LAMEZIA TERME «Saverio Razionale mi ha detto che all’avvocato Giancarlo Pittelli andava a trovarlo addirittura in Austria e all’ingresso di una sua dimora aveva scritto a terra il nome e cognome d’oro. Poi se è una millanteria non lo so». Proseguono, nell’aula bunker di Lamezia Terme, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Andrea Mantella nell’ambito del processo “Rinascita-Scott” istruito dalla Dda di Catanzaro contro le pervasive cosche del Vibonese e i loro addentellati nell’ambito del mondo politico, professionale e istituzionale. Addentellati talmente stretti da permettere in una occasione al boss di San Gregorio D’Ippona, Saverio Razionale, di recarsi in tribunale a Vibo Valentia per andare a prendere a schiaffi l’allora procuratore della Repubblica Laudonio “reo” di non avere avvisato il boss che il suo telefono di casa era stato messo sotto controllo. «Laudonio era intraneo al clan Mancuso – dice Mantella – con referente Antonio Mancuso e Pantaleone Mancuso alias “Vetrinetta”». Dopo quell’episodio, al quale era presente un commissario, secondo Mantella «Laudonio non ha potuto fare a meno di denunciare Razionale». Il capocosca venne condannato a 8 mesi di carcere parte dei quali li trascorse nel carcere di Vibo dove era anche detenuto Peppone Accorinti, boss di Zungri. Entrambi volevano comandare nel carcere ed entrambi, racconta Mantella, sono stati trasferiti. Razionale finì a Paola dove condivise parte della detenzione proprio con Andrea Mantella. Accorinti, da parte sua, vide come un oltraggio il trasferimento e aveva in animo di fare strangolare il comandante della polizia penitenziaria di Vibo.
Fu Razionale a suggerire a Mantella di nominare, in una occasione, l’avvocato Pittelli. Saverio Razionale raccontò l’episodio del nipote Gregorio Gasparro e di Biagio Vinci ai quali avevano trovato droga e armi durante una perquisizione. In quella occasione Giancarlo Pittelli andò personalmente a parlare al Tribunale di Vibo Valentia con l’ex giudice di Vibo Patrizia Pasquin (non è imputata né indagata). Mantella racconta che mentre Pittelli parlava col giudice, Razionale era dietro la porta rispetto all’ufficio della Pasquin. Poi Pittelli uscì e chiese a Razionale: «Decidi tu a chi ci dobbiamo portare a casa. A quel punto Razionale scelse di tirare fuori il nipote. E Gregorio Gasparro è stato scarcerato». Mantella riferisce anche l’episodio di Rosario Fiarè, capo ‘ndrangheta di San Gregorio, incolpato per abigeato insieme a un tale Pannace. Anche in questo caso la situazione è stata aggiustata sempre per mezzo dell’avvocato Pittelli. «Giancarlo Pittelli si è sempre rapportato nel Vibonese con i Mancuso, con Rosario Fiarè, Saverio Razionale, e con i Lo Bianco. È stato sempre visto come una persona che aggiustava i processi su Catanzaro. Tanto è vero che io, in prima persona posso dire che Michelino Patania, alias “Ciccio Bello”, grazie all’intervento dell’avvocato Giancarlo Pittelli l’ha fatta franca. Giuseppe Barba, alias Pino Presa, grazie all’avvocato Pittelli l’ha fatta franca».
«Poi – prosegue Mantella – si era messo in moto un sistema durante il procedimento Nuova Alba contro l’associazione mafiosa Lo Bianco-Barba. Era un sistema di compravendita. Si è scatenata una valanga di malattie, tanto che alla fine, scherzosamente, si diceva che avevano arrestato un ospizio perché eravamo tutti malati. Nazzareno Lo Bianco “Giacchetta” aveva il mal di denti, uscì dal carcere, grazie al dottore Facciollo, altro intraneo al clan Lo Bianco Barba, pure lui massone deviato. Enzo Barba col mal di schiena andò agli arresti domiciliari: in carcere prende una stampella poi fuori va a giocare a tennis. Io avevo la depressione. Alla fine siamo tutti usciti e andati ai domiciliari. Tra gli avvocati il capo della congrega era sempre Pittelli e faceva questa distribuzione e organizzava questa compravendita di sentenze. La congrega era questa: Staiano, Torchia, Pittelli, un altro avvocaticchio di Lamezia Terme figlio di un magistrato». Questo il sistema che Mantella descrive e che dichiara di avere vissuto in prima persona nel corso del procedimento Nuova Alba. Tra i nomi che fa il solo indagato in Rinascita è l’avvocato Pittelli, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Mantella parla di «un sistema di avvocati e periti che ce la siamo cavata tutti praticamente. Dove non è intervenuto Pittelli direttamente come difensore, si scambiavano i favori. In quel momento storico coloro che aggiustavano di più la situazione, in particolare, erano l’avvocato Anselmo Torchia e Pittelli. Si era messa in moto una catena di periti, avvocati… questo era…».
Nel 2016, poco dopo il suo pentimento, Andrea Mantella viene sentito alla Dia di Napoli. Nessun magistrato, niente avvocato, solo due soggetti: uno bassino che Mantella ricorda brizzolato (a verbale ricordava che avesse i capelli neri) e un altro alto e coi capelli rossi. Quello che Mantella – allora fresco collaboratore ma dal potenziale esplosivo – ricorda sono le domande, fuori registrazione, dell’uomo bassino. L’interrogatorio registrato durò pochi minuti, il tema era un tale Sgromo, un testimone di giustizia del quale Mantella non sapeva nulla. Quello che sembrava attirare maggiormente l’interesse dell’uomo bassino erano le chiacchierate a microfoni spenti sul tema colletti bianchi. «Non gliene fregava niente degli ‘ndranghetisti – dice Mantella – cercava di sapere chi fossero i professionisti, spostava l’argomento sui colletti bianchi. Mi è stato chiesto anche dei magistrati, io ho fatto anche il nome di Petrini. Ho detto che Pittelli era parte del sistema della corruttela che c’era a Catanzaro insieme a Staiano e a Torchia. Mi è stato chiesto perché la Procura di Gratteri mi aveva convinto a collaborare, se mi avessero fatto qualche proposta particolare. Io risposi che non avevo ricevuto nessuna proposta ma avevo agito in autonomia. Mi hanno chiesto di Staiano, di Torchia, di Pittelli, dell’avvocato Giuseppe Di Renzo. Erano curiosi di sapere perché avevo collaborato con i carabinieri e non con il dottor Turi della Dia di Catanzaro». Uno strano incontro che più tardi Mantella commenterà con gli uomini della sua scorta. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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