CATANZARO Fernando e Antonio Poerio, grazie ai rapporti con Muraca «si sono aggiudicati gli appalti delle mense scolastiche nel comune di Isola Capo Rizzuto». A parlare è il neo collaboratore di giustizia Domenico Mercurio, 51 anni, originario di Isola Capo Rizzuto ma residente da anni a Lavagno, in Veneto. Mercurio viene considerato il broker della cosca Arena a Verona, l’uomo con il compito di “lavare” i soldi provento delle attività illecite.
Il collaboratore lo scorso 14 maggio si è trovato a registrare le proprie dichiarazioni davanti al sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Domenico Guarascio. Dichiarazioni che sono state messe agli atti del processo d’Appello “Jonny” contro le cosche Arena e Nicoscia di Isola Capo Rizzuto e il monopolio che queste avevano instaura in diversi settori economici. Secondo l’accusa Antonio Poerio classe ’71 (20 anni in primo grado), Ferdinando Poerio (19 anni e 4 mesi in primo grado) e Angelo Muraca (16 anni e 8 mesi in primo grado) sono considerati «organizzatori della consorteria Arena, ruolo eseguito per il tramite della gestione dei subappalti conferiti dalla Misericordia di Isola Capo Rizzuto e relativi all’erogazione del servizio mensa per il centro di accoglienza di Sant’Anna, nel corso dei quali, per il tramite di una serie di reati distraevano cospicui capitali verso la bacinella della consorteria».
Domenico Mercurio racconta di avere lasciato la Calabria a 14 anni ma di esservi tornato ogni estate e avere mantenuto rapporti d’amicizia con Antonio Poerio, detto “pecora zoppa” sin da quando erano bambini. Racconta che i due cugini Antonio e Fernando Poerio hanno cominciato la loro attività con una pizzeria a Isola Capo Rizzuto, che Fernando Poerio, nel frattempo, svolgeva le mansioni di cuoco presso il Valtur di Isola Capo Rizzato e successivamente i due hanno acquistato una locanda con i soldi guadagnati da questa pizzeria.
Secondo il collaboratore, i due cugini da 20 anni sono in società con Muraca aggiudicandosi gli appalti delle mese scolastiche.
«Ricordo che Antonio Poerio mi disse che l’aggiudicazione di questi appalti era stata resa possibile dall’intervento di Leonardo Sacco e di don Edoardo Scordio, che avevano rapporti con gli esponenti del Comune di Isola Capo Rizzuto. Non so dire, all’epoca, quali fossero questi rapporti ma, recentemente, per ciò che concerne sempre le mense scolastiche, so che i rapporti venivano tenuti direttamente con il sindaco Gianluca Bruno, per altro molto amico di Antonio Poerio». Mercurio racconta che Antonio Poerio gli chiese di fare campagna elettorale per Gianluca Bruno e per un suo parente di nome Pasquale che faceva il pizzaiolo e che «ricordo che questo ragazzo divenne poi assessore». Il broker racconta di essersi sempre occupato di politica nel Veronese e per aiutare Antonio Poerio scese a Isola Capo Rizzuto con un amico e spinse tutti i suoi parenti a votare per il pizzaiolo e per Gianluca Bruno (Bruno non è imputato, il consiglio comunale è stato sciolto per infiltrazione mafiosa a novembre 2017).
Sempre grazie a Sacco, ex governatore della confraternita delle Misericordie (17 anni e 4 mesi in primo grado), Antonio Poerio, Fernando Poerio e Muraca si erano aggiudicati il subappalto per la fornitura dei pasti presso il centro di accoglienza per richiedenti asilo, Cara, di Isola Capo Rizzuto (in foto). «Poerio mi diceva – racconta Mercurio – che Leonardo Sacco, insieme a don Edoardo Scordio (14 anni e 6 mesi in primo grado, ndr), avevano adottato un sistema per far fuoriuscire denaro inerente questi appalti, e consegnarlo agli esponenti» delle famiglie Arena e Nicoscia.
«Antonio Poerio mi disse – spiega Mercurio – che, rispetto all’intero subappalto, lui, unitamente al cugino Fernando ed a Muarca, ne consegnava un dieci per cento a Sacco e a colui che Poerio mi diceva che era in società con Sacco, Don Edoardo Scordio. Ulteriormente, Poerio mi spiegava che le famiglie Arena e Nicoscia avevano indicato degli ulteriori subfomitori da cui l’azienda dei Poerio, che doveva preparare i pasti, dovevano rifornirsi. Si utilizzava, quindi, un sistema di sovrafatturazione del 10 per cento, tra quanto pattuito verbalmente e quanto contrattualizzato tra l’azienda dei POERIO e di Muraca ed i subfornitori. Con successivi prelievi e/o dazioni in contante, da parte dei subfomitori, cadenzati in modo da non creare sospetto, si restituiva il 10 per cento ai Poerio ed a Muraca e questi, poi, lo destinavano ai rappresentanti delle famiglie Arena e Nicoscia. Ripeto, è stato Antonio Poerio a dirmi queste cose ed a dirmi di come questo sistema fosse stato ideato da Sacco e dal suo socio in affari, Don Edoardo Scordio. Anche il 10 per cento, che i Poerio e Muraca destinavano, in prima battuta, a Sacco ed a Scordio, veniva fuori da queste sovrafatturazioni. Considerate, infatti, che, rispetto ad un rapporto commerciale, spesso si fatturano anche le cosiddette “varianti”, ossia ordinativi che magari non sono stati precedentemente contrattualizzati. Con queste varianti si faceva fuoriuscire il contante, in prima battura, destinati a Sacco e al sacerdote».
