È esistito davvero un periodo storico in cui il Sud è stato il paradiso
dell’immigrazione: ci si veniva per restarci, nessuno andava via. È accaduto
così tanti anni fa da sembrare un sogno. Basterebbe solo questo, assodata la
ciclicità della storia, per renderne immaginabile il ripetersi del fenomeno. A
parlarne qualche anno fa, forse pure ora, in molti ne riderebbero, ne ridono.
Eppure ci sono variabili che velocizzano gli eventi, ne rendono possibili
quelli altamente improbabili. L’eccessiva settentrionalizzazione
dell’Europa è finita con la Brexit, l’uscita della Gran Bretagna costringe i
comandi centrali a guardare al Sud, che per fatto storico, culturale,
geografico, fisico, è congeniale all’Unione più della sua espansione a Est.
Solo l’Italia può compensare a una mancanza dell’Europa, a una sua autoamputazione. E dentro l’Italia l’eccessiva settentrionalizzazione alla fine ha contenuto le potenzialità italiane, anche questa un’auto-amputazione: la
pandemia ha reso evidente l’eccessivo uso del patrimonio naturale, il suo
consumo smodato. Si è capito che le concentrazioni antropiche alla lunga
sono un danno, un ostacolo allo sviluppo oltre che una declinazione cattiva
del benessere. Forse i tempi nuovi stagneranno il sangue che esce a fiotti, da
secoli, dalle vene del Sud. Si smetterà di partire perché i parametri
economici e ambientali imporranno un riequilibrio dello sviluppo europeo,
questo lo si è già capito, forse più a Brussell che a Roma, di sicuro più a
Berlino e Parigi che a Milano. E magari non torneranno i nostri, ma gente
nuova verrà. Questo è il senso della parte più grande del fondo Recovery
destinato all’Italia. Del fondo, il grosso dei miliardi dovranno venire giù,
inutili saranno certe trame nordiche, il settentrione deve obbligatoriamente
spostare parte delle proprie attività produttive in meridione, perché non ne
regge più il peso, non per altruismo, e il sistema infrastrutturale del Sud
dovrà adeguarsi al cambiamento. L’area mediterranea dell’Europa è stata
per troppo tempo un gigante in sonno, un agente dormiente che da su
sveglieranno in fretta. Rispetto a questo ci si deve attrezzare, per non restare
colonia, per non ridiventare subalterni cedendo per sempre le vestigia
culturali. Una visione del Sud da Sud. Il Meridione potrebbe ripopolarsi in
fretta, ma non ha classi dirigenti né classi intellettuali in grado di imporre
una visione che sia nostra, e non le avrà. Può, o potrebbe, ottenere, al
massimo, un ascolto delle poche voci esistenti: un’integrazione sudicia di
un pensiero dominante nordico. Il Sud si ripopolerà, più in fretta di quanto
la cultura strapaesana del Sud non sia riuscita a prevedere. La
partecipazione, o il semplice subirlo, a questo fenomeno, è la nostra ultima
frontiera.
*scrittore
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