COSENZA Sentenza ribaltata e condanna per l’ex dirigente della Camera di Commercio di Cosenza Donatella Romeo. L’ex manager dovrà restituire all’ente 110mila euro. Lo scontro tra la Camera e Romeo è storia antica. La dirigente era in forze all’ente prima dell’insediamento del presidente Klaus Algieri e della nuova giunta. Nel 2015, dopo aver tentato una mediazione bonaria, la stessa giunta ha deciso di cessare gli effetti del contratto di segretario generale con Romeo. Questa scelta avvia una battaglia giudiziaria che non porta risultati apprezzabili per l’ex dirigente: non viene reintegrata (lo aveva chiesto al Tribunale di Cosenza e successivamente a quello di Crotone, che si è dichiarato incompetente), né il suo esposto penale contro i vertici della Camera supera la valutazione del gip di Cosenza, che decide di archiviarlo. L’ultimo passaggio – ancora una volta con esito negativo per Romeo – si è consumato nei giorni scorsi davanti alla Corte d’Appello di Catanzaro (presidente Barbara Fatale, consigliere relatore Rosario Murgida, consigliere Giuseppina Bonofiglio).
Il nodo della contesa è la retribuzione di posizione erogata dalla Camera nel 2014: per il management in carica è stata corrisposta «indebitamente». Innanzitutto perché «quantificata in misura eccedente i limiti desumibili dal contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto»; poi perché «è stata erogata attingendo le relative somme dal bilancio della Camera di commercio e non dall’apposito fondo per il trattamento accessorio della dirigenza». Il Tribunale di Cosenza ha respinto le istanze dell’ente camerale, che ha poi avuto ragione nel giudizio d’Appello. L’ente ha addebitato al tribunale della città dei Bruzi di non aver considerato che «1) il contratto individuale non può derogare a quello collettivo e alle norme imperative del testo unico del pubblico impiego; 2) la retribuzione di posizione deve essere quantificata in base alle disponibilità dell’apposito fondo, sicché la sua imputazione al bilancio comporta violazione delle norme inderogabili che riservano la disciplina della retribuzione dei dirigenti alla contrattazione collettiva e rendono insuperabile il limite che si evince dal contratto nazionale di lavoro del comparto; 3) è vero che la Camera di commercio con delibera del 11.9.2013 ha “confermato la complessità organizzativa dell’ente”, ma la delibera è illegittima perché non “adeguatamente motivata” e, comunque, la retribuzione di posizione è stata quantificata nel contratto individuale di lavoro senza far “alcun riferimento alla complessità della struttura” affidata alla direzione dell’appellata».
Il collegio giudicante ha considerato fondati i rilievi contenuti nell’appello. E ha spiegato, tra le altre cose, che «è pacifico che l’entità della retribuzione di posizione sia stata concordata tra le parti senza alcun riguardo ai limiti previsti dal contratto collettivo di comparto». Quei limiti possono essere superati dagli enti che abbiano una struttura organizzativa complessa. «Ma è altresì vero – si legge in sentenza – che tanto prevede che possano fare solo se quegli enti “dispongano delle relative risorse”: ossia delle risorse destinate al finanziamento dell’apposito fondo. Ciò comporta, ancora una volta, che il fondo deve essere costituito e finanziato in misura sufficiente a coprire l’importo dovuto al dirigente, mentre invece, nel caso in esame, è incontestata l’assenza di siffatta condizione». Il ragionamento dei giudici conduce a considerare come dato di fatto «l’accertamento dell’indebito pagamento della retribuzione di posizione che è stata erogata sulla base di una pattuizione individuale illegittima». L’appello, dunque, riconosce alla Camera di Commercio di Cosenza «il diritto alla restituzione dell’importo netto» che ha corrisposto a Romeo, «a titolo di indennità di posizione per l’anno 2014, in misura eccedente l’importo minimo inderogabile previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato». E condanna l’ex dirigente a pagare «l’importo differenziale netto che ha percepito, maggiorato di interessi legali dalla data della notifica del ricorso di primo grado al soddisfo». Romeo è stata inoltre condannata a rifondere le spese di lite, liquidate in 3.600 euro per il primo grado e 3.400 per il secondo grado. (redazione@corrierecal.it)
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