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‘Ndrangheta in Lombardia, gli affari del gruppo Flachi: la cocaina dalla Calabria, l’hashish dalla Spagna

La ricostruzione eseguita dalla Dda della Procura di Milano. I viaggi di Crea a Melito Porto Salvo, quelli di Cimarrusti a Malaga

Pubblicato il: 07/09/2022 – 11:12
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta in Lombardia, gli affari del gruppo Flachi: la cocaina dalla Calabria, l’hashish dalla Spagna

MILANO Avrebbero movimentato ingenti quantitativi di droga, attraverso approvvigionamenti ben definiti e suddivisi tra Davide Flachi, Samuel Cimarrusti e Santo Crea, tutti e tre raggiunti dal fermo emesso dalla Dda della Procura di Milano, nel corso dell’operazione “Metropoli – Hidden Economy”, condotta dai finanzieri dei Comandi Provinciali di Pavia e Milano unitamente a militari dello Scico di Roma. Un gruppo ben consolidato, attivo in modo capillare sul territorio della provincia di Pavia e Milano, e fortemente radicato con le cosche della ‘ndrangheta calabrese. A ricostruirne i movimenti, e la gerarchia, sono stati gli inquirenti anche (e soprattutto) attraverso l’analisi dei dispositivi criptati “Sky ECC” che gli indagati – inutilmente – hanno utilizzato per cercare di eludere e aggirare le intercettazioni telefoniche. Tra conversazioni e messaggi, gli investigatori sono convinti di aver ricostruito un proficuo giro d’affari.

Le origini

L’attività investigativa della Dda di Milano ha permesso, inizialmente, di provare l’esistenza di due gruppi criminali dediti al traffico di sostanze stupefacenti, l’uno facente riferimento ad Antonio e Rocco Barbaro, residenti a Platì ma attivi, di fatto, a Casorate Primo, nella provincia di Pavia e arrestati insieme ad altre 8 persone a gennaio 2022. L’altro, con base operativa a Quarto Oggiaro, nel Milanese, facente capo a Roberto Scordamaglia e Simon Spallina. Questi ultimi, dopo essersi riforniti a lungo dai Barbaro, si sono poi rivolti ad altri fornitori, Candeloro Polimeni e Santo Crea, entrambi di Melito Porto Salvo, e Antonino Chirico di Reggio Calabria. E, infine, da questi ultimi due soggetti, è nato il filone investigativo che ha visto coinvolti Davide Flachi e altri 12 soggetti.

Il ruolo del “gigante” Davide Flachi

Figura centrale dell’indagine è proprio Davide Flachi, figlio del noto boss della Comasina, Giuseppe “Pepè”, morto lo scorso gennaio. All’erede, classe ’79, era ormai stata riconosciuta nell’ambiente l’indiscussa ed elevata caratura criminale e, per questo, definito “il gigante”. «Uno che si fa valere – dice in una conversazione Antonino Chirico – ha delle belle amicizie, è piccolino di statura ma picchia di brutto (…) gli hanno dato anche l’associazione perché con il padre prendevano le tangenti in tutta Milano».  Un elemento di spicco, dunque, e soprattutto dotato di carisma, quello necessario, scrivono dalla Procura di Milano nel decreto di fermo, per poter gestire i rifornimenti e lo spaccio della droga e, soprattutto, suddividere i compiti.

L’hashish dalla Spagna, la coca dalla Calabria

Come, ad esempio, per il rifornimento di hashish: i contatti con i fornitori, per lo più spagnoli, sarebbero stati intrattenuti, per lo più, da Samuel Cimmarrusti, impegnato anche nell’organizzazione del trasferimento della droga a Milano. La cocaina, invece, arrivava in prevalenza dalla Calabria, dalla Locride. Ad occuparsene, quando non era Davide Flachi a farlo personalmente, ci pensava Santo Crea. Ma, al netto delle intenzioni e delle capacità criminali del gruppo guidato da Flachi, non tutti gli affari andavano a buon fine. Come quando ad agosto 2020 Cimmarrusti si era accordato con un soggetto spagnolo per acquistare una partita di hashish da 200 kg, sequestrata però al casello stradale di Legnano, nel Milanese: sei valigie di cartone contenenti la droga e trasportate su un Fiat Fiorino. Un mese più tardi e un altro carico di hashish finisce nelle mani delle forze dell’ordine. Anche in questo caso Flachi e Cimmarrusti, utilizzando ancora dispositivi criptati Sky ECC, si mettono d’accordo con un fornitore spagnolo per importare almeno 140 kg di hashish. Ma, anche in questo caso, dopo aver concordato quantitativo e prezzo, il carico viene sequestrato al confine tra Spagna e Francia. La conversazione criptata, ma intercettata dagli inquirenti, ha permesso comunque di ricostruire il modus operandi del gruppo. A cominciare dalla presenza, a Malaga, dello stesso Cimmarrusti, per assistere alla fase di carico della droga. E lì, poi, la proposta a “Gringo” (nome in codice utilizzato su Sky ECC) di acquistare una “cassa” corrispondente cioè a 30 kg di droga. Una volta concordato l’affare, Cimmarrusti spiega poi a “Gringo” come procedere per fargli recapitare i soldi necessario all’acquisto della droga, sfruttando il sistema di pagamento “hawala”, messo in atto da un gruppo di cittadini cinesi di Agrate Brianza.

La cocaina dalla Calabria

Nel dicembre 2020, gli inquirenti riescono a captare un’altra conversazione tra Crea e un soggetto che, sulla piattaforma criptata, utilizzava il nickname “Cobra”. Al centro delle chat c’era l’approvvigionamento di 3 kg di cocaina direttamente dalla Calabria. È il 18 dicembre quando “Cobra” inoltra a Crea una conversazione avvenuta con un altro soggetto rimasto ignoto, e in cui i due si confrontavano sulla possibilità di consegnare a Milano 3 kg di cocaina. «Compa’ gli confermo?» chiede “Cobra” a Crea che risponde positivamente. «Confermate 3». La fornitura della cocaina sarebbe avvenuta direttamente in Calabria, in occasione delle vacanze natalizie di Crea dalla sua famiglia di Melito Porto Salvo, nel Reggino. I due in chat organizzano così un incontro a Brancaleone, a metà strada tra Melito Porto Salvo e San Luca. «Io domani parto – dice Crea – per martedì ci possiamo vedere, dividiamo la strada». A confermare che l’incontro fosse davvero funzionale alla fornitura della cocaina è stato, poi, un messaggio che “Cobra” ha inoltrato a Crea, corredato da una foto ritraente un panetto di cocaina con impresso il simbolo “NY”. «Buono – scrive Crea – giratemi foto». (redazione@corrierecal.it)

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