SPILINGA E’ accaduto per diverse produzioni agroalimentari calabresi ma forse la ‘Nduja di Spilinga ne è l’esempio più eclatante. Un prodotto nato come povero, in questo caso per utilizzare le parti meno pregiate del maiale, si trasforma col tempo in alimento di straordinaria ricchezza e valore. E cosi la ‘Nduja da “scarto” diventa centrale nella norcineria calabrese, un insaccato che è oggi ingentilito un po’ rispetto al passato e che contiene tagli suini di seconda scelta (prevalentemente sottopancia, guanciale, rifilatura della spalla e della coscia). E se l’origine è ancora incerta, o quantomeno dibattuta, è certo invece il suo futuro, la ‘Nduja è simbolo della Calabria e vessillo di Spilinga, cittadina alle pendici del Monte Poro che ha indissolubilmente legato a questo salume il suo destino.
Uno degli elementi che la caratterizza è il peperoncino (altro prodotto iconico della regione) utilizzato con una percentuale di circa 300 grammi per ogni chilo di carne. Questa abbondanza di peperoncino, considerate le proprietà antisettiche e antiossidanti della pianta, non rende necessario l’uso di conservanti. Se le parti meno nobili del maiale, dunque, rappresentano la “sostanza”, il piccante conferisce “forma” ad un gusto unico, ed è proprio la disponibilità di peperoncino (con determinate caratteristiche qualitative) uno degli impegni prioritari degli imprenditori che producono ‘Nduja. A Spilinga la quantità disponibile non è sufficiente, ne arriva da tutta la Calabria ma sempre più imprese cercano di aumentarne la produzione e di investire in strutture utili all’essiccamento naturale.
Come Antonio Rachele che richiama il valore del piccante convinto che questo suggestivo salume non debba allontanarsi troppo dalla tradizione e che a Spilinga, grazie al sostegno del Gal Terre Vibonesi, ha realizzato ampliamenti e strutture dedicate proprio al peperoncino.
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