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Recovery, Bruno Bossio: «Le risorse ci sono. La Calabria dovrà utilizzarle al meglio»

La parlamentare dem garantisce che le somme destinate al Sud e alla regione non sono a rischio. Grazie all’attività svolta in Parlamento anzi è passata «un’impronta fortemente meridionalista che non…

Pubblicato il: 31/01/2021 – 7:17
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Recovery, Bruno Bossio: «Le risorse ci sono. La Calabria dovrà utilizzarle al meglio»
di Ugo Floro LAMEZIA TERME Le risorse del Recovery per il Sud e la Calabria non sono a rischio. Anzi l’attività svolta in Parlamento ha consentito di elaborare una linea «con un’impronta fortemente meridionalista che non poteva essere ignorata dal Governo». Ne è convinta assertrice Enza Bruno Bossio, parlamentare del Partito democratico e con alle spalle una robusta esperienza di dirigenza aziendale. Con il Corriere della Calabria l’esponente dem ha affrontato i temi dello sviluppo della Calabria, della strategia per utilizzare al meglio quelle enormi risorse che proverranno dal Recovery fund. Con un occhio attento anche alle prossime Regionali e sulle alleanze che si stanno costruendo per competere Onorevole Bruno Bossio, i venti di crisi che soffiano sul governo, associati alla atavica debolezza della delegazione parlamentare regionale, aumentano tra i cittadini i timori che la Calabria potrebbe essere penalizzata dalla prossima ripartizione dei fondi previsti dal Recovery plan. Corriamo davvero questo rischio? «Innanzitutto sfatiamo un mito. Le ataviche debolezze delle delegazioni calabresi nel Parlamento italiano non sono figlie di un Dna sbagliato, ma risentono di una mancata o adeguata rappresentanza delle classi dirigenti del Sud nel governo del Paese degli ultimi 30 anni. Anche nella scorsa legislatura, nonostante siamo riusciti a fare passi in avanti importanti sullo sviluppo del Sud, grazie alle scelte dei Governi a guida Pd, il retaggio antimeridionalista è rimasto diffuso trasversalmente tra i diversi gruppi politici. La novità dell’attuale Parlamento anomalo, senza una maggioranza precostituita, è proprio questa: l’unità bipartisan dei deputati del Sud ha prodotto un primo documento sulle linee guida del Recovery con un’impronta fortemente meridionalista che non è potuta essere ignorata dal Governo. La nostra azione aveva già sortito degli effetti importanti sia sulla questione delle autonomie territoriali, con la proposta del riparto della spesa nazionale non più fondato sul criterio della spesa storica ma sui Livelli essenziali di prestazione, sia quando abbiamo bloccato, ad aprile 2020, il tentativo, previsto nel documento del Dipartimento della programmazione economica della presidenza del Consiglio, di rivedere in peggio la ripartizione del Fondo FSC e mettere in discussione il 34% per il Sud. Il risultato di oggi? Conte ha dichiarato che sui 210 miliardi del Recovery Plan, più del 50% sono per il Sud! Naturalmente ogni commissione parlamentare dovrà fare le verifiche di merito sui progetti delle diverse missioni, per avere contezza effettiva di questa percentuale. Per quel che mi riguarda, come componente della commissione trasporti, ho fatto una verifica puntuale con il MIT: sulle infrastrutture, per un totale generale di 48 miliardi, circa 25 sono per il Mezzogiorno. Tocca ora alla Calabria saper competere dentro tali margini di significativa disponibilità finanziaria. Ma aldilà dei numeri, io credo che abbia ragione Luca Bianchi, direttore della Svimez, quando afferma che il tema per il Sud prima che la quantità dei soldi, è la qualità ovvero gli investimenti sulle opere strategiche». C’è poi la questione Gioia Tauro che allarma, lei da tempo sostiene che l’infrastruttura portuale avrà sufficienti risorse per il rilancio che merita. «Parto da questa domanda su Gioia Tauro per affrontare, a questo punto, il tema più complessivo delle infrastrutture strategiche per la Calabria. Tra le più importanti, dal punto di vista strategico, io vedo: il completamento dell’Alta Velocità anche dopo Salerno, fino a Reggio Calabria, proseguendo verso Palermo attraverso l’attraversamento stabile dello Stretto; l’adeguamento del versante ionico sia dal punto di vista ferroviario che stradale ed infine un forte investimento affinché il porto di Gioia Tauro non sia solo transhipment ma anche luogo dal quale le merci partono via ferro verso l’Europa. Sul primo punto possiamo dire con certezza di avercela fatta: attraverso il Recovery Plan, per la prima volta si statuisce la programmazione di un nuovo progetto di Alta Velocità. Il valore dell’investimento complessivo è di 12 miliardi di euro, di cui una