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“maestrale-carthago”

Affari d’oro per le ditte della ‘ndrangheta: l’oligopolio delle imprese nel “Sistema Vibo”

La spartizione degli appalti pubblici. Il condizionamento «totale» delle funzioni dell’Asp. Le intercettazioni tra gli uomini delle cosche svelano le strategie per massimizzare i profitti. «Mettevi…

Pubblicato il: 24/05/2023 – 7:03
Affari d’oro per le ditte della ‘ndrangheta: l’oligopolio delle imprese nel “Sistema Vibo”

VIBO VALENTIA Il condizionamento delle funzioni dell’Asp di Vibo Valentia è «totale». Colpa del «panorama di cointeressenza sia con la criminalità organizzata sia con esponenti politici di vari livelli». Gli atti dell’Azienda rispondono «a logiche criminali e politiche invece che perseguire l’interesse pubblico afferente alla sanità». Il panorama descritto dalla Dda di Catanzaro nell’inchiesta “Maestrale-Carthago” è un De profundis sanitario: medici legati a «esponenti criminali», affari per le ditte vicine ai clan e interi settori appaltati a personaggi che si muovono al confine tra imprenditoria e ‘ndrangheta. È il monitoraggio di Domenico Colloca, detto “Mubba” e dei suoi rapporti con Gregorio Coscarella, nipote del boss Rosario Fiarè, ad aprire agli investigatori il “mondo” delle entrature del “Sistema Vibo” nelle stanze della sanità, partendo dalle «strette cointeressenze» con Cesare Pasqua, dirigente dell’Asp indagato nell’inchiesta. Colloca è, secondo i magistrati antimafia, l’imprenditore di riferimento del “locale” di Mileto e, attraverso l’azienda “L’arte del Catering” si sarebbe inserito «nell’appalto già affidato alla società “Dusmann Service”». 

«Un “cartello di imprese” impone i prezzi al mercato»

Per gli inquirenti lo schema è chiaro: «Le varie aziende collegate a differenti strutture criminali operano in una precisa logica di “oligopolio”, provvedendo ab origine alla spartizione di appalti pubblici». È Colloca, in una delle conversazioni intercettate, a riferire al proprio interlocutore Vincenzo Nicolaci che sarebbe stato meglio trovare un accordo con un’azienda che per la Dda era «gestita occultamente da Massimo Fortuna», già destinatario in passato di un sequestro di beni. «La strategia criminale posta in essere da Colloca e Nicolaci – evidenziano i magistrati – è quella di arrivare a un “cartello di imprese” che agiscono in regime di “oligopolio” imponendo al mercato il prezzo di acquisto dei servizi abbattendo la concorrenza». Una strategia «ancora più oculata» perché l’intenzione è quella di «suddividere la provincia di Vibo in due settori» nei quali «le rispettive aziende agiranno in regime di “monopolio” poiché l’una non parteciperà alle gare di appalto bandite dai comuni nel settore dell’altra e viceversa, non avendo altresì la concorrenza di nessun’altra azienda “sana” la quale sarà scoraggiata a partecipare a gare di appalto ove è certa la presenza di imprese mafiose». Colloca sintetizza i discorsi in maniera efficace: «Con quegli scemi mi conviene mettermi d’accordo su queste cose perché almeno restiamo solo noi… cerco di alzare i prezzi e non… perché lui (Massimo Fortuna, ndr) mi ha detto che a Vibo non vuole andare, “tu ti prendi Vibo pure!”».

Le “sinergie” tra imprese e ‘ndrine. «Attento alle gare a Briatico» 

Allargarsi su Vibo ma stare attenti a Briatico: i consigli di Nicolai seguono la geopolitica mafiosa. Infatti «mette in guardia Colloca a non partecipare a gare di appalto bandite dal Comune di Briatico poiché sono fuori dal loro settore» e dunque, come già successo a un’impresa impegnata nella raccolta dei rifiuti soldi urbani in quel Comune, ci sarebbe da trovare un «accordo con Giuseppe Accorinti e Francesco Barbieri per il tramite di Michele Galati». Le sinergie tra “locali” di ‘ndrangheta servono alla spartizione degli appalti per le mense scolastiche sul territorio vibonese: l’obiettivo è  massimizzare i profitti. Il ragionamento ritorna in un altro incontro tra Colloca e Nicolaci. «Gli ho detto io – spiega il primo – a coso là… (Massimo Fortuna, ndr.)… che diceva che gli dovevo lasciare quella… e gli ho detto io “senti qua… per prima cosa… le gare vanno prese a prezzo pieno… (inc.).. perché è inutile che ti lamenti… che ti lamenti… e poi le prendi a due e ottanta… ed a cose le vuoi a due e ottanta??… io le ho prese a tre e ottanta… per prima cosa!” e poi ha detto… “ci mettiamo d’accordo??” (ed io, ndr) “sì ma se a te non ti invitano… ti risulta che io ho partecipato ad una gara e te l’ho vinta??… e ti ho mandato via??… a me sembra invece che tu “ti sei fatto Zungri” e io non ho detto niente!” …e mi ha detto “sì ma se andava deserta… poi…” (ed io, ndr.) “senti a me… se non ti hanno invitato il problema è il tuo!… e comunque… vedi che dove non ti invitano… vedi che io vado! discorsi non ce n’è… dove ci sei pure tu… ci mettiamo d’accordo… non ci sono problemi […] “… Gregorio dice “se è possibile mettetevi d’accordo”… ha detto Gregorio… no??!! “in modo tale che non vi scannate… sulle gare…”».

