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«Il caso Campiti e la “follia”»

L’eccidio di Fidene ha scatenato un dibattito sulla possibile follia di Claudio Campiti, il killer che ha ucciso tre persone durante la riunione di condominio. Molti commentatori e giornalisti han…

Pubblicato il: 12/12/2022 – 13:30
di Mario Campanella*
«Il caso Campiti e la “follia”»

L’eccidio di Fidene ha scatenato un dibattito sulla possibile follia di Claudio Campiti, il killer che ha ucciso tre persone durante la riunione di condominio. Molti commentatori e giornalisti hanno di nuovo tirato in ballo una presunta incapacità di intendere del killer, sulla base di messaggi e blog particolari diffusi precedentemente e contenenti accuse francamente assurde, immagini di Hitler e tendenze a vittimizzarsi rispetto al consorzio condominiale. Peraltro, è assai noto che le riunioni di condominio siano le più conflittuali in assoluto anche se, fortunatamente, si tratta di tensioni assai diverse da quelle di ieri. Invocare sempre la follia dinanzi a omicidi inspiegabili (ma c’è un omicidio che possa essere giustificato?) è un atto di rimozione collettiva, tendente ad escludere la presenza del “male” che ha una sua fisiologica parte nella quotidianità e che si esprime in tanti, diversi modi. Certo, l’omicidio rimane il reato più grave e illogico per la nostra cultura cristiano-liberale, ma reati gravissimi come l’usura, lo spaccio di droga che minano tranquillità e anche la vita di chi ne è vittima, non sono certo espressioni di normalità diffusa. La follia in senso medico è solo la psicosi. Non risulta che Campiti ne abbia mai sofferto. Le divagazioni sui disturbi dì personalità sono un artifizio giurisprudenziale che è utile ad avvocati e periti per mitigare pene che altrimenti avrebbero l’unica direzione possibile dell’ergastolo. Campiti ha subito un trauma tremendo, con la morte del piccolo figlio avvenuta dieci anni fa. Che tutto questo possa avere scatenato una rabbia paranoide è certo possibile ma tutta la dinamica del delitto tende alla premeditazione. Le centinaia di proiettili a disposizione, la volontà di chiudere i conti con un nemico immaginario, certo, esagerando possibili torti subiti (ammesso che ce ne siano stati ovviamente) sono l’espressione di una struttura paranoide. La casistica è piena di vicende simili. La differenza sostanziale è il piano di realtà, esame sempre superato da Campiti in precedenza. Al punto che le restrizioni subìte erano dovute solo alla sua morosità. E le stupide riproduzioni dì Hitler (purtroppo ancora in voga in tanti menti becere) sembrano solo l’esasperazione dì un atteggiamento criminale. Campiti non ha mai perso il senso di realtà. Il rosario delle accuse al consorzio condominiale è sempre stato tendente a difendere le sue responsabilità, le rate arretrate. Non è paranoico ma paranoide, nemmeno con certezza. La frattura evidente che si compie in una crisi psicotica in lui è assente. Volgere lo sguardo, poi, alla presunta agitazione avuta durante lo sparo è argomento assai speculare. Se sì escludono i mafiosi (ma è noto che anche loro a volte assumono sostanze prima degli atti efferati) nessun omicida spara con lucidità mentale piena. L’evoluzione umana è ricca, dalla primitività, di fenomeni che inquadrano l’omicidio quasi come una normalità. Il pensiero greco prima, la cristianità poi e l’illuminismo hanno generato il rispetto dell’altro, il rifiuto dell’omicidio e la difesa della vita come elementi cardine della reciprocità umanistica. Addirittura, non tutte le democrazie liberali, come sappiamo, hanno eliminato la pena di morte dai loro ordinamenti e lo stesso Vaticano, culla del cristianesimo nel mondo, ne prevedeva fino a qualche lustro fa la presenza in casi eccezionali. La vulgata generale, dì stampo pubblicistico, che accomuna la follia a Campiti, ha una connotazione di tranquillità tendente a separare il male estremo dalla normalità. Però qui, come per Alessia Pifferi, la giovane donna che ha lasciato la piccola figlia morire dì stenti, c’è solo il male assoluto. Quello che abbiamo visto per grandi numeri ad Auschwitz, nei gulag, in Cambogia e in tanti altri posti dove uomini e donne innocenti, dì ogni età, sono state massacrate in virtù di considerazioni assurde, dalla superiorità della razza a tante altre schifezze simili. Giustificare tutto questo con una follia inesistente è solo il modo per uccidere un’altra volta chi non meritava dì morire. E cancellare la parola giustizia.

*giornalista

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