Alessandro Bozzo è un giornalista calabrese alla soglia dei quarant’anni. Un bivio della vita al quale arriva con un carico di minacce da parte della ’ndrangheta, un lavoro sempre più in bilico e un matrimonio che sta per fallire. All’improvviso, da cronista di provincia coraggioso e mai asservito a potenti e intoccabili, si rende conto che tutto ciò in cui crede e per cui ha sacrificato l’esistenza sta per crollare.
“Quattro centesimi a riga”, scritto da Lucio Luca per Zolfo Editore nel decennale della morte di Bozzo, è un libro drammatico, ma è anche un inno alla libertà di stampa. L’autore ripercorre le tappe di un countdown che porterà il giornalista calabrese a farla finita e racconta il contesto nel quale vive gran parte del giornalismo italiano, soprattutto al sud e nelle periferie: tra precarietà, sfruttamento, salari al di sotto della decenza, pressioni psicologiche, mobbing, editori senza scrupoli e quotidiane intimidazioni. La vicenda di Alessandro, narrata attraverso un diario-testamento, diventa così una storia collettiva sullo stato dell’informazione nel nostro Paese. Dove tre giornalisti su quattro non hanno un contratto di lavoro e migliaia e migliaia di free lance non riescono nemmeno a fatturare cinquemila euro (lordi) all’anno. La prefazione è firmata dal giornalista Attilio Bolzoni: «La sua anima, quella volevano. Non un articolo, non la sua fatica, il suo sudore. Volevano prenderselo tutto. Lui. Lui e i suoi quarant’anni. Lentamente, giorno dopo giorno, umiliazione dopo umiliazione, dolore dopo dolore. Questo libro – scrive Bolzoni – è una testimonianza preziosa. Perché è dedicato ad Alessandro ma anche ai molti altri Alessandro che sono il giornalismo caldo e tormentato del fianco sud del nostro Paese, perché è vero, è impastato di slanci e di sofferenze, perché è l’essenza del nostro mestiere. Dentro c’è la vita e c’è la sconfitta della vita, c’è la morte, c’è la paura di non farcela, c’è la dignità, c’è la vergogna». Il libro si chiude con un’appendice sullo stato del giornalismo e con una riflessione dello scrittore Roberto Saviano: «C’era un ragazzo che in Calabria decise di fare il giornalista. Lo scelse con lo stesso slancio di un missionario, di un suonatore d’organo, di uno studente di sanscrito… Il ragazzo ha talento. Lo fermano, lo vessano, lo sottopagano, lo isolano ma lui resiste. Sa che ciò che fa è più grande della miseria che subisce. Si aspettava tutto questo ma poi qualcosa si rompe. E tutto lo schifo che lo assediava e il dolore che montava da dentro le fibre lo inghiotte. Per sempre. Questo libro è la storia della sua battaglia. La storia di Alessandro Bozzo, giornalista di Calabria». Dal libro è tratto il monologo “Volevo solo fare il giornalista” che sarà portato in scena in tutta Italia dall’attore Salvo Piparo, con le musiche di Michele Piccione.
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