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Processo Gotha, l’accusa: «Caridi venne eletto con il sostegno della ‘ndrangheta»

Nella requisitoria della pm Pantano l’elezione al consiglio regionale dell’ex senatore e le «contropartite accordate alle cosche»

Pubblicato il: 13/05/2021 – 19:37
di Francesco Donnici
Processo Gotha, l’accusa: «Caridi venne eletto con il sostegno della ‘ndrangheta»

REGGIO CALABRIA Quello del pubblico ministero Giulia Pantano è il racconto di «una politica al servizio della ‘ndrangheta». La requisitoria del processo “Gotha”, che vedrà concludersi il prossimo 14 marzo la tre giorni del sostituto procuratore Stefano Musolino, ha visto questo pomeriggio il racconto del filone relativo all’inchiesta “Alchemia”, risalente all’estate del 2016 (processo con rito abbreviato giunto alla pronuncia d’appello lo scorso febbraio 2020) che vede al centro gli affari del clan “Raso-Gullace-Albanese” tra la Calabria e la Capitale. Figura chiave è l’ex senatore Antonio Caridi, la cui elezione al consiglio regionale nel 2010 sarebbe stata favorita dalle “famiglie” della Piana, che «a fronte dei voti portati al politico, ricevettero una serie di contropartite».

Il clan di Cittanova e il sostegno a Caridi

Il pubblico ministero introduce il tema richiamando i rapporti tesi tra le diverse anime del clan di Cittanova. A tenere le interlocuzioni col politico, nello specifico, sarebbe stato «l’imprenditore mafioso» Girolamo “Jimmy” Giovinazzo, «in costanti rapporti con tutti gli altri esponenti delle “famiglie”».  Giovinazzo, assolto nel primo grado del processo “Alchemia” dal Tribunale di Palmi, si è visto sequestrare, a gennaio 2021, beni per un ammontare di oltre 20 milioni di euro.
Dal racconto, dice Pantano: «Viene fuori uno spaccato tristissimo perché si capisce che per il tramite del politico Caridi e Giovinazzo ci si poteva aggiudicare gare o vincere concorsi pubblici». Sarebbe il frutto, questo, di «una politica costretta a dire sempre sì a fronte dell’aiuto ricevuto in fase elettorale».
L’accusa si riferisce al periodo tra il 2009 e il 2010. «Quando Caridi decise di presentarsi alle regionali, la cosca entrò in campo per sostenerlo». Le prove raccolte, secondo il pm, non lascerebbero dubbi su questo sostegno. Al contempo risulterebbe evidente «la consapevolezza del Caridi di chi fossero i suoi interlocutori». E non solo la “fama” ma anche i metodi di raccolta dei voti sarebbero stati noti al politico. «Antonio Caridi era presente quando Giovinazzo telefonò all’impiegato dell’“Hotel Principessa” per chiedere di indire una riunione dicendo “se qui non escono i voti per Caridi vanno tutti a casa”». Nella ricostruzione del pm Giovinazzo avrebbe minacciato i suoi dipendenti – nella struttura anch’essa oggetto del sequestro citato – di “mandarli a casa” qualora non avessero votato per Caridi. «Talmente forte era la potenza di questa cosca – aggiunge Pantano – da costringere il segretario di un partito che non avrebbe potuto appoggiare Caridi, a rivedere la sua posizione a fronte di accordi presi in precedenza».

L’elezione di Caridi

La raccolta dei consensi a sostegno della candidatura di Caridi veniva perpetrata anche mediante alcune «iniziative elettorali», molte delle quali organizzate da Giovinazzo nei locali delle strutture a lui riferibili, come l’Hotel Principessa. «In un’occasione era presente anche Carmelo Mullace» circostanza che secondo il pm rendeva evidente come questi incontri fossero «per uno scambio elettorale politico-mafioso».
«Era chiaro che Caridi fosse sostenuto dai voti della ‘ndrangheta» tanto che al momento della sua elezione «c’è la gioia massima all’interno della cosca».
«Caridi non solo entra in consiglio regionale, ma ottiene anche l’assessorato alle Attività produttive. In quel frangente si può evidenziare come Giovinazzo sapesse in anticipo che Giuseppe Ielo – portaborse di Caridi – avrebbe ricevuto un ruolo di funzionario».

Le contropartite

«A fronte del voto “portato” a Caridi dalle cosche, iniziano le contropartite».
Aspetti e dinamiche che riportano l’attenzione sulla base operativa dei “Raso-Gullace” nella Capitale. L’interesse verso alcuni appalti avrebbe condotto il clan a «interloquire con Caridi affinché organizzasse degli incontri con un onorevole di Roma». Secondo il pm costui sarebbe il deputato, già sottosegretario del governo Berlusconi, Giuseppe Galati come si evincerebbe da una intercettazione, sebbene lo stesso abbia negato il suo coinvolgimento. «Gli incontri sarebbero serviti per sfruttare il potere politico dell’onorevole per dare il via libera a questi lavori».
«Emerge in questo quadro come la regia delle operazioni dipendeva dall’intermediazione dell’onorevole Caridi» che si sarebbe estrinsecata attraverso Peppe Ielo, «la sua “longa manus” su Roma».
«Se le cose continueranno ad essere così, nulla cambierà» dice il pubblico ministero che introduce, tra le contropartite esatte dalle cosche, anche il tentativo di alterare una serie di concorsi pubblici. «Francesco Mullace viene contattato per raccomandare una persona che voleva ottenere un impiego a Roma così viene attivato Caridi. Fatto sta che vince il concorso classificandosi 73esima». Simile è il caso di un’altra donna che «nel tentativo di ottenere l’abilitazione come immobiliarista si vede a casa di Raso, lo paga e questi interessa indirettamente Caridi. Anche qui il concorso viene superato». Ma tra queste c’è anche la vicenda della nipote di Girolamo Raso che doveva essere «inserita» alla facoltà di Odontoiatria di Roma o i casi in cui Giovinazzo avrebbe provato a svincolarsi dalle pretese creditorie dell’Agenzia delle Entrate nei confronti delle sue aziende «attivando il cognato di Caridi».

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