Un modo per omaggiare il governatore delle Misericordie Leonardo Sacco e il sacerdote don Edoardo Scordio era quello, da parte dei Poerio, di non pretendere alcun compenso per i pasti destinati alle suore, «in questo caso – specifica il collaboratore – la qualità dei pasti era molto migliore rispetto a quelli forniti agli immigrati». «Sul rapporto con le suore aggiunge Domenico Mercurio –, posso dirvi che, la stessa locanda dei Poerio, inteso lo stabile, era di proprietà delle suore e loro lo acquistarono dalle stesse».
Se il collaboratore Giuseppe Giglio, un tempo legato alla cosca Grande Aracri di Cutro, a suo tempo ha parlato di Domenico Mercurio e delle sue false fatturazioni, oggi Mercurio racconta della sua conoscenza con Giglio, conosciuto nel 2013/2014 al «bar Bauli posto all’uscita di Verona Sud, da intendersi quale luogo di ritrovo abituale per noi calabresi».
Giglio si presentò con Pasquale Riillo col quale Mercurio aveva un debito di 140mila euro «che non riuscivo a pagare in quanto la banca aveva bloccato tutti i miei conti, revocandomi il fido». In quella occasione Giglio disse a Mercurio che i soldi che gli aveva dato Mercurio erano in realtà i suoi. «Io dissi loro di non preoccuparsi, perché sarei andato giù a Isola e mi sarei fatto anche prestare i soldi da Tonino Poerio detto “pecora zoppa”» che gli doveva pagare il residuo per la posa di un pavimento in resina.
Domenico Mercurio è stato assolto nel processo “Jonny” con rito abbreviato e si trova ora imputato nel processo d’appello. È, inoltre, imputato nei processi “Taurus” e “Isola scaligera” della Dda di Venezia con la quale collabora dall’agosto 2020. Delle sua attività racconta: «Io ho sempre operato nella zona del Veronese apprestando false fatture per grossi gruppi imprenditoriali. Compravo il denaro anche dalla famiglia Giardino di Isola residente a Verona, legata alle famiglie Grande Aracri, Arena e Nicoscia, in particolare i Giardino di Verona sono legati a Pasquale Arena detto “Nasca”. Fatturavo all’incirca 250 mila euro ai mese, ricevendone in cambio, dagli imprenditori che fruiscono della fatturazione, il 35 per cento iva compresa. Operavo in false fatturazioni anche con Pasquale Rullo, nei termini che ora vi dico: gli ho passato dei miei clienti, uno in particolare, Giorgio Chiavegato, proprietario di tante società, che svolgeva anche lavori presso l’Arena di Verona. Pasquale Rullo emetteva le fatture con la Rullo srl e poi collaborava per raccogliere il contante con Giglio e con altre persone di cui ora non ricordo il nome. Con Pasquale Rullo mi dividevo il guadagno».
«Giovanni Frustaglia lo conosco da 30 anni in quanto è un imprenditore isolitano che, però, ha operato anche a Verona nel settore edile», dice Mercurio il quale è a conoscenza di un situazione debitoria quasi cronica di Frustaglia nei confronti di Antonio Poerio.
«In un’occasione, per ripianare un debito di 100 mila euro, ricordo che Giovanni Frustaglia chiese, più volte, a Tonino Poerio, di acquistare una villetta bifamiliare al Selene, località di Isola Capo Rizzuto, a 70 metri dal mare, per un controvalore di 250 mila euro. La richiesta, posso dirvi, era in linea con il valore di mercato, tenuto conto che, a mio parere, una villetta di quel tipo, almeno 230 mila euro li vale». L’affare si concluse, racconta il collaboratore, con la vendita della villetta, che era abusiva perché su area demaniale, per 150mila euro. «Siccome Frustaglia gliene doveva 100 mila Tonino Poerio gliene versò soltanto 50 mila». Secondo Mercurio questo sistema per ripianare i debiti avveniva spesso: «Ogni qualvolta Frustaglia non riusciva a ripianare un debito con Poerio, convenivano la cessione di un bene, come il terreno ed il capannone della Quadrifoglio, ad un prezzo interiore a quello di mercato». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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