Sono un uomo di destra e quindi non ho titolo per essere interventista alla vigilia delle primarie del Pd. Epperò, diciamocelo, si tratta più che altro di una riunione di condominio nazionale, atteso che il PD, che pure è il secondo partito del Paese, non seduce più nessuno.
Se fossi un loro elettore non avrei dubbio a votare per Stefano Bonaccini. È un governatore bravo, è pure lui proveniente dal PCI, ma ha tracce di riformismo. È stato un ottimo Presidente della Conferenza Stato Regioni, ha capito che l’antifascismo è una macchietta e una strategia regressiva e suicida e che c’è necessità di parlare a un mondo diverso da quello rappresentato dai docenti di scuola media.
Certo, non ha una figura da leader capace di essere il terminale di una ricostruzione del centrosinistra ma più che altro un piglio da uomo di mezzo, in attesa di altro.
Elly Schlein è una sorta di alter ego della preside fiorentina autrice della famosa letterina agli studenti.
E la cifra dell’isolamento del partito sta (!) nella mozione di sfiducia annunciata contro Valditara per avere ripreso pubblicamente la preside.
È omosessuale (e chissenefrega, come se questo debba essere un valore o un disvalore il 2023..), pensa che le esigenze degli italiani siano il DDL Zan e lo Ius soli. Buona per continuare il giochino della resistenza nelle piazze che continua a fare scorrere l’emorragia. Per il resto, niente. Non ci sarà partita, credo, ma la pochezza della proposta politica della Schlein non deve fare esultare Bonaccini.
Alla destra converrebbe certamente una vittoria della Schlein per avere una opposizione inconsistente.
Il PD sembra essere una sorta di residuato della corrente demitiana che, compreso Riccardo Misasi, ebbe potere e mai carisma negli anni ottanta.
È ancora un agglomerato cattocomunista che ritiene borghese e affascinante discutere di questioni marginali senza avere un’idea dello Stato convincente.
Flirta con i giornali giacobini e i salotti,ma ha perso ogni rapporto serio con il popolo. Così come De Mita era nettamente perdente con Craxi, il PD è arretrato, indietro, fuori da qualsiasi prospettiva di alternanza di governo.
La sua unica salvezza, paradossalmente, è sciogliersi e far nascere una forza socialista riformista autentica, moderna e in grado di conquistare consenso tra ceti che sono cambiati profondamente.
È paradossale vedere che il programma del PSI degli anni ottanta sia ancora, incredibilmente, avanguardia nel contesto della sinistra.
Il PD è sorto per identificarsi con il suo gemello americano. Un laburismo libertario che riflettesse un’idea dell’economia sociale. Negli anni ha avuto leadership forti allorquando ha spinto oltre il dualismo tra postdemocristiani e postcomunisti, spostandosi in mezzo.
È ancora lontano dall’idea di meriti e bisogni di Martelli e troppo vicino ( nel suo insieme) a un’idea della giustizia simile a quella di Magistratura Democratica.
Deve attraversare anni di solitudine per sganciarsi dalla tentazione di fondersi con i cinquestelle avendo il coraggio di tentare di sottrarre elettori proprio alla destra e di riconquistare la messa di non votanti che non hanno sovrastrutture ideologiche.
Il PD ha ancora un’ossatura elettorale ( la scuola soprattutto) ma ha perso consenso tra gli operai ed è percepito come ostile dalle partite Iva e dal vasto mondo del precariato.
Schlein pensa a una sorta di comunità LGBT allargata che forse potrebbe bastare nelle socialdemocrazie scandinave ma che è del tutto insufficiente in Italia.
Se vincerà Bonaccini ci sarà una piccola speranza di traghettamento verso un’altra dimensione. Se prevarrà la Schlein il destino migliore è una Rifondazione comunista senza passioni. Che vinca il migliore, stavolta in minuscolo.
P.S. Una chiosa va riservata alla decisione di non dare la tessera a Mario Oliverio. Una cosa brutta, al netto dei mille errori dell’ex Presidente, ivi compresa la candidatura solitaria alle regionali del 2021.
*giornalista
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