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«Contro il Covid serve uno scatto del sistema pubblico»

La FDA (Food and drug administration) impone negli Stati Uniti la sospensione del vaccino Johnson&Johnson, dopo alcuni casi di impropria coagulazione post inoculazione, contribuendo a generare…

Pubblicato il: 13/04/2021 – 15:41
di Ettore Jorio*
«Contro il Covid serve uno scatto del sistema pubblico»

La FDA (Food and drug administration) impone negli Stati Uniti la sospensione del vaccino Johnson&Johnson, dopo alcuni casi di impropria coagulazione post inoculazione, contribuendo a generare qualche preoccupazione in più e a sottrarre qualche speranza agli sfiduciati dalla penosa esperienza Astra-Zeneca.
La tavolozza dei colori, usata per dipingere le regioni, fa assumere alle stesse immagini temibili, conseguenze diversamente sopportabili e aspettative negate.
Due eventi che fanno tremare i polsi, specie con il diffuso arancione, attesa l’inefficienza dimostrata sino ad oggi dal sistema della salute a generare una efficiente macchina difensiva dal Covid-19. Oggi emergenziale, che ha tuttavia necessità di essere strutturata per i prossimi anni.
Una realtà nei confronti della quale implode nel Paese un dissenso sempre più esasperante, tanto da suggerire la generazione di comprensibili azioni di responsabilità. Iniziative oramai più che verosimili, non affatto campate in aria, attesi i ritardi, le colpe commissariali, gli errori di ipotesi e le campagne vaccinali che hanno fatto e continuano a fare flop ovunque.
In una tale situazione, i sindaci, autentici baluardi dell’amministrazione pubblica di prossimità, hanno affievolito il loro ruolo di comprimari lottatori, limitandosi a divenire interpreti dei disagi generalizzati e, a volte, territorialmente specifici. Dal loro doppio compito di primi cittadini, protagonisti delle amministrazioni locali, e di massime autorità sanitarie locali ci si sarebbe, francamente, aspettato un po’ di più. Vi è comunque certezza che arriveranno, di qui a poco, a pretendere di più. Oggi più che mai, specie laddove diventa verosimile la deportazione fuori regione degli ammalati per assoluta assenza dei posti letto.
Nel punto in cui siamo arrivati, è tutto il sistema pubblico a dovere fornire una migliore prova di sé. Uno Stato che dovrà impegnarsi ad assicurare alle Regioni l’assistenza necessaria per fare sì che la sua competenza esclusiva di «profilassi internazionale» (Corte cost. 37/2021) rintracci ivi l’adeguata collaborazione attuativa, uniformemente e unitariamente. Le Regioni che sappiano fare il loro dovere mettendo da parte i troppo frequenti rilanci promozionali del loro operato, ovunque discutibile, sino ad arrivare a scenografie finanche improprie. Le Città metropolitane e i comuni da considerarsi, francamente, i grandi assenti di questa difficile guerra che colpisce e decima sensibilmente le loro collettività, ree di non avere mai preteso le giuste barriere protettive che la Repubblica non è stata capace neppure di imporre attraverso un piano pandemico, obsoleto perché fermo al 2006.
Del resto, è giocoforza che tutto ciò avvenga. Che si realizzi quell’unità istituzionale, quella pretesa dalla Costituzione, che è fino ad oggi mancata, fatte salve le belle parole cui nessuno si sottrae, prescindendo dal lasciare le cose come sono.
I problemi che l’epidemia in atto determina sono tanti e potenzialmente destabilizzanti. In quanto tali suscettibili delle più svariate iniziative, più o meno speculative. Non ultime quelle di fare partire class action ovunque e contro chiunque.
Le conseguenze sarebbero notevoli: la negativa esposizione mediatica, con ricadute pesanti sulla credibilità del sistema della salute in generale, ma soprattutto il pericolo di subire decisioni amministrative e provvedimenti ordinari con a valle verosimili risarcimenti multi (multi) milionari.

*Unical

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