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“Spaccio alimentare” con vista sulla ‘ndrangheta

I clan dietro la scalata del gruppo Cambria alla Grande distribuzione. I 13 supermaket e gli incroci societari con il commercialista legato alle cosche. «Ho tutte le famiglie: Pesce, Arena, Rao»

Pubblicato il: 21/04/2021 – 14:33
di Pablo Petrasso
“Spaccio alimentare” con vista sulla ‘ndrangheta

REGGIO CALABRIA Se il commercialista Tiberio Sorrenti è considerato dalla Dda di Reggio Calabria «organicamente inserito nella cosca Pesce», Rocco Cambria rappresenta la figura dell’imprenditore «costretto a sottostare alle regole che la ‘ndrangheta stabilisce» ma, al tempo stesso, aderisce ai modelli operativi dei clan e «trae importanti vantaggi per la propria attività, potenziandone la capacità operativa». “Spaccio alimentare” è un’insegna che i calabresi hanno visto apparire, negli scorsi anni, per le vie delle città. Marchio legato al “gruppo Cambria”, colosso siciliano della grande distribuzione organizzata. 

La ditta “pulita” per scansare le indagini

Lo stesso gruppo che, per i magistrati antimafia guidati da Giovanni Bombardieri, sarebbe stato «mosso dal doppio binario di ottenere, da un lato, la “tranquillità” di poter operare in Calabria e dall’altro la sicurezza di non avventurarsi in rapporti imprenditoriali “compromettenti”». È per questo che l’azienda si appoggia a una ditta di autotrasporti «apparentemente “pulita” e “affidabile”, ma in realtà ben voluta dalla cosca Pesce» (si tratta, per l’accusa, della “Autotrasporti Messina di Messina Antonio”), che finisce così per controllare l’intero settore dei trasporti su gomma del centro di distribuzione degli alimenti. 

Il via vai “criminale” nello studio del commercialista

L’accordo stipulato dal gruppo imprenditoriale siciliano con la ‘ndrangheta sarebbe stato, però, «più ampio», e avrebbe coinvolto «quanto meno anche la famiglia Cacciola, cui venivano corrisposte periodicamente delle somme di denaro in quanto i locali dello spaccio alimentare di Rosarno ricadevano sotto la sua zona di influenza». Il trait d’union tra il clan e l’impresa era proprio Sorrenti. Tenendo sotto controllo l’ingresso del studio, gli inquirenti notano «un andirivieni di diversi soggetti orbitanti nel circuito delle organizzazioni criminali». C’è lo zio dei Pesce “Testuni” (che è anche suocero di due detenuti), c’è il nipote del boss detenuto Vincenzo Pesce “U pacciu” che entra sei minuti prima di un nipote acquisito di Giuseppe Pesce. Nello stesso pomeriggio arrivano altri membri della famiglia mafiosa. E altri ancora – alcuni considerati affiliati, altri contigui alla cosca – gravitano (il monitoraggio risale addirittura al 2012) attorno all’attività professionale del colletto bianco. 

Gli incroci societari

Quelle frequentazioni sono il passepartout per gli investigatori: dalla captazione delle conversazioni telefoniche di Sorrenti agli interessi della ‘ndrangheta per la Grande distribuzione il passo è breve. Sono, infatti, «frenetici» i contatti tra il commercialista e i membri («titolare e dipendenti») del gruppo Cambria «per questioni concernenti la gestione e/o l’apertura di più supermercati dislocati sull’intero territorio calabrese». Le visure camerali aiutano a chiarire il contesto. Lo stesso Sorrenti, infatti, ha quote nella società “C S Calabria srl”, «proprietaria all’epoca di tre supermercati a insegna “Spaccio alimentare”» tra Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria. Al professionista calabrese va il 30% del capitale, mentre il resto appartiene alla “Ca.Me.S.S srl”, «società questa – all’epoca – controllata dalla “F.lli Cambria spa”, società capo-holding dell’intero gruppo». I siciliani, però, si allargano in Calabria, fino ad acquisire, per la prima volta nel 2009, la gestione diretta di un supermercato a Rosarno. È la società “Supermarket l’Isola srl”, a Rosarno, ad acquisire da “Gsm – Gestione Super Mercati srl” il ramo d’azienda relativo al commercio al dettagli di prodotti alimentari e non alimentari al prezzo di 320mila euro. I locali di quella struttura erano di proprietà di una società le cui scritture contabili sono ancora tenute da Sorrenti. 

La scalata della holding siciliana 

Il “gruppo Cambria” inizia la sua strategia di “attacco” (commerciale) in Calabria: Catanzaro, Reggio Calabria, Cosenza. Questa escalation raggiunge l’apice nel 2014, quando, oltre al centro di distribuzione a Rosarno, i punti vendita sono 13, ai quali si aggiunge «la somministrazione dei numerosi punti vendita a insegna “Ipersimply” in ragione della sinergia creata con il gruppo multinazionale Sma». Sorrenti entra anche nel collegio sindacale del gruppo siciliano: per i magistrati è un’operazione «del tutto sospetta», visto che agli imprenditori non serviva il suo apporto, specie in una postazione dalla quale avrebbe potuto effettuare «un controllo incisivo sull’assetto organizzativo e contabile dell’intera holding». L’«improbabile figura» avrebbe nascosto, in realtà, «gli interessi della cosca Pesce nella gestione della Grande distribuzione organizzata riferibile ai supermercati affiliati alle società appartenenti al gruppo Cambria dislocati in tutta la Calabria». 

«Ho tutte le famiglie: Pesce, Arena, Rao»

Il commercialista è un uomo dai molti talenti. Tra questi c’è la capacità «di acquisire notizie riservate sulle indagini in corso». I fatti risalgono ancora al 2012: quando i finanzieri di Gioia Tauro effettuano un controllo nel suo studio avanzando richieste sulle società impegnate nella Gdo, Sorrenti si insospettisce e convoca un militare della guardia di finanza in congedo. Nel corso di una conversazione registrata – è la sintesi degli inquirenti – il professionista ammette «immediatamente di essere il “contabile” di riferimento e di fiducia delle cosche rosarnesi». «Ho tutte le famiglie – dice – Pesce, Arena, Rao», richiamando «la vicenda dell’esercizio commerciale “Extyn” già sequestrato nell’aprile 2011 nell’ambito dell’operazione “All clean” e nel cui asset societario figurava Francesco Pesce “Testuni”». L’amico cerca spiega a Sorrenti che «forse ci sono accertamenti» e cerca anche di rasserenare il proprio «compare poiché lui poteva contare sulle confidenze di colleghi in servizio».
«C’è gente che non si fa i cazzi suoi!», sintetizza l’ex militare, e il commercialista replica che non può «mettere alla porta clienti del calibro dei Cacciola o dei Pesce», poi commenta «come fosse facile raggirare le previsioni normative in tema di intestazione fittizia di società, ricorrendo a uno schema di vorticose compravendite tra più soggetti e molto ravvicinate nel tempo (“giri… passaggi veloci”) che, tra l’altro, garantivano la non tracciabilità dei pagamenti». Molti talenti e molti clienti “imbarazzanti”: un piccolo compendio di come ci si muove nella zona grigia. (p.petrasso@corrierecal.it)

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