Dal Corriere della Sera pesco una classifica sulle migliori imprese meridionali stilata da una società di ricerca e consulenza che fa analisi del clima aziendale. Gli indicatori sono “equità”, “benefit”, “fiducia”. Sono piccole e medie imprese che ottengono risultati migliori di quelle del Centro-Nord.
Per la Calabria spicca in ottima posizione la ACSoftware di Lamezia Terme che non conoscevo, ne sono andato ad approfondire storia e geografia aziendale.
Ha 29 dipendenti questo pezzo di sviluppo possibile calabrese che aiuta grandi aziende a identificare problemi e obiettivi condividendo le scelte tecnologiche più adatte. La sede legale con il maggior numero di dipendenti si trova a Lamezia Terme, l’altra in Emilia Romagna a Bologna.
Vantano importanti collaborazioni con le più importanti aziende nazionali e multinazionali.
Ne ho parlato con l’amministratore delegato e fondatore Aristide Cittadino, il quale invito a fornirmi un suo autoritratto: «Mi definisco un “prodotto” calabrese al 100%. Sono nato a Lamezia, ho studiato all’Unical e come molti, troppi, giovani meridionali sono stato costretto ad andare via per lavoro. Quando si parla della Calabria troppe volte si utilizza l’accezione negativa senza mai considerare il contributo che, noi calabresi, abbiamo dato, in termini di persone e di competenze, a questo Paese”. Musica d’oro per le mie orecchie. Non posso che chiedere cosa auspica per la nostra regione.
«Mi piacerebbe che un giorno la Calabria possa dare opportunità stabili di lavoro e che la gente non sia costretta ad andare altrove né per trovare lavoro né per sentirsi realizzata. Per questo ho deciso di creare una realtà aziendale che sia il più virtuosa possibile e di creare quindi un ambiente positivo, anche piccolo inizialmente. L’obiettivo è di allargare questo intorno quanto più possibile. Oggi, dopo 7 anni e con 29 dipendenti, sono veramente fiero del risultato, ma se devo essere sincero non mi basta. Con questo non voglio dire che riuscirò a far crescere ancora ACS ma sicuramente ci proverò con tutte le mie forze. Penso che sia possibile pensare ad un mondo totalmente differente, basta solo che la gente si impegni e lo voglia veramente. ACS è una sorta di esperimento in questo senso».
Apprendo anche che la sede di Lamezia è stata disegnata secondo i dettami di felicità aziendale. Uno spazio di comodità dove si crea quell’abitudine spontanea nei dipendenti a trovare un luogo ameno e che sa incrociare anche il lavoro agile da casa. Chiedo a Cittadino il segreto di questo successo e mi risponde: «È la persona al centro della nostra azienda, non il business. Dobbiamo essere bravi a trovare del business che sia coerente con le professionalità e i ritmi lavorativi delle nostre persone. Certo, non è facile, alcune volte è difficile e non sempre si riesce. Ma il nostro è un percorso non è una soluzione pronta. I nostri processi interni sono orientati all’ascolto delle esigenze delle persone ed al capire se il percorso intrapreso è coerente con le aspirazioni e le competenze della persona. Lavorare in ACS significa avere uno scambio funzionale tra azienda e lavoratore in entrambi i sensi: non è solo il lavoratore ad essere funzionale all’azienda ma anche il contrario. Su queste basi abbiamo organizzato delle politiche interne che hanno generato un ambiente positivo e virtuoso che ci ha portato alla certificazione come “Best workplace 2023”. Siamo al nono posto in Italia, quarti al Sud».
Aristide Cittadino, 37 anni, un’azienda capolavoro costruita da un magnifico visionario in sei anni assumendo giovani. Il voto non può che essere “dieci” a un manager che dice: «Inizialmente per ACS era anche difficile trovare dei clienti in Calabria. Oggi la tendenza è diversa e saremmo solo onorati di poter aiutare le nostre aziende ad intraprendere un percorso serio verso la trasformazione e l’evoluzione digitale».
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Al professor Giuseppe Carbone (a sinistra nella foto), docente di “Meccanica applicate alle macchine” e “Meccatronica” presso il DIMEG (Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Energetica e Gestionale) dell’Università della Calabria, è stato conferito il titolo di dottorato “honoris causa” dall’Università di Craiova (in Romania) per i suoi meriti scientifici nel campo della robotica medica e di servizio. Il professor Carbone è stato insignito di questo prestigioso riconoscimento per i suoi eccezionali risultati nello sviluppo di robot innovativi, testimoniato, tra l’altro, da oltre 500 pubblicazioni scientifiche e circa 30 pluripremiati brevetti nazionali ed internazionali. La sua dedizione e il suo impegno nella ricerca hanno contribuito in modo significativo all’avanzamento del settore. Sono i brevetti che rendono buona un’università. Fa piacere. Voto “dieci”.
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Notizie che sarebbero piaciute a Nuccio Ordine, il docente di Letteratura Italiana di Arcavacata immaturamente scomparso troppo presto. Roberto Saviano ha detto «Nuccio era Giordano Bruno» riferendosi alla sua principale fonte di studio. Iniziava ogni settimana il suo corso discutendo di una poesia. Meritava miglior riconoscimento in vita. Il voto lo hanno assegnato i suoi numerosi studenti di diverse epoche. Un maestro di studio e di vita che aveva deciso di restare in Calabria collaborando con i più prestigiosi atenei del mondo. Chapeau.
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A proposito di Università ho molto apprezzato il pepato editoriale di Filippo Veltri su “Riviera sera” giovedì scorso dedicato all’ateneo di Catanzaro. Si deve votare il nuovo rettore e il candidato sarà unico senza dialogo con il territorio, come sempre. Gli studenti si accodano al potere accademico silenti. Tutti parlano del terreno di gioco del Ceravolo da rifare, nessuno si preoccupa che la sede del Cnr abbandonerà la città. Una buona polemica costruttiva. Voto “otto”.
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Leggo sulla Gazzetta del Sud una bella lettera indirizzata al presidente Mattarella da un insegnante di scuola media della Locride, Francesco Sgambelluri. Vi si legge: «Hanno chiuso l’ospedale del mio paese, depotenziato l’unico rimasto in zona, i treni non viaggiano per il Nord, e molte volte è un’impresa anche fare breve viaggi; i miei studenti non godono dei diritti riconosciuti ai loro coetanei di altre parti d’Italia. Caro presidente devo mentire ai miei studenti sul fatto che l’Italia è una sola?».
Voto “nove” a chi s’indigna. Sì, l’Italia è una “sola”, nel senso romanesco del termine.
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L’arcivescovo di Crotone Angelo Raffaele Panzetta ha revocato l’incarico di parroco di Cirò, a don Matteo Giacobbe che nulla ha fatto per impedire il solito “inchino”. Alla processione di San Cataldo, infatti, la statua si stava recando a rendere omaggio ad un “banchetto” allestito dai familiari di una persona arrestata nell’operazione “Ultimo atto”. A fermare l’inchino ci hanno pensato i carabinieri. A fermare il don Abbondio calabrese ci ha pensato subito l’arcivescovo cui assegniamo “dieci” per fermezza e coerenza. (redazione@corrierecal.it)
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