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Cultura e spettacolo, il grido di dolore dei lavoratori di Cosenza

Prosegue l’azione di denuncia delle gravissime condizioni nelle quali versa il comparto con tutto il suo articolato indotto

Pubblicato il: 27/03/2021 – 17:03
Cultura e spettacolo, il grido di dolore dei lavoratori di Cosenza

COSENZA  I lavoratori e le lavoratrici della cultura e dello spettacolo dell’area urbana di Cosenza, in connessione con le altre realtà regionali, riunite nel movimento Approdi, hanno dato vita, ancora una volta in sinergia con la mobilitazione nazionale che sta attraversando tutte le piazze italiane, a un’azione di denuncia della condizione in cui versa, ormai da un anno, l’intero comparto con tutto il suo vasto e articolato indotto.  «Si è trattato stavolta –si legge in una nota – di un’azione simbolica, che ha visto la proiezione di frasi di lotta – ma anche di aforismi poetici – sulle facciate dei diversi teatri e degli spazi culturali, chiusi da più di un anno e, in molti casi, per quanto riguarda la città di Cosenza, già inattivi da molto più tempo. Il Teatro Rendano (che nel silenzio generale rischia di perdere il suo status di Teatro di Tradizione, acquisito nel lontano 1976), il Cinema Italia/A.Tieri (dichiarato inagibile e praticamente abbandonato dal gennaio 2020), il Teatro Morelli (da poco restituito ai legittimi proprietari, che vantano un credito di parecchie decine di migliaia di euro dal Comune di Cosenza, al momento inesigibile causa dissesto), il Teatro dell’Acquario (che da tempo aveva dovuto consistentemente ridurre la propria offerta culturale); il minuscolo Franz Teatro di Porta Piana (che probabilmente non sarà più in grado di riaprire, viste le dimensioni ridotte e la particolare conformazione dello spazio); il Piccolo Teatro e il Teatro Auditorium dell’Uni.Cal. (che si stagliano come due astronavi abbandonate, nel deserto in cui si è trasformato l’Ateneo in questi mesi): questi sono stati i luoghi scelti per denunciare le condizioni drammatiche di un settore fermo da oltre un anno ed evidentemente scandalosamente trascurato e considerato pressoché inessenziale da chi siede nelle stanze dei bottoni, sempre più spesso senza la minima consapevolezza né alcuna cognizione di causa. I lavoratori e le lavoratrici della cultura e dello spettacolo calabresi sulla scorta e in stretta collaborazione con il movimento nazionale chiedono una volta di più una riforma radicale del settore che contempli tutele e diritti per tutti e tutte, e un piano di rilancio che possa innanzi tutto prefigurare e poi gradatamente permettere una ripartenza in sicurezza di tutte le strutture. E, in ambito regionale, continuano a chiedere a gran voce – spiega la nota – quel tavolo tecnico che possa finalmente consentire un reale confronto fra gli operatori ed il Palazzo, più volte promesso e prospettato nelle diverse interlocuzioni con la politica di questi mesi, eppure mai realmente programmato né tanto meno attivato. E questa indisponibilità a rappresentare ed ascoltare nei tavoli tematici le ragioni ed i diritti dei Lavoratori, nel caso del facente funzioni Spirlì, che è soprattutto assessore alla Cultura, è, secondo il movimento Approdi, divenuta addirittura offensiva, sprezzante e provocatoria. Contestualmente al rifiuto di un tavolo tematico che è stato formalmente richiesto, promesso ma mai concesso, il Settore Cultura ha prodotto due bandi, entrambi stigmatizzati dal movimento con lettera ufficiale che ne richiedeva l’immediato ritiro, all’atto degli avvisi in pre-informativa: il primo sulla distribuzione teatrale e il secondo sui Progetti teatrali speciali, rimutuando in entrambi i bandi articoli della legge regionale del teatro in forma assolutamente strumentale ed in spregio diretto alla ratio ed agli articolati della legge. In un momento di tale emergenza e sofferenza del Settore, manifestare indifferenza verso le criticità ed orientarsi verso interpretazioni fantasiose ed incaute del dettato normativo regionale, si profila – concludono i lavoratori e le lavoratrici della cultura e dello spettacolo – come una provocazione al diritto della comunità dei calabresi di fruire di un opportuno standard di offerta culturale».

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