Ancora una morte sospetta, è quella del giovane di 37 anni di Corigliano-Rossano deceduto giorni fa per cause forse riconducibili ad un malore cardiaco probabilmente risolvibile se la prima ambulanza del 118 che l’ha soccorso fosse stata dotata di una figura medica che gli assicurasse cure adeguate alla gravità del caso. Già prima, ad aprile, aveva perso la vita un altro suo concittadino, Andrea di 29 anni: aveva atteso invano l’arrivo di un’ambulanza attrezzata per il trasporto di paziente obeso verso l’ospedale di Cosenza. Ancora prima, la morte sospetta di una ragazza 17enne deceduta dopo essere stata dimessa dal pronto soccorso di quel tratto di costa jonica che attende da 15 anni la realizzazione di un Ospedale concepito proprio in risposta alle tragiche morti di giovani come lei i cui lavori sono oggi fermi per la richiesta dell’impresa di revisione dei costi di realizzazione. Così, potremmo contare altri casi di sospetta malasanità spesso riconducibili al servizio di emergenza-urgenza di cui la stessa Federconsumatori, ne ha denunciato tempo addietro alla Procura di Cosenza le condizioni di insicurezza ed il sottodimensionamento di mezzi, strumenti e personale su cui sono infinite anche le denunce sindacali. Nonostante i disservizi nell’accesso alle cure con cui impattano tanti cittadini sembrano però lontani i tempi i cui le morti indignavano, scuotevano le coscienze, divampavano sulle pagine dei giornali. Sembrano lontani i giorni del lutto regionale, dello sdegno, del clamore delle giovani morti di malasanità come fu per Eva, Federica, Francesco, Andrea o per giovani madri come Eleonora, 33 anni. C’era la percezione che quelle morti, nel sentire comune, contavano, pesavano. Si piangevano. Portavano a scuse pubbliche, rivoltavano equilibri politici. Imponevano scelte. Richiamavano commissioni d’inchiesta. Sollecitavano il cambio di passo nel governo della salute, impegnavano in risposte di cambiamento.
Già, il cambiamento: quello in questi lunghi anni annunciato, deliberato, finanziato, promesso e ripromesso ancora. Quello partecipato dai cittadini nei sacrifici imposti dal risanamento, nel taglio di ospedali, posti letto, punti nascita e personale. Un cambiamento necessario ma mal pensato e mal governato a tutt’oggi, aggrovigliato nelle carte e nell’inchiostro di migliaia di delibere commissariali, di tavoli di verifica, di cambi di Governi e nella continuità di commissari politici. Un cambiamento inadeguato e frenato persino quando ad esprimersi sono state Commissioni d’inchiesta, indagini della Magistratura, relazioni della Corte dei Conti e finanche sentenze del Consiglio di Stato che ordinavano la riapertura di ospedali di frontiera come a Praia Mare, ma invano.
Intanto si continua a morire ed il dolore, dopo l’estemporaneità del cordoglio, resta ormai confinato nelle mura ristrette delle famiglie e dei calabresi che non si rassegnano all’idea che la sanità promessa possa rimanere una prestidigitazione perpetua tra struttura commissariale e ministeri mentre il cambiamento resta inchiodato al palo, i bisogni di salute emigrano e tante famiglie costrette a cure a pagamento laddove riescono a permettersele. In questo quadro è singolare che il Commissario dell’Asp di Cosenza, ora Direttore Generale della stessa azienda, alla notizia della morte del giovane 37enne di Corigliano-Rossano abbia dichiarato, nell’attesa dell’esito delle indagini sull’accaduto, che anche in Lombardia si sarebbe intervenuto allo stesso modo ovvero, con ambulanza demedicalizzata, a citare a buon esempio un modello di sanità che gli italiani nella pandemia hanno constatato carico di limiti seppure, ne conoscano le eccellenze che contribuiscono però a sostenere con la loro mobilità sanitaria che negli ultimi anni ha spostato 14 miliardi di euro dal Sud verso il Nord. Quella espressa dal neo Direttore Generale della più grande Azienda della regione sembra una visione conservativa ed assolutoria di concepire il servizio di soccorso pubblico considerate le carenze generali e che le ambulanze medicalizzate sono di per se fattore vincente della qualità e della riuscita del primo soccorso. Ne sono prova evidenze scientifiche internazionali che mostrano come la demedicalizzazione delle ambulanze accresca il rischio di mortalità dei pazienti. E’ ulteriore prova della condizione diffusa di malessere che vive il sistema dell’emergenza-urgenza pubblico l’allarme della Società Italiana Sistema 118 che nel suo recente Congresso nazionale ha denunciato le condizioni di precarietà e di rischio in cui opera da anni il personale ed annunciato una mobilitazione nazionale a luglio per chiedere al Governo che venga riformato e potenziato il servizio dal suo ridimensionamento, dai rischi di privatizzazione, dalla fuga del personale e migliorata la qualità e le capacità prestazionali dell’intero sistema salvavita pubblico del 118 a garanzia degli operatori e dei cittadini. Dunque, una dose di sano realismo sanitario spingerebbe a guardare verso altri modelli ed altri standard del servizio, ancor più in una regione complessa come la Calabria.
Resta la constatazione che 13 anni di commissariamento della sanità regionale sono tanti. E’ un tempo infinito di attese e speranze calpestate su troppi i fronti considerato che per i cittadini non è cambiato nulla, se continuano ad essere caricati del maggiore carico fiscale e poi sballottati da un ospedale all’altro o costretti a emigrare per curarsi o a tempi di attesa infiniti per visite specialistiche o ricoveri, se costretti a pagare in regime di intra moenia perché il pubblico è in perenne lista d’attesa ed i macchinari inutilizzabili, se la prevenzione è un optional per chi può concedersela, se al posto degli uffici di relazioni col pubblico si offrono altri strumenti per denunciare maltorti sanitari, se manca il monitoraggio uniforme e costante dei tempi d’attesa, se il sistema è ancora permeabile a interessi e malaffare. Tredici anni di commissariamento sono tanti e sedici anni sono un tempo infinito se ancora insufficiente per vedere realizzati quegli ospedali salvavita così attesi e così necessari così come gli investimenti in infrastrutture, attrezzature sanitarie che discendono dal Pnrr ed oggi a rischio.
E’ il tempo che i calabresi uniscano le tante voci sensibili e protagoniste della battaglia in difesa del sistema sanitario pubblico in una protesta sociale per rivendicare il diritto costituzionale alla salute così come avverrà il prossimo 24 giugno a Roma dove la Cgil ha promosso, assieme una moltitudine di associazioni di cui è parte Federconsumatori, una grande mobilitazione a difesa e per il rilancio della sanità pubblica e universale messa a ulteriore rischio anche dal folle disegno di autonomia differenziata.
* Presidente Federconsumatori Calabria
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