CATANZARO Dalle prime luci dell’alba i Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Vibo Valentia stanno eseguendo una misura cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della locale Procura distrettuale antimafia di Catanzaro a carico di 334 persone. L’operazione “Rinascita-Scott” ha disarticolato tutte le organizzazioni di ‘ndrangheta operanti nel Vibonese e facente capo alla cosca Mancuso di Limbadi. Complessivamente sono 416 gli indagati accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio ed altri numerosi reati aggravati dalle modalità mafiose. Contestualmente all’ordinanza di custodia cautelare, i militari dell’Arma stanno notificando anche un provvedimento di sequestro beni per un valore di circa 15 milioni di euro.
>>> QUI I NOMI DELLE PERSONE ARRESTATE E DELLE SOCIETÀ SEQUESTRATE
L’imponente operazione, frutto di articolate indagini durate anni, oltre alla Calabria interessa varie regioni d’Italia dove la ‘ndrangheta vibonese si è ramificata: Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Sicilia, Puglia, Campania e Basilicata. Alcuni indagati sono stati localizzati e arrestati in Germania, Svizzera e Bulgaria in collaborazione con le locali forze di Polizia e in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria di Catanzaro. Nell’imponente blitz sono impegnati 2.500 Carabinieri del Ros e dei Comandi provinciali che in queste ore stanno lavorando sul territorio nazionale supportati anche da unità del Gis, del Reggimento Paracadutisti, degli Squadroni Eliportati Cacciatori, dei reparti mobili, da mezzi aerei e unità cinofile.
I dettagli dell’operazione verranno illustrati nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle 11 nella sede della Procura della Repubblica di Catanzaro alla quale parteciperanno il Procuratore di Catanzaro – Nicola Gratteri, il Comandante del Ros – Generale di Divisione Pasquale Angelosanto e il Comandante della Legione Carabinieri Calabria – Generale di Brigata Andrea Paterna.
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LA STRUTTURA ‘NDRANGHETISTICA VIBONESE Le indagini hanno consentito di ricostruire con completezza gli assetti di tutte le strutture di ‘ndrangheta dell’area vibonese e fornito un’ulteriore conferma dell’unitarietà della ‘ndrangheta, al cui interno le singole ‘ndrine godono di un’ampia autonomia operativa, seppur nella comunanza delle regole e nel riconoscimento dell’autorità del Crimine di Polsi.
Le risultanze investigative evidenziano: l’esistenza di strutture quali società, locali e ‘ndrine, in grado di controllare il territorio di riferimento e di gestirvi capillarmente ogni attività lecita o illecita; lo sviluppo di dialettiche inerenti alle regole associative, nello specifico, sulla legittimità della concessione di doti ad affiliati detenuti e sui connessi adempimenti formali; l’utilizzo di tradizionali ritualità per l’affiliazione e per il conferimento delle doti della società maggiore, attestato dal sequestro di alcuni pizzini riportanti le copiate; l’operatività di una struttura provinciale – il crimine della provincia di Vibo Valentia – con compiti di coordinamento delle articolazioni territoriali e di collegamento con la provincia di Reggio Calabria e il crimine di Polsi, quale vertice assoluto della ‘ndrangheta unitaria.
A capo della citata struttura si sono alternati, negli anni, esponenti della cosca “Mancuso”, rispettivamente: Giuseppe Mancuso, classe 1949; Pantaleone Mancuso, classe 1961; Luigi Mancuso classe 1954, che proprio in tale ruolo di vertice ha governato gli assetti mafiosi della provincia, riuscendo anche a ricomporre le fibrillazioni registrate negli anni tra le varie consorterie.
Oltre all’egemonia sull’intera provincia, è emerso anche il ruolo extraprovinciale della cosca Mancuso attraverso un mutuo soccorso e scambio di favori con i “De Stefano” di Reggio Calabria e i “Piromalli” di Gioia Tauro.
LE LOCALI Le investigazioni hanno inoltre permesso di censire l’esistenza delle singole ‘ndrine. Innanzitutto la locale di Limbadi con a capo Luigi Mancuso – che continuava ad impartire ordini anche durante il periodo di detenzione – che aveva come principali collaboratori quali Giovanni Giamborino, Pasquale Gallone, Gian Franco Ferrante e Gaetano Molino.
Altra locale è quella di Vibo città che riunisce in sé le ‘ndrine “Lo Bianco-Barba”, “Camillò-Pardea” e “Pagliese”.
