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«Sempre "in direzione ostinata e contraria"»

di Paola Militano

Pubblicato il: 06/05/2020 – 6:29
«Sempre "in direzione ostinata e contraria"»

Sono consapevole del fatto che davanti alla morte o nel ricordo di qualcuno a cui si è stati legati il rischio della retorica è altissimo, nulla di più lontano dagli approcci e dai ragionamenti, a volte ruvidi, di Paolo Pollichieni. Cercherò, dunque, di frenare tentazioni agiografiche dettate dall’affetto e dalla stima lasciando scorrere parole dedicate non al giornalista, ma all’uomo ed all’amico.
Paolo ha sempre coltivato il dubbio e le sue espressioni, verbali o mimiche che fossero, erano quelle di chi non aveva verità in tasca ma si impegnava a trovarle, a distinguerle nella congerie dei fatti, a intuirle come nascoste oltre quell’apparenza che le dava per scontate.
Era un atteggiamento di carattere prima che di pensiero, un’inclinazione d’animo prim’ancora che un’esperienza di vita e di professione.Sapeva essere, in questa ricerca della verità, scomodo e diffidente, preciso nella ricostruzione quanto spesso urticante nelle conclusioni.
Ed è per questo che ha donato, a chi lo ha letto, memorabili descrizioni di un potere che si ritiene tale ma finisce per essere la caricatura, comica o tragica, di se stesso; ha regalato editoriali sagaci, citazioni colte, battute fulminanti e aneddoti significativi; ha mantenuto viva la narrazione di una regione sfregiata dal malaffare ma comunque indomita e con i segni di una speranza possibile.Non aveva un carattere facile Paolo; anzi, in lui il disincanto, mai celato, era una sorta di tonalità emotiva utile ad indagare e comprendere le persone, i fatti della vita, le miserie della politica e della società; e non dev’essere stato facile perché a dispetto dell’apparenza, questa la mia personale testimonianza, era capace di istintivi slanci emotivi, di amicizie improvvise e poi durature.
Paolo non si è mai arreso e le delusioni cocenti sono diventate coraggiose ripartenze come per il Corriere della Calabria, un’idea prima che un’impresa, una visione e solo dopo un lavoro; era la sua creatura ed il suo lascito ed è con queste premesse che ho instaurato con Paolo un rapporto di stima e fiducia, istintivo e crescente.Abbiamo affrontato insieme momenti non facili, ed era inevitabile per chi – citando il suo amato De Andrè – “viaggia in direzione ostinata e contraria”; in un’amicizia durata troppo poco ci ha sempre animato un’unica, ferma e condivisa consapevolezza: fare impresa editoriale in Calabria non è semplice ma ci sono realtà la cui voce non può tacere, il cui contributo critico è utile oggi ed essenziale al domani.
In un editoriale, Paolo cita Salvatore Quasimodo e quella che ritiene «la più bella e la più struggente delle sue liriche (…) composta per spiegare le ragioni per le quali i poeti, gli intellettuali sono rimasti paralizzati cinque lunghi anni, rinunciando a dire e a comporre».
“(…) Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento”
Mediti ognuno di noi. Ed eviti di fare la stessa scelta. Caro Paolo, è passato un anno e non abbiamo appeso le cetre alle fronde dei salici.

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