Le regole del “cartello”. «Dove c’è uno non deve andare l’altro»

Il Gregorio in questione sarebbe Coscarella, considerato dalla Dda «esponente del locale di San Gregorio d’Ippona». Sarebbe proprio Coscarella, in un altra riunione con Colloca e Fortuna «a disporre come dovranno essere fatte le divisioni della provincia». «Ti ho detto – spiega – di non mandare l’offerta perché a Drapia la gestisco diversamente.??!… e tu non mi hai detto niente! […] e tu mi hai detto che ci mettiamo d’accordo su Cessaniti… abbiamo parlato quel giorno in questo modo?! […] la quando tu sei venuto la prima volta come siamo rimasti la prima volta?! ricordati! […] che dove c’è uno non deve andare l’altro! […] eh! e quali Comuni ti ho detto che… […] ti ho detto… vai a Filandari, vai a Mileto, vai a San Calogero, vai a Joppolo… noi qua offerte non ne abbiamo fatte… avevi detto che ti interessava Vibo e non abbiamo mandato buste a Vibo…».  

Il contrasto con l’uomo vicino al clan Mancuso

Che Colloca interloquisca con «la gestione pienamente mafiosa degli appalti ai quali gli imprenditori si propongono di partecipare», troverebbe riscontri «in occasione dell’aggiudicazione dell’appalto per la mensa scolastica di Ricadi e in occasione di un diverbio nato tra lo stesso Colloca» e il gestore di un ristorante di Ricadi considerato dagli investigatori «uomo contiguo alla famiglia Mancuso». Lo scontro sarebbe nato «per la pretesa» dell’uomo che chiedeva «l’assunzione del genero all’interno dell’attività commerciale come controprezzo della vittoria dell’appalto». Nell’ottobre 2018, invece, Colloca «richiede un’interlocuzione con Michele Galati proprio per far fronte ai problemi sorti nel Comune di Ricadi, informando il Galati del problema sorto» con l’uomo vicino ai Mancuso. «Quello laggiù là… […] che vuole… dice che vuole se gli metti il genero lì sotto a lavorare… […] digli di no… digli di no! te ne fotti di lui! […] allora… devi andarlo a trovare tu… e gli dici “Mimmo non è che non vuole…. Mimmo si spaventa perché deve stare per i cazzi suoi… Mimmo è per i cazzi suoi… e non vuole parlare con nessuno…” […] dice che è andato da quello là a lamentarsi…. […] a Diego? […] a lamentarsi di cosa? […] per dirgli questo fatto qua… se gli prendi il genero per lavorare… […] digli di no… te ne fotti di lui […] allora… allora io non posso fare… perché me la chiudono a me… tu gli devi dire “Mimmo non è che non viene qua per qualche cosa… non vuole parlare con nessuno!”». 

Chi tiene “la chiave” a Ricadi. «Gli mando io uno, non c’è problema»

Vi sarebbero, poi, per i pm di Catanzaro, «conferme inconfutabili sull’appartenenza di Colloca alla ‘ndrina di Paravati». Arriverebbero da un dialogo con Michele Galati, il quale avvisa l’imprenditore «che qualora avesse avuto qualsiasi problema nello svolgimento della sua attività imprenditoriale doveva immediatamente avvisarlo e successivamente avrebbe provveduto lui alla risoluzione dei problemi». A proposito del ristoratore che avrebbe preteso un posto di lavoro per il genero, Colloca avrebbe chiesto a Galati «l’intervento di Luigi Mancuso». Sarebbe arrivata una risposta negativa «per via dei rapporti non del tutto distesi con Giuseppe Accorinti». Galati avrebbe detto a Colloca che ne avrebbe parlato con Diego Mancuso, «con il quale erano in buoni rapporti». Proseguendo nella conversazione, Galati riferisce a Colloca «di stare tranquillo poiché “la chiave“ a Ricadi la tiene lui e di non preoccuparsi, con evidente riferimento ai buoni rapporti con Diego Mancuso». «Non hai capito…. se lui… se ci rompe i coglioni lui… a lui noi ce lo abbiamo a posto là! che gli mando io uno…. non ce l’abbiamo il problema… che ce l’ho io la chiave che va lì!… che poi andiamo…chiamo a Peppe di Zungri…”per la mensa che si rassegni che non ci sta niente!”». (ppp)

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