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Immigrazione a Crotone, “l’aggancio” in Prefettura e gli accordi con il “gruppo della Questura”

Dalle carte dell’inchiesta emergono i legami tra il gruppo criminale e alcuni agenti dell’Ufficio Immigrazione per “velocizzare” le pratiche per il rilascio dei permessi di soggiorno

Pubblicato il: 18/02/2021 – 15:23
di Giorgio Curcio
Immigrazione a Crotone, “l’aggancio” in Prefettura e gli accordi con il “gruppo della Questura”

CROTONE Un meccanismo «elusivo» dei controlli che poteva realizzarsi solo grazie alla collaborazione interna alla Questura di Crotone, tramite un soggetto in grado di garantire la perfetta coincidenza «della varie scansioni procedimentali in assenza degli stranieri». È uno dei passaggi chiave dell’inchiesta “Ikaros”, coordinata dalla Procura di Crotone, guidata da Giuseppe Capoccia, e che ha portato all’esecuzione di 24 misure cautelari per favoreggiamento all’immigrazione clandestina (qui la notizia).

“L’infedele” nell’Ufficio Immigrazione

E la figura chiave di cui scrivono gli inquirenti nelle carte dell’inchiesta è Rocco Meo, agente di Polizia, in servizio presso l’Ufficio Immigrazione della Questura di Crotone, e che si sarebbe occupato almeno di sei dei tredici fascicoli relativi ai migranti ricostruiti dagli investigatori.  La posizione di Meo, per gli inquirenti, forniva un contributo essenziale al gruppo criminale anche senza farne parte materialmente. Era lui a ricevere le richieste di protezione presentate, ed era lui a fornire suggerimenti utili agli intermediari e agli avvocati per “eludere i controlli” fino all’omissione dei controlli sul possesso reale dei passaporti da parte degli immigrati e dei cittadini iracheni richiedenti asilo. 

Il “gruppo della Questura” 

C’era poi la ripartizione dei proventi illeciti, ricavati proprio dalla trattazione delle pratiche di protezione internazionale presentate a Crotone. E c’era – come è emerso dall’inchiesta – il “gruppo della Questura” formato da diversi soggetti e che, nonostante “l’aiuto” fornito, non era a conoscenza dei proventi.  «2000, 1000 euro per il gruppo della Questura» «Chi sono il gruppo della Questura?? No, no no, non lo sanno! Marco, Salvatore e Edris ma Rocco non li prende».  Dalla conversazione intercorsa tra Rachida Lebkhachi e Khasro Abdulhameed, mediatori ed entrambi finiti in carcere, emerge l’esistenza del “gruppo della Questura” ma che non era a conoscenza dei ricchi guadagni del sodalizio criminale anche se i due facevano riferimento al “telefono” per l’agente Meo, inteso proprio come provento illecito collegato all’attività di supporto del gruppo criminale. 

Il poliziotto e l’interprete

«Quell’ucraina che Attanasio le faceva fare tutto senza…nemmeno l’ha foto-segnalata!» «Dalla settimana prossima, guaglio’, passaporto! I passaporti mi devono portare!» È in una conversazione captata dagli inquirenti che emerge ancora più chiaramente il ruolo dell’agente Meo, in auto insieme alla Lebkhachi, diretti all’Ufficio Immigrazione presso il “S. Anna” di Isola Capo Rizzuto e quello dell’interprete. L’agente, infatti, stanco del pressapochismo degli altri colleghi si irrigidisce. E di fronte all’inaspettato atteggiamento di Meo, l’interprete chiede di fare un’eccezione ma senza successo.  «E allora non vengono. Non li faccio venire, perdiamo pure il telefono. Mi hai fatto fare una brutta figura» chiosa poi la Lebkhachi. Una conversazione cruciale e che – secondo gli investigatori – mostra come l’agente Meo fosse a conoscenza dei meccanismi del gruppo criminale di cui lui stesso faceva parte, a cominciare dalla richiesta dei passaporti: con l’opposizione di Meo, infatti, Lebkhachi non poteva più trattare le richieste per far arrivare a  Crotone gli stranieri già giunti in Italia e in arrivo da Roma. 

Le pratiche “veloci” e l’aggancio in Prefettura

Altre figure chiave e provenienti dalla Questura di Crotone sono – secondo quanto emerge dall’inchiesta – Salvatore Panciotto e Gennaro Mazza. Il primo è un operatore di Polizia in servizio nell’Ufficio Immigrazione, e incaricato dell’evasione delle pratiche relative ai minori non accompagnati. Mazza, invece, era in servizio alla Prefettura pitagorica con il ruolo di segretario della Commissione per il riconoscimento del diritto d’asilo.  Il ruolo dei due al servizio del gruppo criminale emerge dalle dichiarazioni (poi riscontrate) da un interprete che ha ricostruito le attività di gestione della pratica di quattro cittadini iracheni. Secondo l’uomo, infatti, Khasro lo avrebbe contattato per dirgli di mandare un taxi all’aeroporto di Lamezia dove sarebbe arrivato un cittadino iracheno proveniente da Roma. È il 20 febbraio 2018 e quattro giorni prima lo stesso iracheno si era già recato in Questura a Crotone per il fotosegnalamento per il rilascio del permesso di soggiorno e la sera stessa era partito per Roma. Lo stesso cittadino iracheno, insieme a tre connazionali – si legge fra le pagine dell’inchiesta – si sarebbe rivolto ad un cittadino curdo che lavorava in Questura come interprete con il nome di “Marco” il quale, con l’aiuto di un poliziotto di nome “Salvatore” avrebbe istruito la pratica». Per gli inquirenti è chiaro il riferimento a Salvatore Panciotto e Makwan Karim conosciuto proprio come “Marco”.  Secondo il racconto fornito dall’interprete «i quattro iracheni avrebbero pagato 4.500 euro ciascuno». Secondo le informazioni raccolte dagli inquirenti, Panciotto di fatto si occupava spesso di richieste di asilo pervenute da cittadini iracheni maggiorenni con una eccezionale celerità, sfruttando la collaborazione di Mazza nella gestione dei procedimenti, sebbene il suo ruolo fosse quello di occuparsi dei minori non accompagnati. 

Un modus operandi consolidato

Gli investigatori, dunque, sono riusciti a ricostruire quello che potrebbe essere definito a tutti gli effetti il “modus operandi” di Panciotto e Mazza nei procedimento che avevano visto il loro diretto coinvolgimento:  il cittadino straniero manifestava la volontà di chiedere una forma di protezione internazionale. Lo stesso cittadino straniero non veniva calendarizzato ma molto spesso veniva subito foto-segnalato e non veniva neanche invitato in Questura, compilando celermente il verbale di identificazione e il modello “C3”. Successivamente lo stesso Panciotto, pur non essendo una sua mansione, inseriva la pratica nei sistemi e la inviava presso la Commissione Territoriale di Crotone per la programmazione dell’audizione che, tramite Mazza, avveniva spesso nella stessa giornata. Era poi Panciotto a far risultare la notifica al diretto interessato con l’apposizione di una firma palesemente falsa mentre nei casi in cui non avveniva la presentazione all’audizione, Panciotto faceva comunque risultare l’avvenuta notifica del decreto di irreperibilità e, a stretto giro, Mazza provvedeva subito a notificare una nuova audizione. Altrettanto spesso, l’esito della Commissione veniva notificato direttamente da Panciotto al cittadino straniero, velocizzando la “chiusura” del fascicolo nella banca dati cosicché l’immigrato potesse presentare subito l’istanza di rilascio del permesso di soggiorno. (redazione@corrierecal.it)

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