spesa di 1,8 miliardi è già prevista per l’avvio dei lavori con i primi lotti funzionali. La garanzia della reale fattibilità di questo progetto è data non solo dalle dichiarazioni della ministra, ma dagli impegni di Rfi assunti in commissione trasporti alla Camera e dall’aver designato l’amministratore delegato di Rfi, Vera Fiorani, commissario straordinario dell’opera. In ogni caso, sempre in sede parlamentare, l’approvazione del Pnrr sarà subordinata alla disposizione che gli ulteriori 10 miliardi che servono per il completamento dell’opera, siano previsti nel prossimo contratto di programma Rfi-Mit. Su la questione della Jonica gli interventi strategici sono l’elettrificazione di tutta la ferrovia da Reggio Calabria a Taranto e il completamento della Statale 106, sempre da Reggio Calabria a Taranto. Sulla elettrificazione della ferrovia da Sibari a Reggio Calabria è già previsto un investimento di 300 milioni nel Pnrr. Per quel che riguarda la 106, poiché la commissione europea non autorizza l’utilizzo dei fondi del Recovery per nuove strade, ma solo per manutenzioni, l’orientamento del Mit e del presidente Conte è comunque quello di finanziare questa arteria, considerata tra le opere strategiche commissariate. Non a caso l’ad di Anas, Simonini, è stato nominato commissario della statale 106. Anche su questo inseriremo, dunque, nel parere che approva il Dpcm sul commissariamento, il vincolo del finanziamento della 106 nel prossimo contratto Anas-Mit. Infine Gioia Tauro: i lavori per il consolidamento e per una maggiore profondità del canale portuale lungo la banchina di levante nei tratti A-B-C stanno andando avanti. Io sono d’accordo con Agostinelli che chiede per Gioia Tauro soprattutto un investimento corposo sul raccordo ferroviario. Dopo l’approvazione del mio emendamento che ha consentito la realizzazione del gateway ferroviario, e l’investimento già previsto nel Recovery sulla linea San Ferdinando-Rosarno, interverremo in parlamento affinché tra i primi lotti del nuovo progetto di Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria ci sia quello che partendo da Gioia Tauro incroci anche l’Alta Capacità per le merci. Andando finalmente ad intervenire sulle sagome delle gallerie che dall’epoca della loro nascita, bloccano il trasporto delle merci dal Porto verso il resto del mondo. È questa la vera opera strategica per fare di Gioia Tauro il porto più competitivo dell’Europa». Capitolo regionali. Non più tardi di una settimana fa il commissario del Partito democratico calabrese, Graziano, ha commentato con durezza l’autocandidatura di Luigi de Magistris, chiudendo de facto ogni possibilità di alleanza con l’uscente sindaco di Napoli. La cosa, indubbiamente, le avrà fatto piacere. Quello che le chiedo, tuttavia, è se la posizione di Graziano sia o meno in qualche modo rivelatrice di un processo di disgelo in atto nei rapporti tra vertici e l’anima dem di cui lei, il presidente Oliverio e tanti altri fanno parte. «Il pronunciamento di Stefano Graziano è stato importante ed ha suggellato un “No” unanime da parte del Pd calabrese alla autocandidatura del peggiore sindaco di sempre della città di Napoli. È stato un atto politico distensivo nella dialettica interna del partito. Rimangono tuttora, però, irrisolti i nodi politici che hanno determinato i gravi errori che hanno condotto alla incomprensibile ed assurda candidatura di Pippo Callipo e alla pesante sconfitta elettorale. Occorrono atti politici che determinino una profonda correzione di rotta per evitare che il campo sia completamente occupato dal protagonismo populistico, mentre urge un’aggregazione ampia, plurale e unitaria delle forze riformiste e di governo, compreso il Movimento 5 Stelle. Ciò è possibile solo con un Pd unito, perché se si perpetua la logica discriminatoria, delle esclusioni e della pratica della diaspora non si va da nessuna parte. È assurdo, ad esempio, che da quando Mario Oliverio ha fatto il passo indietro non sia stato mai sentito o convocato. Addirittura neanche invitato alle riunioni della direzione nazionale del partito, di cui è componente eletto nel congresso. È auspicabile che a questo vulnus venga posto rapidamente rimedio. Basta con rancori e ritorsioni. Lo impone il senso di responsabilità collettivo per fronteggiare la pesante condizione della Calabria». Nei giorni scorsi Il Corriere della Calabria si è preso la briga di saggiare la consistenza politica del gruppo di sindaci che si è coagulato intorno ad un importante documento indirizzato alle forze vive di centro-sinistra per invitarle da subito a lavorare ad una coalizione ampia e plurale. Sentendo i primi cittadini di Soverato e San Pietro a Maida, Alecci