di Domenico Marino*
L’evoluzione dell’epidemia di Covid-19 ha finora solo marginalmente interessato la Calabria. Tuttavia per evitare l’esplosione dei contagi accanto alle misure messe in atto dal Governo italiano occorrerebbe agire molto energicamente con una campagna di controllo attraverso tamponi degli asintomatici estendendola anche a coloro che sono rientrati dal Nord.
Il caso della gestione dell’emergenza Covid-19 da parte della Corea del Sud che ha basato il contenimento dell’epidemia soprattutto con il controllo delle catene di contagio e con l’effettuazione di tamponi tappetto è molto istruttivo. L’epidemia è iniziata in Corea del Sud prima che in Italia, ha avuto, però, una crescita più lenta, anche se in presenza di un sistema sociale caratterizzato da una maggiore densità rispetto all’Italia. La figura seguente fa vedere l’andamento dell’epidemia in Corea e in Italia.
Quale è la differenza fra il modello Coreano e il modello Cinese/Italiano? L’approccio tecnologico alla gestione dell’epidemia e della malattia. In Corea è stato fatto un numero elevatissimo di tamponi, anche agli asintomatici, i contatti di ogni positivo sono stati tracciati con strumenti tecnologici evoluti come contatti social, sms, transazioni di carte di credito, dati di geolocalizzazione. In questo modo si è contenuta la diffusione entro un alveo ben preciso e si è potuta realizzare una quarantena selettiva che in breve ha bloccato la trasmissione del virus. Se, infatti, si individuano bene le catene di contagio e si bloccano con l’isolamento l’epidemia in breve volge al termine. Quest’approccio permette anche un migliore gestione del paziente che viene individuato come affetto da Covid-19 due/tre giorni prima del caso italiano e, quindi, può essere più tempestivamente curato.
Uno dei motivi che può spiegare la più elevata mortalità italiana rispetto a quella coreana (come si vede nel grafico seguente di circa 9 volte) è sicuramente la struttura demografica della popolazione, ma questo non basta, a parità di efficienza del sistema sanitario. La differenza può essere data dal fatto che in un numero consistente di casi italiani la diagnosi di Covid-19 è avvenuta in presenza di una situazione già critica e qualche volta la diagnosi è avvenuta post mortem. Probabilmente il malato è è stato individuato quando già la situazione era compromessa, anche a seguito di patologie preesistenti.
La Corea è riuscita con un approccio tecnologico alla gestione dell’epidemia a minimizzare i danni prodotti e a contenere in breve tempo il contagio, l’Italia che su questo versante è ancora molto indietro ha dovuto seguire l’esempio cinese con drastiche limitazioni alla libertà di movimento con costi economici enormi e, ancora in gran parte da quantificare, e soprattutto con risultati ancora da verificare, perché determinate misure, come la limitazione delle libertà, funzionano bene in paesi che già sono abituati ad un deficit di garanzie in termini di diritti, funzionano meno bene in una democrazia avanzata. Va anche aggiunto che la Cina ha dispiegato poi enormi risorse tecnologiche per la gestione dell’epidemia nella fase di cura piuttosto che in quella di contenimento, con gli sforzi fatti attraverso strumenti di intelligenza artificiale per il sequenziamento del virus e per l’individuazione di nuove forme di cura a partire da farmaci esistenti.
Se un insegnamento utile la Calabria può prendere dall’esperienza coreana è quello di usare una strategia più aggressiva nell’individuazione dei positivi. L’appello che faccio all’On. Santelli è quello di estendere in Calabria l’analisi dei tamponi anche agli asintomatici per ottenere una mappatura migliore della propagazione del contagio e per poter intervenire terapeuticamente in maniera più rapida ed incisiva. Questa misura congiunta con la già attuata creazione della zona rossa può rapidamente portare la Calabria fuori dall’incubo coronavirus.
*docente dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria
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