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Ruffo: «In Calabria produciamo il miglior olio al mondo»

Il responsabile di Op: «I paesi stranieri ci superano solo per produzione, ma usano la coltura intensiva che non è sinonimo di qualità»

Pubblicato il: 05/03/2022 – 10:30
di Fabio Benincasa
Ruffo: «In Calabria produciamo il miglior olio al mondo»

LAMEZIA TERME Come si produce il miglior olio al mondo e come sono cambiate le tecniche di coltivazione in vista di standard di qualità sempre più alti per distinguersi dai Paesi competitor. Di questo e di tutto quello che ruota attorno all’oro verde, in particolare quello prodotto in Calabria, ha parlato Alfonso Ruffo, responsabile tecnico di Op – Associazione olivicola cosentina, nella trasmissione “In primo piano” condotta da Danilo Monteleone su L’Altro Corriere Tv. «Oggi siamo produttori di un olio extravergine di oliva non comune, un olio calabrese che è il migliore al mondo per profumo, sapore e perché è nostro». Un prodotto che si presenta da solo, secondo il responsabile di Op, e che non ha nulla da invidiare a quelli realizzati altrove. Ma da questo punto di vista le cose sul mercato stanno velocemente cambiando, e sono sempre di più i Paesi che stanno provando a diventare più competitivi con prodotti di qualità. «Molti produttori stranieri si stanno avvicinando ai nostri standard perché stanno facendo proprie le nostre efficaci tecniche di trasformazione – afferma Ruffo – e ad incidere ci sono anche cambiamenti climatici, che molto stanno influenzando l’agricoltura. Oggi si arriva a piantumare l’olivo anche in luoghi, come Lugano, dove non c’è questa tradizione, l’agricoltura olivicola, quindi, può avere un’ulteriore e rilevante espansione». E se i livelli di qualità degli olii italiani probabilmente non sono ancora stati eguagliati il discorso cambia quando si parla di quantità di produzione, dove in tanti ci sorpassando e anche di molto «diversi stati – spiega Ruffo – praticano una coltura intensiva o simintensiva, un differente tipo di allevamento in cui le piante vengono fatte crescere a mo’ di siepi, per rendere l’ideachiarisce – nella produzione tradizionale si hanno in media 80 piante ad ettaro in quella intensiva si parla invece di 1500 piante ad ettaro». Una differenza enorme che implica diverse tecniche di produzione e di raccolta.

«Forniamo assistenza e supporto agli agricoltori facendo formazione sulle best practice»

A questo punto Ruffo passa ad enucleare le prassi usate oggi per la coltura olivicola: «Per quanto riguarda la raccolta – afferma – si è passati dai teli all’abbacchiatore, un oggetto meccanico che potrebbe creare traumi alle piante e che per questa ragione implica l’uso di disinfettanti in una seconda fase». La pratica forse più importante quando si parla di olivicolura è la potatura, una tecnica che determina la crescita della piante e le modalità di fruttificazione, sono diverse le visioni in voga nel mondo agricolo e Ruffo prova a delinearne i fondamentali: «Il primo punto è adattare la pianta alla capacità di raccolta dell’azienda, se un albero cresce verso l’alto o si espande orizzontalmente cambia non solo la quantità di frutti prodotti, ma anche la modalità di raccolta. La tecnica più usata – conclude a riguardo Ruffo – è la potatura a vaso policonico che garantisce lo sviluppo del vegetale su tre branche e lascia all’aperto la parte centrale, in questo modo la linfa riesce a raggiungere facilmente le chiome». L’attenzione dell’agricoltore però, per una buona riuscita, non deve trascurare il terreno, ogni trattamento, infatti, «deve essere mirato per mantenere un certo grado di umidità, utile per la crescita della pianta». «È buona prassi lasciare il terreno sovrastato da un cotico erboso con due passaggi all’anno di trinciatura, in questo modo si lascia un cotico solido funzionale all’assorbimento di concime». L’associazione olivicola Cosentina, che ha soci anche in Lazio e Sardegna, è un saldo punto di riferimento per gli olivicoltori non solo per la formazione ma anche per la erogazione di servizi come «l’assistenza tecnica e il supporto strumentale, le prove sui concimi migliori, la tracciabilità delle produzioni e le iniziative di degustazione». Oltre a tutte queste mansioni l’Op si impegna nella divulgazione dei temi sull’olivicoltura a beneficio dei produttori, vengono promosse le best practice per tenere testa ai competitor e c’è una spiccata attività progettuale: «Raccontiamo sempre come investiamo i fondi ministeriali sul territorio e coinvolgiamo le imprese nei progetti che realizziamo. Informare sulle buone pratiche e comunicare il mondo olivicolo – conclude – è una delle priorità della nostra mission».

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