e Giampà, c’è sembrato di capire che l’iniziativa in questione è abbastanza seria, lei cosa ne pensa? «Il protagonismo dei sindaci può originare un’aggregazione che va ben oltre gli steccati politici tradizionali e capace di esprimere una rappresentanza realmente civica. Il Pd e il centrosinistra farebbero un grave errore se ignorassero ciò che oggi rappresentano Giampá ed Alecci insieme a tutti i sindaci che si sono manifestati con il loro pronunciamento, a volte anche in maniera individuale. Secondo me è opportuno che questo movimento, intanto, abbia cittadinanza e rappresentanza al tavolo del confronto tra le forze progressiste che debbono dare forma ad una coalizione elettorale che si candida per competere in maniera credibile al governo della Regione». Difficile, al solito, capire cosa voglia fare la “variante calabrese” del Movimento 5 Stelle, divisa com’è tra tante sensibilità, alcune delle quali permanentemente autolesioniste. Lei ci crede in un’alleanza con i pentastellati o pensa che essi alla fine si salderanno al gruppo di Tansi o addirittura a quel de Magistris, che a sua volta non intenderebbe mollare la carica di candidato alla presidenza all’ex direttore della protezione civile. «Se si inseguono i nominalismi si va incontro ad una balcanizzazione della rappresentanza della parte di società che non si richiama agli orientamenti del centrodestra. La vera sfida allora è tra populismo, ancor peggio se interpretato da giustizialisti, riformismo e garantismo. Avverto che questo schema sta diventando uno spartiacque anche dentro la dialettica del Movimento 5 Stelle. Ciò è dovuto soprattutto al fatto che l’esperienza di governo a livello nazionale impone necessariamente di fare i conti con i nodi strutturali della crisi sociale che stiamo vivendo, ancor più dopo l’esplosione della pandemia. Dovrà essere la proposta del Partito democratico ad avere forza e capacità attrattiva per un’intesa con i pentastellati. Se il campo però rimane occupato solo dalle forze del populismo peggiore, non vi è alcun dubbio che anche la rappresentanza ufficiale dei Cinquestelle rischia di essere risucchiata in questo vortice». Ammetterà però che il rischio di frazionamento si avverta molto di più nell’area di centro-sinistra e quella civica, rispetto ad un centrodestra che, avrà pure i suoi problemi, ma che appare abbastanza compatto. Qual è il suo parere? «Apparentemente oggi è così. Ma non è tutto oro quello che luccica. Anche il centrodestra non ha ancora designato il candidato alla presidenza. Non è fuori luogo prevedere lo sviluppo di scenari che possono determinare posizionamenti politici che alla data odierna possono essere considerati non realistici». Non potevamo non chiederle un parere sui primi passi del nuovo commissario ad acta alla sanità, Guido Longo: lo ha sentito, vi siete parlati? Ma soprattutto le chiediamo se, dopo 11 anni di fallimenti commissariali, valeva la pena insistere su uno strumento che ha fatto il suo tempo, e sostanzialmente non ha risolto nessun problema? «Non ho sentito Guido Longo. Gli ho scritto delle PEC su fatti specifici ma non mi ha ancora risposto. Sulla opportunità di superare la gestione commissariale la mia posizione è nota, sin da quando si è insediato alla presidenza della Regione Mario Oliverio. Già allora era evidente il fallimento dell’istituto del commissariamento. In questi anni non è stato sanato il disavanzo pregresso, anzi si è accresciuto il debito di bilancio e parimenti non sono stati tagliati gli sprechi ma sono stati ridotti i servizi. Emblematica è stata la scelta nel 2010 di chiudere gli ospedali senza potenziare i servizi territoriali e vaste aree della Calabria sono state private persino dei Livelli essenziali di assistenza. Mi fa piacere che i critici di sei anni addietro verso questa nostra posizione si siano convinti per il superamento del commissariamento. Ma oggi sappiamo tutti che il tema non è uscire dal commissariamento ma piuttosto rientrare dal disavanzo. La battaglia che abbiamo fatto per inserire nel decreto Calabria la posta finanziaria pari al debito che alla data di oggi è stato accertato e certificato (180 milioni di euro) rappresenta lo strumento per risanare i conti e avviare un piano straordinario di assunzioni che consenta di iniziare a dare le risposte che i cittadini si aspettano sul diritto alla salute. Così come ci auguriamo che il commissario Longo, per come ha dichiarato in alcune trasmissioni televisive, si adoperi celermente per riorganizzare e approvare la nuova rete ospedaliera, disponendo l’apertura degli ospedali attualmente inutilizzati». (redazione@corrierecal.it)
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