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Dopo la condanna definitiva una calabrese evade per 48 ore

Assunta Casella nel 2016 soffocò il marito. La coppia viveva nel Cunese. Dopo la fuga la donna si è costituita

Pubblicato il: 09/10/2019 – 20:24
Dopo la condanna definitiva una calabrese evade per 48 ore

TORINO Condannata per l’omicidio del marito, una sessantenne, Assunta Casella, è evasa dagli arresti domiciliari in una struttura protetta in provincia di Torino ma dopo due giorni di latitanza si è costituita, presentandosi in una caserma dei carabinieri.
La donna era scappata dopo il verdetto della Cassazione che, lunedì scorso, ha respinto il ricorso contro la condanna in secondo grado a 21 anni e tre mesi per omicidio volontario premeditato e occultamento di cadavere del coniuge, Severino Viora, di vent’anni più anziano di lei.
Il delitto era avvenuto a giugno 2016 a Paroldo (Cuneo) dove abitava la coppia. La stessa pena le era stata inflitta nel 2017 dal tribunale di Cuneo, l’accusa aveva chiesto l’ergastolo. Dopo due anni di carcere preventivo la donna era ai domiciliari da gennaio del 2019, prima nel Saluzzese, in provincia di Cuneo, e poi in una struttura protetta, un appartamento alla periferia di Torino. Assunta Casella si è sempre proclamata innocente.
Nella condanna lo scorso ottobre in Corte di Appello a Torino aveva pesato anche l’aggravante del fatto che la donna aveva usato un farmaco contro l’insonnia per sedare il marito e poi ucciderlo soffocandolo, con una corda trovata accanto al cadavere o con un cuscino. Il corpo di Severino Viora era stato trovato in un noccioleto poco lontano dall’abitazione della coppia a Paroldo. Assunta Casella si è sempre proclamata innocente e ha sostenuto a più riprese come il marito l’avesse “comprata” per 500 mila lire dalla sua famiglia d’origine in Calabria quando aveva 14 anni e costretta a trasferirsi nel Cuneese per sposarlo.
Secondo l’avvocato difensore, la Casella «fu acquistata dal futuro marito, che la maltrattava pesantemente e la costringeva anche a prostituirsi». L’avvocato saluzzese Chiaffredo Peirone difende la donna con il collega Giuseppe Caprioli del foto di Torino. Dopo il rigetto del ricorso avevano avvertito i parenti.
Secondo i giudici nei primi due gradi di giudizio la donna «voleva rifarsi una vita senza di lui» ed era stato provato che aveva comprato il farmaco usato per narcotizzarlo l’8 maggio 2016, un mese e mezzo prima di compiere l’omicidio. Assunta Casella è stata riportata nella struttura protetta, in attesa di nuovi provvedimenti.

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