REGGIO CALABRIA Avrebbero compromesso in modo «significativo» e «misurabile» porzioni molto ampie ed estese di suolo e sottosuolo, per oltre 20mila metri quadri, attraverso l’interramento e lo smaltimento – eseguito attraverso gli scavi – di rifiuti speciali anche pericolosi e car fluff. È scritto nero su bianco nell’ordinanza firmata dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, Vincenza Bellini, e che ha portato all’esecuzione di 29 misure cautelari su ordine della Procura di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri.
Nel mirino dell’attività investigativa è finita la Ecoservizi s.r.l., azienda guidata da Rocco Delfino, finito in carcere, e considerato istigatore e mandante, nonché «persona che ha concretamente fornito i mezzi per operare» Vincenzo Muratore, finito invece ai domiciliari, considerato l’esecutore materiale ed organizzatore degli scavi. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, infatti, le attività di interramento dei rifiuti avvenivano in Contrada Cicerna, sede dell’azienda, ma anche nei terreni limitrofi, nella disponibilità di Rocco Delfino, grazie ad un contratto di comodato gratuito. Il tutto per favorire la cosca di ‘ndrangheta dei Piromalli, attiva in particolare tra Milano e Gioia Tauro.
Un’attività tanto intensa da aver contaminato il terreno con numerose e pericolose sostanze nocive. Tra cui:
il cadmio, rilevato sino a valori pari al 150% del limite previsto; il cromo totale, rilevato sino a valori pari al 150% in alcuni punti, e sino a valori pari al 113%, in altri punti, del limite previsto; nichel, rilevato sino a valori pari al 108% del limite previsto; piombo, rilevato sino a valori pari al 5900%; rame rilevato sino a valori pari al 6000%; zinco, rilevato sino a valori pari al 4867%; Indeno 1,2,3-cd pyrene, rilevato sino a valori pari al 1200%; dibenz[a.h]antracene, rilevato sino a valori pari al 1100%; benzo[qhl]perylene rilevato sino a valori pari al 900%; dichlorometane, rilevato sino a valori pari al 200%; pcb totali, rilevati sino a valori pari al 1667%; idrocarburi 012, rilevato sino a valori pari al 4200%.
Un vero e proprio disastro ambientale, dunque, quello che si sarebbe consumato su ampi tratti di terreno, quasi irrimediabile se non attraverso interventi di bonifica che prevedono la rimozione del terreno contaminato, ma ad un costo attualmente non quantificabile e superiore a diverse centinaia di migliaia di euro. Ma secondo gli inquirenti, i rifiuti interrati hanno causato ingenti danni ad altri terreni coltivati, con il concreto ed attuale pericolo che, in mancanza di un intervento di bonifica e a causa degli agenti atmosferici, le sostanze inquinanti si infiltrino ancor più nel sottosuolo determinando la contaminazione anche della falda acquifera sottostante. (redazione@corrierecal.it)
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