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CONTRIBUTO

«La Costituzione ai tempi del Covid»

di Giusy Raffaele

Pubblicato il: 12/03/2021 – 19:32
di Giusy Raffaele
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«La Costituzione ai tempi del Covid»

Il Tribunale di Reggio Emilia con sentenza n. 54/2021 ha prosciolto una coppia che in pieno lockdown e in zona rossa era uscita di casa senza valido motivo e dichiarando una ragione che a seguito di accertamenti è risultata inventata e fasulla. Secondo il giudice “L’autocertificazione falsa non costituisce reato. I Dpcm sono illegittimi e anticostituzionali”. Nelle motivazioni il giudice afferma che non è configurabile il reato di falso ideologico in atto pubblico perché  non ci sarebbe alcun valido divieto di spostamento imposto ai cittadini, rilevando l’indiscutibile illegittimità del Dpcm dell’8 marzo 2020. Aggiunge il giudice che il divieto generale e assoluto di spostamento al di fuori della propria abitazione, con limitate e specifiche eccezioni (lavoro, salute, necessità) configura un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare. Nel nostro ordinamento giuridico l’obbligo di permanenza domiciliare consiste in una sanzione penale restrittiva della libertà personale che viene irrogata dal giudice penale per alcuni reati all’esito del giudizio (o in una misura di custodia cautelare disposta dal giudice quando ricorrono rigidi presupposti di legge, all’esito di un procedimento disciplinato normativamente) e in ogni caso nel rispetto del diritto di difesa. Sicuramente nella giurisprudenza è indiscusso che l’obbligo di permanenza domiciliare costituisca una misura restrittiva della libertà personale. L’art. 13 della Costituzione, infatti, stabilisce che le misure restrittive della libertà personale possono essere adottate solo su atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei casi e modi previsti dalla legge. Cosa deriva da questo principio costituzionale? In primo luogo che un DPCM non essendo un atto normativo avente forza di legge non può disporre alcuna limitazione della libertà personale. In secondo luogo è che neanche una legge (o un atto normativo avente forza di legge, come ad esempio il decreto-legge) potrebbe prevedere in via generale e astratta, nel nostro ordinamento, l’obbligo della permanenza domiciliare disposto nei confronti di una pluralità indeterminata di cittadini, dal momento che la norma costituzionale contiene una doppia riserva, di legge e di giurisdizione,  implicando necessariamente un provvedimento individuale, diretto dunque nei confronti di uno specifico soggetto.

Secondo il giudice non si può condividere il tentativo dei sostenitori della conformità alla Costituzione dell’obbligo di permanenza domiciliare sulla base della considerazione che il DPCM sarebbe conforme a Costituzione perché contiene delle legittime limitazioni della libertà di circolazione e non della libertà personale. Sul punto la Corte Costituzionale ha chiarito che la libertà di circolazione riguarda i limiti di accesso a determinati luoghi (ad esempio il divieto di accedere ad alcune zone circoscritte che sarebbero infette),  ma non può comportare un obbligo di permanenza domiciliare. I limiti della libertà di circolazione riguardano luoghi specifici il cui accesso può essere precluso, perché ad esempio pericolosi; quando invece il divieto di spostamento non riguarda i luoghi, ma le persone allora la limitazione si configura come vera e propria limitazione della libertà personale. Certamente quando il divieto di spostamento è assoluto perché si prevede che il cittadino non può recarsi in nessun luogo al di fuori della propria abitazione è indiscutibile che si versi in chiara e illegittima limitazione della libertà personale. Ergo “La libertà di circolazione non va confusa con la libertà personale”.

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