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«Il valore del sociale e i rischi del sistema Calabria»

di Angela Robbe*

Pubblicato il: 06/03/2020 – 20:39
«Il valore del sociale e i rischi del sistema Calabria»

Era chiaro che la riforma del welfare, o più semplicemente l’approvazione di un regolamento in ottemperanza ad una norma nazionale e ad una norma regionale, sarebbe stata difficile da far accettare; meno chiare, invece, sono le obiezioni mosse dal vice presidente dell’Anci che sembrano mirate a seminare timori ingiustificati nei cittadini sulle conseguenze che l’applicazione del regolamento potrebbe avere sugli utenti.
È singolare che i sindaci si affidino al vice presidente dell’Anci per manifestare le preoccupazioni sulla riforma, quando hanno ben due sedi ufficiali per discutere le questioni riguardanti il sociale e, eventualmente, manifestare le proprie perplessità: la Consulta degli Enti Locali e la Conferenza permanente. Queste due sedi, previste per legge, sono state istituite in via preventiva alla definizione del regolamento, proprio per consentire agli attori principali del sociale, ovvero il terzo settore, gli Enti Locali e la Regione, gli amministratori locali, di avere luoghi di confronto dedicati.
Nella consulta gli Enti locali hanno espresso, a suo tempo, alcune perplessità sulla capacità di garantire la compartecipazione finanziaria che i comuni dovrebbero assicurare al sociale. In considerazione di queste perplessità, in accordo con il terzo settore e tenendo presente che la compartecipazione è prevista dalla legge, si convenne di considerare come compartecipazione dei comuni il costo che questi sostengono per il personale dedicato ai servizi sociali.
Questa determinazione ha consentito di attuare il trasferimento di deleghe senza aumentare i costi a carico dei comuni, che già hanno il personale dedicato ai servizi sociali.
La ripartizione dei compiti tra soggetti istituzionali può migliorare la qualità del lavoro dei soggetti istituzionali del sociale e migliorare la qualità dei servizi resi ai cittadini; inoltre finalmente si potrebbe avviare un percorso per dare alla Calabria l’organizzazione presente in tutte le altre Regioni del Paese, perché la spesa sociale e la sua qualità contribuiscono in maniera indiscutibile al benessere sociale e alla crescita economica.
Si tratta di avere coraggio e di affrontare i problemi. Le questioni vere e problematiche sono altre, non i trasferimenti di deleghe ai comuni, per i quali peraltro è previsto un accompagnamento, e mi sembra strano che nessuno ne parli. Il primo problema vero è che abbiamo la spesa sociale più bassa d’Italia. La Regione Calabria potrebbe aumentare la dotazione di risorse per il sociale, ma – cosa ancora più importante – considerato che le norme prevedono che il sistema sociale venga alimentato da risorse statali, regionali, degli enti locali e dalla compartecipazione dei cittadini in ragione della capacità economica, sarebbe necessario verificare che tutti i soggetti coinvolti partecipino alla spesa sociale.
Il secondo problema sta nelle modalità di ripartizione delle risorse a livello statale. Siamo penalizzati dalle procedure di calcolo della ripartizione delle risorse e dal consistente calo demografico e la situazione peggiorerà se si dovesse attuare il federalismo fiscale che vogliono alcune regioni del nord. Rispetto a questi problemi dirimenti qual è la posizione che prenderà la Regione? Qual è la posizione che prenderanno gli Enti Locali?
Il terzo problema sta nella necessità di riorganizzare il sistema del sociale. Una buona organizzazione consente infatti di utilizzare efficacemente le risorse affinché i servizi arrivino ai cittadini che ne hanno necessità. Oggi, lo dimostra la distribuzione dei servizi sul territorio, i calabresi non possono accedere ad alcune prestazioni non per mancanza di risorse, ma per assenza di organizzazione e coordinamento tra istituzioni, enti e terzo settore.
Il quarto problema, e forse il più grave e impattante, è al contempo quello più sottovalutato e meno noto: secondo quanto prevedono le norme, il sistema sociale, come la sanità, può essere commissariato se non funziona. Con l’esperienza della sanità siamo sicuri che non sia meglio avviare percorsi di organizzazione, e tra questi la regolamentazione dei servizi, anche se ciò ci impone un’assunzione di responsabilità collettiva? L’alternativa potrebbe essere quella di andare a sbattere contro l’ennesimo commissariamento, che solitamente bada poco ai bisogni e molto alla gestione (se non al taglio) delle risorse economiche.
Per tutte queste ragioni, mi sembrano singolari le osservazioni del Vice Presidente dell’Anci, che mi auguro vorrà porre queste questioni alla Presidente Santelli e avviare una riflessione congiunta con i suoi colleghi sindaci, con la Consulta degli enti locali, sulle questioni più spinose che pure vanno affrontate.

*già Assessore al Lavoro e Welfare Regione Calabria

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