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Autobomba di Limbadi, no dei giudici alla Regione parte civile. «Ci hanno lasciati soli»

La Corte d’Assise rigetta le richieste della Cittadella e del Comune di Limbadi, presentate fuori tempo massimo

Pubblicato il: 05/11/2019 – 12:48
Autobomba di Limbadi, no dei giudici alla Regione parte civile. «Ci hanno lasciati soli»

CATANZARO La Corte d’Assise di Catanzaro ha rigettato la richiesta della Regione di costituirsi parte civile nel processo sull’omicidio di Matteo Vinci, ucciso a 42 anni a Limbadi nello scoppio di un’autobomba avvenuto il 9 aprile 2018. Stessa decisione per il Comune di Limbadi e uguale anche il motivo: la richiesta è stata presentata oltre i termini previsti dalla legge. Sul banco degli imputati, nel processo iniziato lo scorso 17 settembre, ci sono Rosaria Mancuso (64enne sorella di alcuni boss del casato mafioso vibonese) e il genero Vito Barbara (28 anni), che per l’accusa sarebbero «ideatori e promotori del delitto» in concorso con altri soggetti non identificati; alla sbarra anche la figlia Lucia (29) e il marito Domenico Di Grillo (71). I quattro imputati sono accusati, a vario titolo, di omicidio, del tentato omicidio del padre di Matteo, Francesco, nonché di detenzione e porto illegale di esplosivo, lesioni personali, armi e tentata estorsione, reati tutti aggravati dalle modalità mafiose.
L’avvocato Giuseppe De Pace, che rappresenta i genitori di Matteo, Sara Scarpulla e Francesco Vinci, commenta la notizia esprimendo, assieme ai suoi assistiti, «grande rammarico» perché volevano ci fosse nel processo «un fronte unico con le istituzioni e le associazioni antimafia come Libera, che invece sono del tutto assenti». «Ci hanno lasciati soli – prosegue De Pace – e la colpa non è certo né della Corte né delle parti offese, perché sono stati spesi finora fiumi di inchiostro per parlare della vicenda, ma semmai della sciatteria e della superficialità di chi ha presentato la richiesta con grande ritardo». La prossima udienza del processo è stata fissata per il 30 gennaio 2020, quando cominceranno a essere sentiti i primi testi a partire dal maggiore Valerio Palmieri, comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri di Vibo. (ale.tru)

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