LAMEZIA TERME «“Pop” è sia la radice di popolare che di populista». Idee profondamente diverse, ma eguale elettorato. Sta qui l’estrema sintesi dell’ultimo lavoro di Mario Mauro e Giuseppe De Mita, la “Bellezza della politica popolare”, volume edito Rubbettino. Gli autori ed esponenti di vertice dei “Popolari per l’Italia”, lo raccontano in un appuntamento speciale con In primo piano su L’altro Corriere Tv (canale 16). Intervistati da Danilo Monteleone, Mauro e De Mita si soffermano però anche sui principali temi che alimentano il dibattito nazionale e internazionale.
«Come già avvenuto agli inizi della pandemia, – spiega Mauro – quando vennero smentiti i lunghi traccheggi durati anni e venne promossa l’idea di un debito pubblico comune, anche oggi deve farsi quanto non fatto precedentemente in termini di solidarietà e coesione». Il punto focale è principalmente orientato sul progetto di una difesa comune europea. «L’Europa, come ha citato lo stesso presidente Draghi, si è trovata unita non solo nell’imporre sanzioni alla Russia, ma anche nel mettere da parte risorse per varare un sistema di difesa comune». C’è però una particolarità, «che deve far riflettere noi italiani in primis».
«I tedeschi – aggiunge – hanno già messo da parte 100 miliardi per il riarmo. Noi dobbiamo chiederci allora se vogliamo una Germania europea o un’Europa tedesca. Nel primo caso dev’esserci corresponsabilità di Italia e Francia su questo tema». De Mita va più a fondo sul ruolo di un’Italia negli ultimi anni «scomparsa» dalla dimensione internazionale. «Forse per spiegarlo si potrebbe fare riferimento a Sturzo, che intendeva la politica estera come “proiezione della politica nazionale sullo scenario internazionale”». Viceversa «un ministro degli Esteri che, con una guerra in corso, si esprime nei modi in cui si è espresso il nostro ministro non aiuta a mantenere un livello di “standing” nelle relazioni internazionali».
«C’è – continua De Mita – un lavoro da parte del presidente del consiglio che, partendo da circostanze oggettive come pandemia e guerra, sta ponendo all’Europa l’intenzione di avanzare in quel percorso interrottosi tempo fa: con l’emissione di debito pubblico europeo, con la costruzione della difesa europea, con la definizione di una soggettività europea».
La figuraccia internazionale confezionata in Polonia dal leader del Carroccio impone una riflessione sull’intera classe politica attuale. «C’è una sentenza di condanna definitiva sulla seconda Repubblica», dice secco Mauro. «Lo schieramento di centrodestra è rappresentato da realtà – chi più chi meno – nel cono d’ombra di Putin. Questo vale dalla leadership più antica di Silvio Berlusconi fino all’immagine più impacciata di Salvini. C’è qualcosa che va oltre il pensiero politico, che è il gioco della comunicazione, del riposizionamento a 180 o a 360 gradi in nome della visibilità». In questo «Berlusconi è stato maestro» del «pensiero dove tutto vale il contrario di tutto». Ma «se non traspare mai un progetto politico serio, non può esserci stabilità nel quadro politico. La politica dopo un po’ diventa inincidente e lascia spazio a rigurgiti di progetto di potere che vanno incontro alla contraddizione estrema del “populismo”».
«Quanto si è verificato non è un fatto casuale», dice poi De Mita commentando la rielezione di Mattarella al Quirinale per mancanza di proposte alternative da parte della classe politica e parlamentare. «La connessione sui social dei leader dei partiti corrisponde alla loro disconnessione dalla realtà. Tutti i tentativi che sono stati fatti corrispondevano a una logica candidatura, proiezione di uno dei due poli che non solo avevano i voti in parlamento, ma nemmeno la corrispondenza nel paese. Occorrerebbe recuperare la dimensione di una presenza politica con una posizione politica che la interpreti. C’è una domanda nel paese che più passa il tempo, più resta senza risposta e più cresce su due fronti: astensione e volatilità del voto. Il paese è come il malato che non trovando risposte cambia continuamente medico. Dobbiamo costruire una risposta adeguata a questo disagio esistenziale attraverso una forza politica che ricostruisca il tessuto democratico su basi morali».
Di questi, come di altri temi tratta inoltre il loro ultimo libro. «Il tessuto sociale – indugia Mauro parlando del binomio popolare-populista – è sempre più privo di articolazioni intermedie e in questo contesto è più facile che il grido di questo o di quel capopolo possa presentarsi come risolutivo».
«Ci può essere bellezza dell’esperienza di fare società e stare insieme per cambiare la nostra cittadinanza quando vengono meno delle realtà che sappiamo coniugare azione e pensiero?» si domanda. «È molto difficile. La gente ogni volta pensa che quello che arriva sia quello buono, mentre noi diciamo che queste risposte possono mettersi a fuoco dall’interno. Il pensiero della cultura popolare è il pensiero di un metodo».
«Noi – aggiunge invece De Mita parlando dei progetti politici – non siamo vinti dalla tattica e dalle urgenze elettorali, ma nemmeno siamo estranei alla realtà. Il problema che c’è esige una risposta di carattere operativo. Nel nostro percorso segnaliamo che bisogna avere il coraggio di credere in questa prospettiva per superare tutti i calcoli che vengono fatti in prossimità del voto anche in funzione delle leggi elettorali. Bisognerebbe invece avere un livello di coraggio e fede nelle proprie idee, guardando alla prospettiva e non al calcolo immediato».
Nel rispondere a una sollecitazione sul Pnrr, Mauro sottolinea: «Lo si può riscrivere tante volte, ma il tempo in cui dev’essere concluso rimane quello». Ciò non di meno «più importanti degli investimenti sono le riforme per le quali veniamo al dunque di una maggioranza che dovrebbe concepirsi come di unità nazionale, ma che invece mi sembra voglia vivacchiare con ognuno che tende ad innalzare le proprie bandierine». Il rischio è che venga tolta «credibilità al contesto italiano che si era innalzato con l’avvento di Draghi. Se l’Italia non far presto e bene rischia di perdere tutto».
In questo quadro – anche internazionale – bisogna ripensare il ruolo del Sud, che potrebbe diventare centralissimo: «Se il Paese vuol riconquistare, nella dimensione europea, un livello internazionale di interlocuzione, deve porsi come l’avamposto verso il Mediterraneo costruendo una rete di relazioni con l’Africa. – dice De Mita – In questa costruzione il Sud non è più la periferia del mondo ma diventa centrale, non solo in una dinamica di equilibrio col Nord del Paese, ma in una dinamica di equilibrio internazionale. Il mondo è rovesciato, ma occorre una visione accompagnata da una cultura politica che si fa organizzazione e trova consenso elettorale nella società. Questa posizione sarebbe in grado di misurarsi con quella domanda di disorientamento che attraversa la nostra società». (redazione@corrierecal.it)
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