CATANZARO «Non vorremmo che con l’inchiesta in corso che coinvolge otto poliziotti penitenziari del carcere di Reggio Calabria riprendesse vigore la campagna di linciaggio del Corpo, come accaduto per i fatti di Santa Maria Capua Vetere, per i quali – è bene ricordarlo – i magistrati devono ancora pronunciarsi. Accade infatti che il personale penitenziario di Reggio, che in queste ore ha ricevuto i provvedimenti giudiziari, mentre l’inchiesta è ancora in corso, è dato “in pasto” all’opinione pubblica senza alcuna tutela personale tanto più necessaria per il lavoro svolto a contatto quotidiano con capi clan ed appartenenti alla ‘ndrangheta e alla criminalità organizzata». Lo scrive il segretario generale del S.PP., Aldo Di Giacomo. «Come abbiamo sempre sostenuto – aggiunge – ed in ogni caso, ribadiamo che chi indossando la divisa del Corpo ha commesso reati, va giudicato senza sconti alla pari di qualsiasi cittadino ma non è tollerabile assistere a processi sui siti web e in piazza facendo di tutta l’erba un fascio e colpendo la dignità prima di tutto morale ed etica dell’intero Corpo. Purtroppo, dopo Reggio sono tre, in poco più di tre settimane, le inchieste a carico di appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria indagati e sottoposti a misure cautelari con la pesantissima accusa di tortura nei confronti di detenuti. Una situazione che acuisce le già gravi condizioni di lavoro del personale tutto accrescendo stress e malessere oltre alle legittime preoccupazioni per le proprie famiglie». «Tutto questo – conclude – accade mentre dalla politica e dal Governo non arrivano certo segnali di inversione di rotta rispetto alla precedente esperienza di Ministero Grazia e Giustizia e Governo, anzi si pensa di risparmiare persino sul servizio mensa del personale penitenziario già di bassa qualità e lasciando soli i poliziotti a fronteggiare tutte le gravi emergenze delle carceri».
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