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la sentenza

Minacce e falsi testamenti per prendersi i terreni, sei condanne contro la criminalità di Roccabernarda

Occupavano le proprietà altrui recintandole e facendovi pascolare il bestiame. Incendiate 103 piante d’ulivo dell’unico che denunciò

Pubblicato il: 27/04/2022 – 17:12
di Alessia Truzzolillo
Minacce e falsi testamenti per prendersi i terreni, sei condanne contro la criminalità di Roccabernarda

CATANZARO Sei condanne, in abbreviato, nell’ambito del procedimento denominato “Capitastrum” contro un gruppo criminale di Roccabernarda e gli abusi perpetrati in particolare contro i proprietari di terreni che, secondo l’accusa, venivano privati delle proprietà con minacce e percosse.
Gli indagati devono rispondere di estorsione, tentata estorsione, danneggiamento, invasione di terreni o edifici, trasferimento fraudolento di valori, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, falsità materiale commessa dal privato. Tutti reati aggravati dal metodo mafioso.
Il gup Maria Cristina Flesca ha condannato Stefania Aprigliano, 7 anni e 8 mesi e 11.500 euro di multa; Antonio Santo Bagnato 18 anni e 8 mesi e 12.850 euro di multa; Giuseppe Bagnato 7 anni e 4 mesi e 3000 euro di multa; Domenica Le Rose 1 anno mesi 4; Domenico Colao, 1 anno e 6 mesi; il collaboratore Iaquinta Domenico, 2 anni e 11 mesi e 900 euro di multa. Il giudice ha escluso l’aggravante mafiosa dai reati contestati a tutti gli imputati.
Secondo l’accusa – rappresentata in aula dal sostituto procuratore Paolo Sirleo – gli indagati si impossessavano dei terreni altrui con le minacce e le botte. Con condotte minatorie, facendo leva sulla caratura criminale di Antonio Santo Bagnato, riuscivano ad appropriarsi di terreni grazie a falsi testamenti. Avevano la tracotanza di occupare terreni altrui chiudendoli con una recinzione e facendovi pascolare il proprio bestiame. E se il vero proprietario osava ribellarsi e andare dai carabinieri (un unico caso in un clima di generale paura e assoggettamento) lo pedinavano fino in caserma, e gli bruciavano 103 piante d’ulivo come avvertimento a più gravi ripercussioni contro la sua incolumità. Si facevano nominare eredi di beni, che appartenevano ad altri, per acquisire terreni grazie a falsi testamenti olografi. Mettevano in atto danneggiamenti alle proprietà o alle vetture di chi osava chiedere la restituzione dei terreni. Dal 2005 al 2017 sul territorio di Roccabernarda la proprietà privata – raccontano le indagini dei sostituti procuratori della Dda di Catanzaro Domenico Guardascio e Pasquale Mandolfino – è stata un optional. L’inchiesta “Capitastrum” è stata condotta dai carabinieri della sezione di polizia al comando del tenente colonnello Gerardo Lardieri e dai carabinieri della compagnia di Petilia Policastro.
Il gup ha dichiarato la falsità dei testamenti redatti da Antonio Messina, Antonio Bagnato, Arturo Le Rose, Costanza Bomparola e Francesco Aprigliano e ne ha ordinato la cancellazione. Inoltre il gup Flesca ha ordinato il dissequestro dei terreni e la restituzione alle persone offese. Riconosciuto il risarcimento, da stabilirsi in separata sede, a quattro privati costituiti parte civile. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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