COSENZA Quando si parla di donne e di violenza di genere si leggono notizie che apparentemente hanno davvero poco in comune. Un’aggressione fisica o peggio un assassinio poco hanno a che fare con quotidiani episodi di discriminazione come una battuta sessista, un complimento non richiesto o un giudizio sbandierato ai quattro venti sul comportamento “inappropriato” di una donna. Episodi molto distanti tra loro, non solo dal punto di vista giuridico, ma anche per la gravità e per le conseguenze dei gesti in questione. Nonostante questo se si sceglie di analizzare ogni fatto di violenza di genere per comprenderne i fattori scatenanti si individueranno delle risposte comuni. Ce lo ha spiegato in un’intervista Laura Corradi la ricercatrice e docente di studi di genere e metodo intersezionale all’Università della Calabria. Fenomeni come le molestie, lo stalking e i femminicidi si possono riconoscere, secondo la ricercatrice, come la manifestazione dello stesso problema culturale. Alla base c’è una cultura patriarcale che le femministe mettono in discussione da decenni, ma che ancora la società non è riuscita a scrollarsi di dosso e che, purtroppo, spesso degenera in notizie di cronaca nera. L’ultima donna uccisa per mano di un uomo in Calabria è Sonia Lattari, accoltellata dal marito a Fagnano Castello dopo una lite rabbiosa. Qualche giorno prima, una vicenda totalmente diversa – ma sempre di stampo discriminatorio – è accaduta a Cinquefrondi. Sono state affisse per tutto il paese delle liste riportanti nomi e cognomi di donne, intitolate “la lista delle zoccole”. Un gesto denunciato da una cittadina del paese reggino sulla pagina Facebook del collettivo Fem.In.
A Cinquefrondi qualcuno ha tappezzato il paese con “la lista delle zoccole”. Cosa c’è dietro questo gesto?
«Dietro l’affissione di nomi di donne indicate come ‘zoccole’ c’è una mentalità patriarcale di vecchio tipo, tanta ignoranza e prepotenza. Ma anche la paura di perdere terreno, oggi che le ragazze, grazie al femminismo, stanno vivendo una stagione di mutamento sociale».
Cosa consiglierebbe alle ragazze di Cinquefrondi?
«Non sono qui per dare consigli, è chiaro che le donne di Cinquefrondi hanno il diritto di difendersi da questi attacchi vergognosi, di riunirsi di decidere insieme come farlo».
L’ultimo femminicidio in Calabria è avvenuto tre giorni fa, una notizia di cronaca molto diversa rispetto ai fatti accaduti a Cinquefrondi. Nonostante ciò si può individuare una relazione tra questi due episodi di violenza?
«Queste due manifestazioni di violenza, psicologica e fisica, si collocano su un continuum – da una parte la gogliardata machista, dall’altra il ricorso alla brutalità estrema – ma alla base c’è sempre la volontà di comandare, di dominare».
Quando legge sui giornali espressioni come “ammazzata per raptus di gelosia” come spiegazione di un femminicidio o “bella e impossibile uccisa dal vicino perché non poteva averla” cosa pensa? Cosa vorrebbe dire ai titolisti e ai giornalisti che usano questo tipo di argomentazioni o terminologie che tendono a giudicare la donna e a minimizzare l’azione dell’assassino?
«I media hanno una grande responsabilità nel minimizzare le problematiche legate alla violenza patriarcale (tranne quando si tratta di maschi migranti) nella spettacolarizzazione di questi fatti e nel biasimare le vittime, credo che una formazione di genere tra coloro che fanno giornalismo sia necessaria».
La sensibilità delle donne sul tema della discriminazione sta aumentando, non tutte le donne denunciano ma rispetto agli anni passati c’è un trend positivo da questo punto di vista. Per quanto riguarda, invece, la sensibilità degli uomini sui temi di genere si stanno facendo passi in avanti? Il dibattito ha più chance se non resta nelle fila delle femministe e riesce a coinvolgere anche i maschi?
«Nelle mie classi di ‘studi di genere e metodo intersezionale’ ci sono anche ragazzi – che criticano le forme tossiche della maschilità, faccio seminari anche con colleghi/attivisti ovunque ci venga richiesto, nelle associazioni, nei centri sociali, nei movimenti. Il cambiamento dei rapporti di genere è fatto delle lotte femministe del passato e del presente – il patriarcato opprime le donne ma non rende felici gli uomini – per questo sempre più decidono di far parte del cambiamento».
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