I rilievi sono sui dati del 2019. Secondo i ministeri della Salute e dell’Economia, il 72,5% degli oltre 50 mila ricoveri fuori regione erano evitabili e il 59,1% del totale rappresenta una «quota non spiegata». Totò avrebbe chiosato: «E io pago». Tra carenze di personale sanitario, sovraccarichi di lavoro, mancate assunzioni e continui avvicendamenti dirigenziali, anche il 2019 fu annus horribilis della sanità calabrese.
All’epoca era già ridotto all’osso il dipartimento regionale Tutela della salute, nel tempo privato di dirigenti e funzionari, perciò non in grado di “radiografare” flussi e costi della migrazione sanitaria. Tuttavia, l’ultima valutazione sui ricoveri fuori regione, operata dai due ministeri affiancanti, non solleva il governo nazionale dalle proprie responsabilità, a mente della sentenza numero 168/2021, del luglio scorso, con cui la Corte costituzionale dichiarò la parziale illegittimità del secondo decreto Calabria per come convertito in legge, tra l’altro per «non avere previsto che al prevalente fabbisogno della struttura di supporto del commissario ad acta» dovesse «provvedere “direttamente lo Stato” con personale esterno».
Sul tema più generale dei volumi delle prestazioni, il deputato Francesco Sapia, di Alternativa, ritenne «più che tardiva la nota dello scorso 14 settembre con cui l’allora commissario alla Sanità calabrese e i suoi vice sollevarono ai dirigenti regionali interessati il problema della carenza dei dati, di ricoveri, prestazioni e dotazioni, da inviare al ministero della Salute, avvertendoli del rischio di peggioramento dei punteggi Lea». Allora il deputato, che alla Camera siede in commissione Sanità, rincarò la dose. «Questa vicenda di incompletezza dei dati fa il paio – osservò – con quella del mancato controllo dei pagamenti alle strutture sanitarie del Nord, venuta fuori quando Antonio Belcastro, che la scoprì, era ancora dirigente generale del dipartimento Tutela della salute».
La sanità è fatta in larga misura di numeri, tabelle, algoritmi, percentuali e bilanci. Se salta uno di questi elementi, è un guaio, con gravi ripercussioni sulle risorse disponibili, sui reclutamenti di personale e sulla qualità dei servizi. Molto spesso, però, pazienti e utenti rifiutano i tecnicismi organizzativi e gestionali. Non tocca a loro, infatti, addentrarsi in nozioni tanto astruse e complesse. Le file per il ticket, le ambulanze senza medico a bordo, i Pronto soccorso stracolmi, la ricerca disperata di posti letto, gli sballottamenti dei dializzati, i rinvii di Tac o di semplici Rx sono scene piuttosto note ai calabresi; sono fatti che alimentano la sfiducia nel sistema sanitario regionale; sono episodi cui in molti casi si rimedia con la buona volontà di medici, infermieri, Oss od autisti coscienziosi, che vanno oltre il loro ruolo e gli orari di servizio.
Ma esistono vicende di segno opposto, come quella della postazione del 118 di San Giovanni in Fiore, che abbiamo raccontato di recente sul Corriere della Calabria e poi ha avuto ulteriori sviluppi. Poco prima del rientro definitivo della dipendente, che si chiama Giovanna Spina, alcuni suoi colleghi di postazione avevano scritto ai vertici dell’Asp di Cosenza una lettera, di cui abbiamo verificato l’autenticità, sostenendo che in assenza dell’infermiera si era «ricreata una condizione lavorativa ottimale, in un contesto più disteso e comunicativo» e anticipando che, «alla luce di una paventata ipotesi di un reinserimento della sig. Spina all’interno della postazione 118 di San Giovanni in Fiore, si comunica alle SSLL che laddove una nuova situazione di incompatibilità ambientale non consenta di protrarre oltre la presenza delle stesse figure sanitarie nello stesso luogo lavorativo, verranno considerate ed adottate tutte le misure per il trasferimento degli scriventi in altre sedi».
