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U SAPIVI? | «Lavorare nei campi? Meglio il sussidio» – VIDEO
A parlare sono i percettori del Reddito di cittadinanza. Rifiuti categorici che si scontrano con la voglia di lavorare dei migranti: «Siamo pronti a fare qualunque cosa ma ci servono i documenti». Lo…
Pubblicato il: 14/05/2020 – 11:53
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«Scusi ma non vogliamo lavorare, è obbligatorio? In questo momento non mi sento di darle una risposta» oppure «Il mio orto poi chi lo cura?». Si fa presto a dire “il lavoro prima agli italiani” poi, messi da parte slogan propagandistici, ci si scontra con una realtà ben differente e che offre a tratti un quadro davvero desolante. Questo almeno quanto è emerso nel corso dell’ultima puntata di “U Sapivi?”, il format d’inchiesta condotto da Michele Macrì con il supporto tecnico di Cosimo Siciliano.
Di andare a lavorare nei campi, a raccogliere frutta e pomodori, a quanto pare tanti calabresi che percepiscono il Reddito di Cittadinanza, non ne voglio proprio sapere. Michele Macrì, fingendosi responsabile di un’azienda agricola, infatti, ha telefonato alcuni percettori, chiedendo loro se fossero disponibili a rinunciare al sostegno economico. Ma le risposte sono state negative.
«Io non le so fare queste cose, nei campi non so lavorare» è stata una delle tante giustificazioni date al telefono al nostro Macrì. Un tema, quello del lavoro nei campi, di cui si discute da tantissimi anni, rappresentando uno dei punti cruciali dello scontro politico. Proprio ieri, peraltro, il ministro Bellanova in lacrime ha annunciato la sanatoria sui migranti (oltre 600mila) inserita nel decreto Rilancio e per far emergere dal nero i migranti che lavorano nei campi. «Da oggi gli invisibili saranno meno invisibili. Da oggi vince lo Stato perché è più forte della criminalità e del caporalato».
Tutti gli “invisibili” chiedono la stessa cosa: un documento che li regolarizzi in Italia e che consenta loro di lavorare. Come il migrante che ha raggiunto Macrì a Rosarno: «Lavoravo in campagna ma ora non più ma anche in queste condizioni è meglio restare qui che tornare nel mio Paese».
Emblema delle terribili condizioni in cui vivono centinaia di lavoratori immigrati è San Ferdinando, teatro di tragedie umane, scontri politici e desiderio di riscatto. «Perché proprio oggi si parla di regolarizzazione? A causa dell’emergenza in atto – spiega il sindaco di San Ferdinando Andrea Tripodi – i braccianti dell’Est non possono tornare nei loro paesi, con il rischio di dare visibilità ad una zona grigia su cui domina invece la criminalità organizzata».
«Sono ovviamente d’accordo per la regolarizzazione dei migranti – spiega ai microfoni di Michele Macrì un imprenditore – ma lo Stato ci deve dare una mano con le assunzioni, le spese dei contributi altrimenti non riusciamo a coprire tutte le spese».
«Io penso che l’essere umano – spiega Nicola Cilento, vicepresidente regionale di Confagricoltura – abbia bisogno di quattro mura, un tetto, un letto e cibo sano. Ma lo Stato e le istituzioni regionali e locali devono fornire il proprio aiuto. Parliamo, prima che di lavoratori e migranti, di vite umane».
Tutti gli “invisibili” chiedono la stessa cosa: un documento che li regolarizzi in Italia e che consenta loro di lavorare. Come il migrante che ha raggiunto Macrì a Rosarno: «Lavoravo in campagna ma ora non più ma anche in queste condizioni è meglio restare qui che tornare nel mio Paese».
Emblema delle terribili condizioni in cui vivono centinaia di lavoratori immigrati è San Ferdinando, teatro di tragedie umane, scontri politici e desiderio di riscatto. «Perché proprio oggi si parla di regolarizzazione? A causa dell’emergenza in atto – spiega il sindaco di San Ferdinando Andrea Tripodi – i braccianti dell’Est non possono tornare nei loro paesi, con il rischio di dare visibilità ad una zona grigia su cui domina invece la criminalità organizzata».
«Sono ovviamente d’accordo per la regolarizzazione dei migranti – spiega ai microfoni di Michele Macrì un imprenditore – ma lo Stato ci deve dare una mano con le assunzioni, le spese dei contributi altrimenti non riusciamo a coprire tutte le spese».
«Io penso che l’essere umano – spiega Nicola Cilento, vicepresidente regionale di Confagricoltura – abbia bisogno di quattro mura, un tetto, un letto e cibo sano. Ma lo Stato e le istituzioni regionali e locali devono fornire il proprio aiuto. Parliamo, prima che di lavoratori e migranti, di vite umane». Argomenti
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