La tempesta perfetta
Siamo terra di ‘ndrangheta e siamo tutti un po’ mafiosi. A pensarla così sono in tanti e il salottiero Augias, nel definire la Calabria «una terra perduta», manifesta un sentimento assai diffuso nel…

Siamo terra di ‘ndrangheta e siamo tutti un po’ mafiosi. A pensarla così sono in tanti e il salottiero Augias, nel definire la Calabria «una terra perduta», manifesta un sentimento assai diffuso nel resto del Paese, espresso senza remore, anche, da Nicola Morra che – nella famigerata intervista – la ritiene «irrecuperabile fino a quando lo Stato non affronterà la situazione con piena consapevolezza», dimenticando però di essere un senatore della Repubblica eletto con i voti dei calabresi, di aver assunto (a dire il vero, non solo in quella circostanza) lo stesso atteggiamento inquisitorio, distaccato e disinteressato che la politica dimostra nei confronti della Calabria, abbandonata da sempre al suo destino e, dulcis in fundo, di presiedere la Commissione Antimafia che in sessant’anni non ha prodotto alcun risultato nella lotta alla ‘ndrangheta.
Il mondo di mezzo. Ma non basta più solo indignarsi perché la ‘ndrangheta non è finzione e i mafiosi non sono solo boss e gregari, ma è “mafiosa” la rete di amministratori e burocrati che consentono alle cosche di infiltrarsi nelle istituzioni e sono “mafiosi” gli ingegneri, notai, avvocati e commercialisti, consapevoli che le parcelle sono pagate per aver violato princìpi elementari del codice etico e deontologico. Lo sono le tante imprese che riciclano proventi illeciti: una montagna di denaro immessa sul mercato per mettere in crisi (spesso irreversibile) le aziende concorrenti, costrette a cedere il passo alle associazioni criminali. E lo sono anche quei giovani imprenditori che, in cambio di soldi facili e di una rapida ascesa, attraversano le paludi.
E’ mafioso l’intreccio tra la ‘ndrangheta e la politica che tiene in ostaggio, da decenni, il territorio calabrese.
Un circolo vizioso che alimenta, a spese dei calabresi, la moderna borghesia ‘ndranghetista, quella per intenderci, capace di evolversi per controllare i traffici mondiali di sostanze stupefacenti, di investire nella sanità, nel traffico dei rifiuti, nella grande distribuzione, di intrattenere rapporti con le forze dell’ordine, con servizi segreti e magistrati e di accomodarsi nei salotti buoni della società.
E’ come nel Gattopardo, in Calabria: tutto cambia perché nulla cambi.
La tempesta perfetta. Siamo di fronte a una sfida epocale che possiamo vincere solo se impariamo ad amare la Calabria, a diventare custodi, difensori e promotori di una terra di inestimabile bellezza.
Chi ama il bello difficilmente accetterà che criminali e cialtroni ne calpestino l’immagine e la reputazione.
E la crisi, scatenata dal Covid, può essere davvero l’occasione per ripensare il territorio che necessita di una visione chiara, di competenze e innovazione perché non accada più che ingenti risorse vengano sprecate, lasciando nervi scoperti ovunque: dal welfare alla sanità, al turismo fino all’agricoltura.
Gli elettori calabresi dovranno chiedere ai partiti e ai politici dove sta andando il mondo e giudicarli dalla capacità di indicare la strada maestra per tirare fuori la Calabria dalle secche della crisi.
paola.militano@corrierecal.it