L’infermiera è rientrata al 118 lo scorso 14 marzo. «Da allora – precisa Claudia Loria, assessore del Comune di San Giovanni in Fiore con delega alla Salute – sono in malattia certificata due dottoresse della postazione. Perciò sono rimasti soltanto due medici. Ancora, alcuni autisti non hanno coperto i loro turni, sulla base di referti rilasciati dal Pronto soccorso o dalla guardia medica. Ho segnalato tutto al commissario dell’Asp di Cosenza, Vincenzo La Regina, al commissario alla Sanità calabrese, Roberto Occhiuto, e anche al procuratore di Cosenza, Mario Spagnuolo. Sono inaccettabili forme di autogestione ed è inammissibile che conflitti interni possano avere ripercussioni sul servizio, che è di emergenza/urgenza. Se qualcuno ha sbagliato, deve risponderne».
In che senso «conflitti interni»?
«Nel settembre 2021 ci furono delle audizioni della responsabile del Risk management dell’Asp di Cosenza, Cesira Ariani. Allora “volarono stracci” e un dipendente del 118 di San Giovanni in Fiore prospettò di portare in piazza le tensioni all’interno del personale, sicché fu richiamato ai propri doveri. Invece Spina accettò di trasferirsi per un periodo temporaneo, in modo che si calmassero le acque. Ancora, però, non è stato risolto alcunché. Anzi, c’è stato un evidente peggioramento, alla luce degli ultimi fatti».
Nel senso che l’Azienda sanitaria non ha ancora preso posizione definitiva?
«Esatto. La sindaca Rosaria Succurro aveva invitato i vertici aziendali a richiamare il personale ai propri doveri. Per quanto accaduto al ritorno della Spina e su mandato della sindaca, nella settimana passata ho chiesto interventi immediati al commissario La Regina, perché è chiaro che qui c’è più di qualcosa che non torna. Tra l’altro in questi giorni l’Asp ha dovuto chiamare ambulanze private, data la situazione. È un fatto gravissimo. Noi vogliamo la verità e vogliamo risposte concrete; intanto altri medici del 118, visto che in queste condizioni è difficile rispettare i turni obbligatori imposti dalla legge».
Quali sono state le determinazioni dell’Asp?
«Ancora nessuna. Ma è urgente che provveda. Questa storia dura da troppo tempo e adesso può mettere a rischio i trasferimenti in altri ospedali. Per questo ho informato pure il commissario Occhiuto».
Quindi, come se ne può uscire?
«In due modi: o i vertici dell’Asp trasferiscono tutti i sanitari del 118 oppure li richiamano con decisione ai loro doveri, come avevamo suggerito. È assurdo che debba rimetterci la comunità. Noi non lo permetteremo. Stiamo lavorando per potenziare i servizi in stretta collaborazione con l’Asp di Cosenza, da cui attendiamo un atto di risolutezza. Il 118 è un servizio pubblico indispensabile, questo deve essere chiaro».
Intanto in Calabria insistono i casi Covid.
«A maggior ragione il problema va risolto. Ho ritenuto doveroso rilasciare questa intervista, che può servire a riportare normalità nel 118 di San Giovanni in Fiore. Ognuno deve fare la sua parte».
Ora che cosa si aspetta?
«Che prevalgano il buon senso e la ragionevolezza, il dovere del servizio pubblico e i diritti dei cittadini. C’è già una tragica guerra in corso, in Ucraina, che deve farci riflettere. Raccontare i fatti e pretendere soluzioni è un dovere morale. Lavorare per il bene comune è compito di tutti. Mi auguro che finiscano le polemiche, gli scontri e i paradossi. Tutti noi calabresi, a prescindere dai ruoli pubblici, dobbiamo impegnarci per tutelare gli interessi collettivi». (redazione@corrierecal.it)
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