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In onda (di nuovo) la vergogna dei privilegi della politica calabrese

A “Non è l’Arena” il caso dei quattro vitalizi ai Trematerra (padre e figlio), il “regalo” di fine mandato dei consiglieri regionali e la pensione a 60 anni per chi ha fatto due legislature. E qual…

Pubblicato il: 21/10/2019 – 11:50
In onda (di nuovo) la vergogna dei privilegi della politica calabrese

L’argomento – i privilegi della politica calabrese – non è certo nuovo, ma sentirne parlare nelle arene televisive fa sempre un certo effetto, anche perché emergono di volta in volta elementi sempre meno edificanti per chi è stato eletto per rappresentare gli interessi della collettività e ha finito poi per avere maggiore cura delle proprie tasche. Tra baby pensioni, lauti vitalizi e “regali” di fine mandato c’è stato infatti di che parlare nella puntata di “Non è l’Arena” andata in onda su La7 domenica sera. Il conduttore Massimo Giletti è sempre molto abile a suscitare l’indignazione dei telespettatori mettendo a confronto situazioni di privilegio con la realtà di chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese, ma quando si parla del consiglio regionale calabrese il suo compito diventa fin troppo facile. In studio c’è ospite il consigliere Giuseppe Giudiceandrea, che prova a spiegare i contenuti della legge – di cui è primo firmatario – sulla sostituzione dei vitalizi con l’introduzione del sistema contributivo che, a suo dire, comporterebbe un taglio ai privilegi della politica. Ma la sua “missione” non è proprio compiuta perché i casi raccontati dall’inviato di Giletti in Calabria, Danilo Lupo, hanno un impatto devastante: c’è il “regalo” di fine mandato, per cui ai consiglieri regionali basta versare l’1% della loro indennità mensile (3mila euro) per averne 25mila al termine della consiliatura; c’è la “figura” rimediata dall’ex consigliere Antonio Borrello che dà del «maleducato» al giornalista e poi a domanda risponde «sono cazzi miei»; c’è la disarmante differenza tra i comuni mortali e gli inquilini di Palazzo Campanella che possono andare in pensione a 65 anni e, se fanno due legislature, anche a 60; c’è la “fortunata” famiglia Trematerra che ha raggiunto una sorta di record di vitalizi (il padre, Gino, ben tre, e il figlio, Michele, uno, ma alla “tenera” età di 55 anni). Tutto legale, anche perché spesso è il legislatore stesso a consegnare a se stesso il privilegio. Ma alla domanda se tutto ciò sia giusto, in un periodo storico in cui la Calabria si spopola e sprofonda, nessuno degli alfieri della politica regionale ha il coraggio di rispondere. (spel)

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