COSENZA Per Agostino Briguori parla il soprannome: “Berlusconi”. Fosse soltanto quello; gli investigatori della Dda di Catanzaro lo definiscono «facilitatore e mediatore degli investimenti economici e finanziari della criminalità organizzata». Lo schema è classico: basta seguire i soldi che arrivano da una presunta truffa ai danni di Invitalia a beneficio di una società immobiliare. Quella truffa sarebbe «l’incipit di un progetto finanziario illecito di più ampio respiro». Il denaro ottenuto, infatti, avrebbe «rappresentato la provvista di liquidità da reimpiegare nell’investimento per l’acquisto di una parte delle unità immobiliari del complesso residenziale Florida a Bonifati. Affare in cui convergeranno gli interessi speculativi della criminalità organizzata». Briguori, prosciolto nell’inchiesta Cartesio, un blitz che ha messo nel mirino le propaggini finanziarie del clan Muto di Cetraro, avrebbe «collegamenti e contiguità con esponenti della criminalità organizzata dell’Alto Tirreno cosentino». L’inchiesta “Reset” lo descrive come «imprenditore e faccendiere capace di consentire alla criminalità organizzata di controllare pezzi di imprenditoria del territorio». Il suo ruolo sarebbe quello di investire «ingenti capitali, provenienti dalle più svariate attività illecite realizzate, in attività imprenditoriali formalmente lecite, trasformando così i capitali illeciti in leciti». Uno schema classico di riciclaggio che porta, da anni, Briguori ad avere contatti variegati. Da un lato ci sono colletti bianchi e pezzi della buona borghesia cosentina, dall’altro «le strutture mafiose» della costa tirrenica (Ciro e Antonio Pignataro, appuntano gli investigatori) e i gruppi criminali dell’entroterra cosentino (Roberto Porcaro per conto degli “italiani” e Antonio Manzo in quota “zingari”).
Negli stralci dei verbali di Giuseppe Montemurro figurano i rapporti tra buona parte dei locali della movida tirrenica e i clan che si fanno carico dei servizi di vigilanza. Tra i nomi imprenditori storici di un’industria del divertimento che macina milioni di euro nella stagione estiva. Compare anche Briguori come investitore di riferimento per due lidi-discoteca. I ricordi di Roberto Calabrese Violetta risalgono addirittura al 2008 («se non sbaglio»): storie di presunta usura che collocano “Berlusconi” nella territorio di raccordo tra ‘ndrine cosentine e cetraresi.
Il 4 luglio 2019 Giuseppe Zaffonte riferisce che «Briguori è specializzato in truffe e finanziamenti, ha molte attività commerciali in realtà riconducibili a Pignataro quello dei Muto, lui gestisce i suoi soldi». E poi «gestisce due o tre locali sul mare, due discoteche, ha un bar all’università che non so a chi sia intestato, ma c’è sempre lui; ha un negozio di surgelati ed enoteca a Mendicino». Il suo orgoglio – sempre stando a Zaffonte – sarebbe proprio «il bar dell’università», giacché se ne «vantava». Visure camerali e intercettazioni telefoniche aiuteranno gli inquirenti a ricostruire i rapporti di Briguori con i suoi prestanome, anche riguardo all’attività commerciale situata nel cuore del campus di Arcavacata. Le pressanti richieste di soldi dei soci, i dubbi per incassi che gli sembrano più bassi di quanto si aspetta, le chiamate ai legali quando l’Unical interviene per chiedere indietro i locali per la fine della convenzione. Una storia nella storia dei rapporti economici gestiti da “Berlusconi”.
L’affare per eccellenza, però, è l’investimento immobiliare a Bonifati. Il nucleo dei presunti rapporti tra Briguori e la cosca Muto passa per Antonio Pignataro, «riconosciuto organizzatore dell’associazione mafiosa» nell’operazione “Frontiera”. Nel luglio 2019, Pignataro lascia il carcere per i domiciliari. Ha un problema: raggiungere la Calabria da Roma. Sarà proprio “Berlusconi” ad attivarsi per mandare qualcuno a Rebibbia alle 17,30 «per far prelevare suo “zio”». Non sarà necessario; la moglie dello “zio” ha già risolto, noleggiando un taxi che farà il viaggio dalla Capitale. Il ritorno a casa di Antonio Pignataro coincide, per la Dda, con l’inizio dell’affare per «l’acquisto di una porzione del complesso residenziale denominato “Florida”», nel comune di Bonifati, «in prossimità della costa di Sangineto Lido».
Buen retiro della Cosenza bene, Bonifati ospita ville con vista su uno degli scorci più suggestivi della costa tirrenica. L’investimento sul complesso immobiliare –sintetizzano i magistrati antimafia – «verrà condotto direttamente da Briguori» con la partecipazione di un imprenditore di Lamezia Terme, Giovanni Grandinetti (finito agli arresti domiciliari), che metterà a disposizione la sua società, la Gravit, acquirente degli immobili. All’affare parteciperà anche un avvocato romano (neppure lui è indagato) che vanta un credito nei confronti della ditta venditrice. È un’operazione da 370mila euro complessivi: l’avvocato mette a disposizione il suo credito da 130mila per accelerare la soluzione della vicenda. Ma chiede «un ulteriore compenso», cioè un appartamento in più. Fatto che indispettisce Briguori, per il quale invece il legale «avrebbe dovuto mettersi a disposizione e non pretendere nulla oltre il dovuto. Anche perché Briguori nell’affare deve dare conto allo “zio” Ciro Pignataro», fratello di Antonio.
Il tentativo di acquisto ha qualche battuta d’arresto. E provoca tensioni tra Briguori e Grandinetti che «cominciava a lamentarsi di non aver percepito introiti conseguenti alla vendita degli immmobili». L’uomo si lamenta con “Berlusconi”, accusandolo di fare «solo i suoi interessi, quelli dello “zingaro” e di “Porcaro”». «Hai fatto per te, per lo zing e per porc», scrive in un messaggio. E poi «chiude dicendo che lui è solo un prestanome: “Io faccio il prest”». È una ribellione che può costargli cara. «Sì, vabbè comunque è un personaggio che è esagerato, dai! Va eliminato secondo me», dice l’uomo a cui Briguori si rivolge per dare una raddrizzata al socio. “Berlusconi” concorda: «Secondo me deve prendere la corrente, se prende la corrente…». Di più: «Quando ci sono interessi personali no? Un domani che gli devi dire? Vai là e lo massacri, che gli devi dire?».
Le frasi del presunto prestanome su “zing” e “porc” introducono, in effetti, la presenza di un ulteriore presunto partner criminale nel progetto, cosa che agli inquirenti apparirà chiara più avanti, quando spiegano che Briguori deve far fronte a una «scadenza mensile per il pagamento di quota parte dei proventi dell’affare del Florida a un “soggetto” (…) che dal complesso delle investigazioni si individua inequivocabilmente in Roberto Porcaro». Una presenza, quella di Porcaro, sconosciuta anche allo “zio” Antonio Pignataro, «adirato – a detta di Briguori – in quanto non voleva che altre persone entrassero nell’affare». (p.petrasso@corrierecal.it)
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