Vi sono poi le locali di: Filandari e Ionadi capeggiate da Leone e Giuseppe Soriano; Mileto, sotto l’egida dei “Pititto-Prostamo-Iannello-Mesiano”; Piscopio, diretta da Salvatore Galati e che annovera tra i sodali l’esponente politico Pietro Giamborino; San Gregorio d’Ippona, guidata dai “Fairè-Razionale-Gasparro”; Stefanaconi, capeggiata da Salvatore Patania; Sant’Onofio, diretta da Pasquale Bonavota; Zungri, sotto l’influenza delle cosche “Accorniti-Barbieri-Bonavena” e Tropea, attiva anche a Ricadi e gestita da Antonio e Francesco La Rosa.
I REATI CONTESTATI L’ormai consolidata capacità di infiltrazione nell’imprenditoria si è tradotta, nel tempo, in un meccanismo sempre più sofisticato grazie al contributo di professionisti collusi e dimostrata dalle numerose fittizie intestazioni documentate dalle indagini e da svariate operazioni di riciclaggio svolte nella provincia vibonese, a Roma, a San Giovanni Rotondo e nel Regno Unito. Si evidenzia inoltre l’accaparramento di terreni rurali nella provincia vibonese ottenuto con modalità estorsive, come anche la fitta rete di estorsioni per tenere sotto scacco i commercianti della zona. Altre contestazioni riguardano i reati fine di: usura, traffico di stupefacenti, danneggiamenti, controllo dei servizi funerari, omicidi e tentati omicidi, nel numero complessivo di 7 e per il periodo tra il 1996 ed il 2017.
IL RUOLO DI PITTELLI Testimonianza del potere assunto dalla ‘ndrina nel corso del tempo emerge dalla constante ricerca di contatti con esponenti politici, massoni, influenti professionisti, rappresentanti delle istituzioni e dell’imprenditoria, finalizzati al perseguimento degli illeciti fini sociali, in taluni casi conseguiti. Tra le posizioni più significative in tal senso si segnala quella di Ginacarlo Pittelli, noto avvocato penalista che avrebbe «messo a disposizione del sodalizio la sua fitta rete di conoscenze» acquisite oltre che per il suo lavoro e il trasversale impegno politico, anche in virtù della sua appartenenza agli ambienti massonici. Le indagini documentano una serie di contatti diretti tra lo stesso Pittelli e Luigi Mancuso.
Altro legale coinvolto è Francesco Stilo, avvocato lametino, che avrebbe fornito all’organizzazione criminale uno stabile contributo, reperendo notizie coperte dal segreto istruttorio e garantendo il flusso di notizie proveniente da esponenti di vertice detenuti.
GIAMBORINO AFFILIATO ALLA LOCALE DI PISCOPIO L’ex consigliere regionale, avrebbe «intessuto legami con alcuni dei più importanti appartenenti alla ‘ndrangheta vibonese per garantirsi voti ed appoggi necessari alla sua ascesa politica, divenendo – di fatto – uno stabile collegamento dell’associazione con la politica calabrese, funzionale alla concessione illecita di appalti pubblici e di posti di lavoro per affiliati o soggetti comunque contigui alla consorteria». In tale ambito è ricostruita la vicenda che interessa anche la posizione di Nicola Adamo, Giuseppe Capizzi e Filippo Valia.
IL COINVOLGIMENTO DEL SINDACO DI PIZZO Interessato è anche Gianluca Callipo, il quale, proprio in relazione al suo ruolo politico ed amministrativo, avrebbe tenuto condotte amministrative illecite e favorevoli al sodalizio, garantendo ad alcuni indagati benefici nella gestione di attività imprenditoriali. Si segnala poi il coinvolgimento di Filippo Nesci, Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Vibo Valentia e Comandante della Polizia Municipale del capoluogo, ritenuto responsabile di episodi di corruzione in favore di esponenti dell’associazione. Quindi anche Enrico Caria, all’epoca dei fatti Comandante della Polizia Locale di Pizzo, in concorso tra gli altri con lo stesso Callipo, avrebbe agito nell’interesse dei “Mazzotta”, egemoni sul territorio, adottando condotte perlopiù omissive.
I SUMMIT L’operazione ha consentito di individuare e disarticolare gli assetti della ‘ndrangheta vibonese in tutto il territorio nazionale e all’estero facendo emergere cointeressenze con personaggi del mondo politico e dell’imprenditoria. Sono stati documentati summit di ‘ndrangheta finalizzati al conferimento di promozioni e di incarichi ad affiliati di rilievo. Acquisendo elementi di riscontro in merito alle formule rituali utilizzate dai sodali per l’assegnazione del grado di “trequartino”.
https://youtu.be/EyfjGueaP3g
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