Maschio: «Per contrastare l’osteoartrosi attenzione al peso e a determinati sport»
Il dirigente medico nel reparto di ortopedia del Giovanni Paolo II di Lamezia: «La diagnosi precoce va trattata con una terapia sistemica»

LAMEZIA TERME «L’osteoartrosi determina dei sintomi che sono ingravescenti, cioè destinati a peggiorare nel corso della vita, a determinare sempre maggiori inabilità funzionali e sempre maggiore ricorso a cure mediche e specialistiche». Così il dottore Riccardo Maschio, dirigente medico nel reparto di Ortopedia e traumatologia dell’Ospedale Giovanni Paolo II di Lamezia Terme, ospite dell’ultima puntata di “Salute e Sanità”, il format de L’altro Corriere Tv, andato in onda ieri sera. Sintomi e terapie contro l’osteoartrosi, detta anche comunemente artrosi, le differenze con l’artrite e i modi per prevenire una patologia degenerativa che colpisce circa il 10% della popolazione generale e il 50% della popolazione sopra i 60 anni. Questi i temi affrontati nel corso di una puntata ricca, durante la quale ci si è soffermati anche su un’altra patologia, l’osteoporosi che colpisce spesso gli anziani e che determina la fragilità ossea che causa la frattura del femore.
Cos’è l’osteoartrosi
L’osteoartrosi, detta anche comunemente artrosi, è una patologia degenerativa che colpisce circa il 10% della popolazione generale e il 50% della popolazione sopra i 60 anni. «È la patologia tipica dell’invecchiamento, ma non solo», ha detto Maschio rispondendo alle domande di Soave Pansa. «Ci sono diverse forme di osteoartrosi – ha aggiunto lo specialista – e determina dei sintomi che sono ingravescenti, cioè destinati a peggiorare nel corso della vita, a determinare sempre maggiori inabilità funzionali e sempre maggiore ricorso a cure mediche e specialistiche». Si possono distinguere l’osteoartrosi primaria e quella secondaria: «quella primaria è la forma che colpisce anche il giovane adulto dai 40 ai 50 anni, si va a localizzare nell’articolazione che si utilizza di più e normalmente colpisce soggetti geneticamente predisposti. Quella secondaria, la patologia degenerativa tipica dell’anziano, va a colpire le articolazioni più sottoposte al carico: le ginocchia, le anche, le articolazioni della colonna vertebrale, in particolare a livello delle giunzioni e del cingolo lombare e a livello anche dell’articolazione cervicale».
Come si manifesta?
Tra le principali manifestazioni è il dolore. «Piano piano – ha spiegato il dottor Maschio si manifesta anche con la rigidità articolare, con un’impotenza funzionale di grado variabile. Il dolore può essere un dolore mattutino, al risveglio, che va via via riducendosi man mano che il soggetto compie le proprie attività quotidiane. Nel giro di una ventina di minuti, nelle fasi iniziali dell’artrosi, il dolore localizzato ad un ginocchio ed un’anca va attenuandosi nelle fasi iniziali. Successivamente il dolore diventa più preponderante, più opprimente, perché dura tutta la giornata e si manifesta in concomitanza dell’utilizzo di quell’articolazione.
Artrosi e artrite. «Per distinguerle bisogna prestare attenzione ad alcune caratteristiche peculiari»
Sottili, ma significative poi le differenze con l’artrite: «Spesso artrosi e artrite vengono confuse. È un errore molto comune dovuto ad una somiglianza dei termini. È molto complesso – spiega lo specialista – fare una diagnosi di artrite rispetto a quella di artrosi. Dal punto di vista sintomatologico alcune volte hanno un esordio simile, ma bisogna prestare attenzione ad alcune caratteristiche peculiari». «Quando una patologia colpisce piccole articolazioni senza un motivo apparente, esordisce in maniera abbastanza rapida, con gonfiore, dolore e rossore localizzata ai polsi, alle dita, a livello delle falangi con deformità in alcuni casi anche articolari, allora dobbiamo interrogare il nostro medico di base il quale ci dà una serie di analisi. La competenza poi è particolare, in parte è dell’ortopedico, in parte poi passa al reumatologo».
Diagnosi e prevenzione
«La diagnosi precoce di una forma di artrite deve essere trattata con una terapia sistemica in maniera tale che non degeneri. La diagnosi di artrosi – ha piegato lo specialista – si basa essenzialmente su un imaging radiografico. La classica radiografia ci dice tanto su una articolazione e sul grado di danneggiamento dell’articolazione. Una volta che abbiamo stabilito che il paziente è affetto da artrosi andiamo a trovare un trattamento mirato per quel paziente Ci sono infatti diversi approcci anche a seconda dello stadio in cui viene diagnosticata l’artrosi. Nella fase iniziale dell’artrosi l’approccio è vario e multidisciplinare, mentre nella fase acuta interviene o il medico di base o lo specialista ortopedico. In alcuni casi poi bisogna andare alla diagnostica di secondo livello, come la risonanza magnetica che ci può fare uno studio sulla cartilagine. Inizialmente si ha un approccio farmacologico antinfiammatorio per risolvere la situazione sintomatologica. Fatto questo, bisogna vedere qual è la causa dell’artrosi. Può essere dovuta a diverse cause». A incidere sullo sviluppo della malattia è anche lo stile di vita, fondamentale infatti per fare prevenzione. È importante «stare attenti al peso corporeo, evitare determinati sforzi e anche determinati sport, ma l’attività fisica è fondamentale».
Le terapie
«Oggi noi ortopedici – ha spiegato lo specialista – molto spesso siamo chiamati a trattare l’artrosi con delle infiltrazioni, le cosiddette infiltrazioni endoarticolari. Praticando l’infiltrazione già due o tre giorni dopo il paziente acquisisce una nuova funzione e perde la sintomatologia dolorosa. L’acido ialuronico dà delle ottime risposte. Oggi le ditte farmaceutiche ci mettono in mano un’arma molto importante che ci permette di controllare sia la sintomatologia che l’evoluzione della patologia. È proprio per questo che noi dobbiamo stadiare l’artrosi, perché sapendo a che stadio non andiamo a intervenire, dobbiamo scegliere l’acido ialuronico appropriato al nostro paziente. Non tutti gli acidi ialuronici sono uguali, non tutti sono sovrapponibili». Trattamenti che si praticano regolarmente presso l’ospedale Giovanni Paolo II.
La frattura del femore
Durante la puntata ci si è infine soffermati anche su un’altra patologia, l’osteoporosi, che colpisce spesso gli anziani e che determina la fragilità ossea che causa la frattura del femore. «È una delle principali patologie trattate dal chirurgo ortopedico in ambiente ospedaliero. Abbiamo – ha spiegato il dottor Maschio – circa il 60-70% dei nostri pazienti che sono ricoverati in tutta Italia per frattura del femore prossimale, è una patologia tipica dell’anziano perché è una patologia della fragilità ossea che viene ad essere determinata dall’osteoporosi, che è una forma di degenerazione non della cartilagine, ma della struttura interna all’osso». Fratture che vengono trattate nella quasi totalità dei casi chirurgicamente e che permettono di rimettere in piedi i pazienti nel giro di qualche giorno, «è importantissimo nei pazienti anziani», ha spiegato lo specialista.