VIBO VALENTIA Un endorsement attivo e fornito in occasione dell’elezione del nuovo presidente della Provincia di Vibo Valentia, avvenuta nell’autunno del 2018. Gli affari e gli interessi dei fratelli Giuseppe e Antonio D’Amico, classe ’64 e ’72, entrambi fermati nel corso del blitz “Petrolmafie Srl”, nel filone dell’indagine condotta dalla Dda della Procura di Catanzaro ribattezzato “Rinascita 2”, si estendevano anche al mondo della politica locale, senza farne mistero e, anzi, ostentando in più di una circostanza la propria vicinanza all’attuale presidente della Provincia di Vibo, Salvatore Solano, non coinvolto nell’inchiesta. Fra i due fratelli è Giuseppe “Pino” D’Amico, quello più attivo nel procacciare i consensi dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della Provincia di Vibo per portare alla vittoria proprio Salvatore Solano, già sindaco di Stefanaconi, sostenuto dal centrodestra ma ormai fuori da Forza Italia da poco più di un anno. D’Amico, però, è un imprenditore di riferimento dalla ‘ndrangheta, tra gli imprenditori indicati da Raffaele Moscato quali «ditte compiacenti» che beneficiavano dell’«aggiudicazione di lavori ad imprenditori vicini ai piscopisani» e che «poi pagavano la mazzetta ai piscopisani dopo aver chiuso i lavori». Secondo gli inquirenti, infatti, è il titolare di attività finanziate anche con il denaro proveniente da varie consorterie ‘ndranghetistiche (Piscopisani, Mancuso, Alvaro, Piromalli).
Ma tra i fratelli D’Amico e Salvatore Solano c’è, innanzitutto, un legame di parentela poi un rapporto attivo di conoscenza, contatti telefonici frequenti e incontri. Ma non solo. Nel corso dell’attività investigativa degli inquirenti, infatti, è emerso come Giuseppe D’Amico si fosse impegnato a procacciare voti per il cugino Solano nei Comuni di Vibo Valentia, Capistrano, Filandari, Francica, San Nicola da Crissa e Tropea. I primi contatti avviati da Pino D’Amico risalgono già al 4 ottobre 2018, quando gli inquirenti captano una telefonata tra Giuseppe D’Amico e Antonio Mondella, imprenditore edile, e all’epoca consigliere comunale di Francica, con delega a vicesindaco. «Come sei messo? Presidente della Provincia? (…) perché c’è mio cugino, Solano, di Stefanaconi» chiede D’Amico a Mondella, che risponde: «Ah, siamo là, poi ci vediamo e parliamo». Poco dopo D’Amico – è scritto nelle carte dell’inchiesta della Dda di Catanzaro – telefona al consigliere comunale di Vibo, Francescantonio Tedesco, per informarlo della candidatura del cugino. «Ti volevo solo dire che il candidato alla provincia è mio cugino … di sangue». «Auguri a lui», risponde il consigliere ridendo, provocando subito la risposta di D’Amico: «ma senza di te che auguri a lui … auguri al ca**o … che facciamo coglioneggiamo?». In quella stessa giornata, D’Amico riceve poi la telefonata di Francesco Damiano Muzzopappa, all’epoca consigliere comunale di Filandari. D’Amico lo informa circa la candidatura di Solano: «Oh Fra’ sai perché ti … ti … ti disturbavo? […] il sindaco di Stefanaconi che è presentato a presidente della Provincia […] è mio cugino… cioè la sua mamma e mio papà fratello e sorella». Poi lo stesso D’Amico propone un incontro a Muzzopappa per parlare della cosa, specificando: «Sappi che io te lo metto nelle tue mani […] è un bambino che ti posso dire dolce… lo devi portare avanti».
«Stiamo lavorando nel nostro piccolo … umilmente […] e facciamo la parte nostra […] tu fai la parte tua e non ti preoccupare». È Salvatore Solano, in una conversazione captata dagli inquirenti, a spiegare al telefono l’andamento della campagna elettorale al cugino Pino D’Amico. Poi fanno i conti su chi effettivamente potevano fare affidamento e così Solano chiede al cugino di fare quanto possibile per avvicinare Pasquale Fera, imprenditore in contatto con i D’Amico, consigliere comunale di San Nicola da Crissa, in precedenza già sindaco di quello stesso Comune e già vicepresidente della Provincia di Vibo Valentia. E poi l’incontro avuto con Muzzopappa, l’appoggio di Tedesco, senza tralasciare l’accordo telefonico con Mondella su Francica, insomma, non manca proprio nessuno.
