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la riflessione

«Il caso Principe e i referendum»

Sandro Principe è stato assolto dall’accusa di collusione con la mafia dopo una lunga sofferenza durata sei anni. Un procedimento iniziato con la detenzione domiciliare che ha lasciato profondi ci…

Pubblicato il: 26/05/2022 – 12:38
di Mario Campanella*
«Il caso Principe e i referendum»

Sandro Principe è stato assolto dall’accusa di collusione con la mafia dopo una lunga sofferenza durata sei anni. Un procedimento iniziato con la detenzione domiciliare che ha lasciato profondi cicatrici nell’animo dell:esponente socialista, certamente uno dei politici più intelligenti del sistema calabrese.
Le riflessioni che giungono dopo questa ennesima assoluzione non possono non incrociarsi con la crescente e frustrata domanda di giustizia giusta che giunge dall’opinione pubblica. Se è lecito e legittimo, oltre che indispensabile, conservare e proteggere l’autonomia dei giudici, diventa altrettanto indispensabile riformare un un settore vitale per la salvaguardia della dignità collettiva.
I quesiti referendari del 12 giugno, privati dalla Consulta della responsabilità diretta dei magistrati, avrebbero meritato un dibattito più serio, di fatto castrato dal silenzio delle principali forze politiche. 34 anni fa la massiccia adesione al referendum radicale, seguito alla vicenda Tortora, rimase di fatto irrealizzato, con un vulnus notevole alla sovranità popolare.
I 5 quesiti ammessi riformerebbero la composizione del CSM, abolirebbero la legge Severino (incredibilmente sopravvissuta al giudizio della Corte costituzionale) e, soprattutto, separerebbero le carriere, segnando un’effettiva concretizzazione della parità tra le parti che la riforma Vassalli ha lasciato incompleta. Così come toccherebbero l’annosa questione della custodia cautelare che funge (com’è accaduto anche per il caso Principe) da condanna ludibrica anticipata per l’opinione pubblica.
Un Paese con una grande tradizione giuridica come il nostro sembra privo dei giusti anticorpi verso la deriva giustizialista, inaugurata con Tangentopoli e ancora saldamente vigente. È un problema che riguarda, anche e soprattutto, la gente comune e, perché no, quelle persone apparentemente indifendibili(per precedenti) che poi risultano essere innocenti.
Meglio tacere sulla riforma Bonafede, giustamente cassata, che aveva impresso un’ulteriore spinta propulsiva all’abbattimento delle garanzie di base.  La realtà amara è che oggi la divisione dei poteri ha subito una brusca frenata, con l’invadenza della magistratura nel corpo legislativo ed esecutivo. 
I referendum sono uno strumento prezioso per cambiare con radicalità le cose, mantenendo l’autonomia dei magistrati. Sarebbe delittuoso non raggiungere il quorum e si tratterebbe dell’ennesima occasione persa. Anche per la politica, eternamente plagiata da un modello di prevaricazione subito con sconcertante silenzio

*Giornalista 

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