Ma la Roccisano, si sa – concludono le cooperative che hanno vinto il ricorso –, non è nuova alle figure barbine. Ci complimentiamo con il presidente Oliverio per averla sostituita con chi, secondo noi, ha tutte le qualità per poter fare bene».
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