«Senti io ero al telefono con il Sindaco di Filandari… con il mio Sindaco […] io gli ho detto che avevo già impegni […] assunti con te personalmente […] per quanto riguarda Solano». È ancora Muzzopappa a telefonare il 24 ottobre 2018 a Giuseppe D’Amico, per rassicurarlo circa l’appoggio della candidatura di Solano da parte del sindaco di Filandari. Poco dopo lo stesso D’Amico riceve una telefonata dal cugino Solano, al quale riferisce – si legge nelle carte dell’inchiesta – di aver preso appuntamento per l’indomani pomeriggio per andare a prendere un caffè col vicesindaco di Filandari; di essersi accaparrato il supporto di Pasquale Fera e di tale “Marco” ovvero Marco Pio Martino, sindaco di Capistrano; di aver ottenuto anche l’appoggio di Giovanni Macrì, sindaco di Tropea e anche l’appoggio di Carmela Valia, all’epoca Consigliere Comunale di Vibo Valentia, e cognata di Pietro Giamborino.
Conti alla mano, dunque, l’appoggio degli amministratori alla candidatura a presidente della Provincia di Vibo sembra ormai una formalità. Il giorno del voto, il 31 ottobre 2018, D’Amico chiama Solano per confrontarsi e iniziare a fare le prime previsioni in vista dell’ormai imminente risultato. Nel dialogo captato dagli inquirenti, entrambi fanno riferimento ad una “prova fotografica del voto”. «Gli ho detto “Se non gli mandi la foto a mio cugino sappi ti dico”… però non devi parlare … ti dico che ti devi stare quieto» dice D’Amico a Solano. Prova fotografica che – scrivono gli inquirenti – Solano aveva già ricevuto dal sindaco di Capistrano, Marco Martino. «Capistrano ci ha votato … Marco mi ha mandato la foto … il sindaco». Inoltre, nel corso della telefonata Giuseppe D’Amico, sottolineano gli inquirenti, mostra un vivo interesse attraverso espressioni quali “vinciamo”, “ci vota”, “dobbiamo prendere”. L’importante per D’Amico era però l’elezione di Solano a presidente: «a me mi interessa il Presidente, oh Salvatore… dobbiamo fare le cose con il Presidente (…) che poi le altre cose le aggiustiamo». Quello stesso giorno Salvatore Solano verrà eletto presidente della Provincia di Vibo Valentia con ben 50.948 voti contro i 37.926 di Antonio Schinella, sindaco di Arena.
L’impegno a cercare voti e consensi da una parte, dall’altra Giuseppe D’Amico spingeva per ottenere dal cugino e neo eletto presidente della Provincia di Vibo favori in merito alla futura fornitura di bitume. «Vedi che il bitume te lo do io» dice D’Amico a Solano, che gli risponde: «Va bene … quando ci sono i soldi». L’occasione di presenta qualche giorno dopo, quando Solano sollecita il cugino per dei lavori da effettuare a Sant’Onofrio. «Ah Peppe – dice Solano a D’Amico – adesso a parte le coglionette […] un po’ di misto lo puoi mandare […] a Sant’Onofrio tra la Morsillara e Stefanaconi». «Eh se mo te lo do a te glielo do agli altri! me ne fotto degli altri (…) eh Salvatore ma io con te vado a perdere…» gli risponde D’Amico. Solano, evidentemente preoccupato su possibili risvolti, dice al cugino: «Eh ma intanto io come ti pago a te che ci arrestano il giorno dopo…», «ma mandagli cinquemila euro ai carcerati» gli risponde il cugino, suscitando una risata al neo eletto presidente della Provincia. «Mandagli cinquemila euro ai carcerati per questo Santo Natale … panettone per tutti … lo fai? (…) tu poi gli mandi un panettone al carcere di Vibo a tutti (…) dici “l’amministrazione provinciale … eh … saluta i detenuti” ecco». Questo quanto dice D’Amico al cugino, che risponde: «eh… il mattino ho lo scioglimento (…) senza che fai niente certe volte ti sciolgono davvero».
Nel corso di un pranzo organizzato in un locale di Sant’Onofrio, l’11 dicembre 2018, i commensali presenti, tra cui proprio Giuseppe D’Amico e Salvatore Solano, discutono anche della possibilità di entrare in una non meglio precisata loggia massonica di Lamezia Terme. Solano – si legge fra le carte dell’inchiesta della Dda – riferisce di un non meglio precisato “comandante” che, giorni prima, si era rifiutato di partecipare ad una processione per via della presenza di alcuni soggetti evidentemente controindicati. Nel corso della conversazione, Solano riferisce di essere stato chiamato ed invitato ad entrare in una loggia, precisando però di aver declinato l’invito: «L’altro giorno mi ha chiamato se voglio entrare […] eh a me gli ho detto “che c**zo devo entrare?” […] non è il momento… ma non valgono niente più… non è passaggio buono adesso in questa fase […] io voglio stare libero». A questo punto gli risponde il cugino D’Amico, dicendo di essere stato lui a caldeggiare la sua posizione: «Franco? … Franco? … a Franco gliel’ho detto io per te… a te ti serve per un altro fatto là (…) tu devi andare», ribadendo la convenienza che sarebbe derivata dall’adesione alla loggia. (redazione@corrierecal.it)
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