di Pablo Petrasso
COSENZA In una sanità che trema davanti a corsie sguarnite di personale e cerca escamotage per poter acquistare farmaci salvavita riaprendo le gare stoppate dal Decreto Calabria, delibere come quella pubblicata il 24 luglio scorso dall’Asp di Cosenza sembrano un paradosso (ma, purtroppo, sono la norma). Il nodo non è tanto il debito mai onorato dall’Azienda sanitaria, quanto la montagna di interessi, 4 milioni 387mila euro rispetto a un debito di circa un milione, di interessi da corrispondere al creditore. Che è Banca Ifis. L’istituto di credito ha acquistato negli anni scorsi i crediti vantati verso l’Asp da Telecom Italia e da alcune case farmaceutiche, tra le quali la Roche. Un pacco di milioni, con tutto il corollario classico di ricorsi e sentenze della giustizia amministrativa. E inerzie da parte dell’Azienda cosentina, che non ha dato «integrale esecuzione» alla sentenza del Tar che le imponeva di ottemperare a tre decreti ingiuntivi emessi dal Tribunale di Cosenza nel 2014.
Il caso è arrivato in Prefettura con la nomina di un funzionario come commissario ad acta: la ricognizione avviata per capire «se siano stati effettuati pagamenti parziali o a soddisfo dell’intera pretesa del ricorrente» ha fatto emergere tutta la complessità del caso.
Sono circa 5mila le fatture «di cui si contesta il mancato pagamento». Ed è saltato fuori «che una parte di esse risulta pagata, un’altra parte solo liquidata, un’altra parte solo registrata e un’ultima parte di documenti non risulta registrata e quindi non è presente agli atti dell’Asp e del sistema di contabilità». Una situazione molto vicina al caos contabile; la verifica ha permesso di evidenziare che «il ricorrente non è stato completamente soddisfatto, poiché lo stesso ha ricevuto solo dei pagamenti parziali di quanto statuito».
Il caso non è nuovo. Era già balzato alle cronache nei mesi scorsi dopo le denunce del consigliere regionale del Pd Carlo Guccione e del parlamentare M5S Francesco Sapia (qui la notizia), ma le cifre, con il passare dei mesi e con i nuovi controlli, sono diventate ancora più pesanti. Gli interessi, in particolare, sono quasi raddoppiati, passando da 2,3 a 4,3 milioni di euro. Soldi che non finiranno in servizi o macchinari, che non daranno un boccata d’ossigeno ai derelitti Livelli essenziali di assistenza. E, come in una spirale, potrebbero addirittura aumentare, visto che, ovviamente, le fatture che non sono presenti negli uffici dell’Azienda non compaiono tra i conteggi: il commissario ad acta ha richiesto le copie conformi per poterle acquisire nella contabilità. Sentenza dopo sentenza, inerzia dopo inerzia, il conto per gli uffici di via Alimena è diventato salatissimo. E va saldato prima possibile. Un’altra corsa contro il tempo: non per aiutare i pazienti, ma per soddisfare i creditori. (p.petrasso@corrierecal.it)
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