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Gli affari dei clan nel Regno Unito: dalla cocaina al mondo della finanza

La storia della intuizione di Pasquale Marando di investire nella cocaina e quella dell’uomo d’affari Sebastiano Saia, broker della ‘ndrangheta in Inghilterra, abile a sfuggire agli arresti e alle …

Pubblicato il: 13/05/2020 – 16:14
Gli affari dei clan nel Regno Unito: dalla cocaina al mondo della finanza

LAMEZIA TERME Un carico ingente di droga, un cartello del narcotraffico internazionale, composto da calabresi, siciliani, turchi e pachistani e un arresto eccellente avvenuto a Brighton. Sono le prime e concrete risultanze investigative dell’espansione internazionale delle mafie italiane e della ‘ndrangheta calabrese. Tutto ha inizio con l’operazione “Riace”, condotta tra il 2 febbraio 1994 e il 15 febbraio dell’anno successivo dall’esercito italiano con migliaia di controlli, pattugliamenti e l’impiego massiccio di uomini in Calabria. I militari e il Nucleo Operativo dei Carabinieri di Roma individuano un uomo, un soggetto chiave. Si tratta di Sebastiano Saia, consulente finanziario di 47 anni. È lui, infatti, ad aver giocato un ruolo fondamentale nei negoziati tra il broker turco dell’eroina, Paul Waridel, e la potente famiglia di ‘ndrangheta dei Marando di Platì, veri e propri pionieri del narcotraffico internazionale. Saia, nel giugno del 1994, verrà individuato e catturato in Inghilterra, sul lungomare di Brighton proprio dagli uomini di Scotland Yard che agivano per conto dei carabinieri di Roma.
PASQUALE MARANDO E LA COCAINA Con Cosa Nostra sempre più in difficoltà – così come ha ricostruito un’inchiesta di IrpiMedia – e costretta a trattare con altre organizzazioni criminali, nel mondo del narcotraffico internazionale è la ‘ndrangheta calabrese a prendere il controllo. Il primo ad intuire l’enorme potenziale della cocaina è il giovane Pasquale Marando, certo che questa nuova droga (quattro volte più preziosa dell’eroina) sarebbe diventato un prodotto di massa e destinato, dunque, non solo ai ricchi. Un cambiamento di rotta epocale facilitato dall’esperienza di Saia, un criminale sobrio, senza eccessi e lusso, ma abile a precedere e sbaragliare la concorrenza. Nato a Catania, dopo gli inizi tra assegni rubati e le truffe, diventa un esperto di finanza, lingue e affari.
IL PABLO ESCOBAR D’ITALIA Una “coppia” decisa, dunque, a stravolgere le rotte della droga e l’andamento del mercato del narcotraffico. Marando decide così di scollarsi Cosa Nostra dalle spalle e di trattare la coca direttamente con i produttori colombiani, ottenendo un prezzo d’acquisto inferiore e costruendo in fretta una rete di distribuzione internazionale che andava dall’America Latina agli Stati Uniti, sfruttando poi i porti di Spagna, Inghilterra e Nord Europa diventando presto il “Pablo Escobar d’Italia” e la furbizia di Saia. E’ lui che, intercettato più volte, riferendosi ai carichi di droga parla di «bestie» dimagrite da 1.000 kg a 300 kg mentre alcuni acquirenti di droga all’ingrosso lo descrivono come «quello lì dell’ingrosso che vende funghi!» da pagare «45 mila al chilo». Per il traffico di eroina, invece, Marando era rimasto legato alla famiglia pakistana Hafeez che già dagli anni ‘90 aveva costruito una solida base proprio a Londra dove, come copertura, vendeva tappeti.
L’IMPRENDIBILE SAIA Un rapporto che frutta grandi ricchezze, ripulite proprio da Sebastiano Saia: il suo compito – spiega l’inchiesta di IrpiMedia – era di trovare attività commerciali pulite in cui poter investire i ricavi del narcotraffico operato dai calabresi. Tra società fantasma e frodi finanziarie, Saia viene poi arrestato e condannato nel 1999 dal tribunale di Bristol. Nel 2000 le autorità italiane provarono a richiedere l’estradizione ma un giudice del Tribunale di Bow Court di Londra si oppose perché il giudizio era avvenuto in contumacia. Saia ritorna nel mondo degli affari nel 2003, in Inghilterra, utilizzando come prestanome delle sue aziende una traduttrice macedone. Scomparso Pasquale Marando nel 2001 per una faida a Platì, nel 2008 Saia torna comunque in Italia grazie a quel rapporto che con la famiglia Marando non si era mai interrotto. Nel 2012 la procura di Torino, a caccia dei 35 milioni di euro di Pasqualino Marando, ha spiccato un mandato di cattura per Saia, con l’accusa di riciclaggio, per i terreni della Green Farm, un’azienda offshore di Gibilterra per schermare la presenza dei Marando in una fattoria alle porte di Torino. Ma il broker risultò introvabile. Saia, tra il 2015 e il 2016 si sposta prima in Turchia e poi in Grecia dove viene arrestato ancora una volta per truffe internazionali. Saia resta in carcere nel nord della Grecia fino a giugno 2018, quando è stato liberato con l’obbligo di firma a Komotini. A ottobre 2018 è stato scagionato dall’accusa di frode in Grecia e fa perdere di nuovo le sue tracce. Intanto il Tribunale di Torino lo condanna definitivamente ma di Saia non si hanno orma più notizie da tempo, lasciando dietro di sé solo l’ombra di un imprendibile uomo d’affari e riciclatore della ‘ndrangheta. (g. c.)

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