COSENZA Nuova udienza, dinanzi al Tribunale di Cosenza in composizione collegiale presieduto dal giudice Francesco Luigi Branda, del processo a carico dell’ex prefetta di Cosenza, Paola Galeone, imputata di corruzione e presente all’udienza pubblica. A deporre due testimoni: Fabio Catalano dirigente della squadra mobile di Cosenza e Mario Tortorella in servizio alla Polizia di Stato di Cosenza. Galeone – secondo l’accusa – avrebbe indotto una imprenditrice, Cinzia Falcone presidente dell’associazione “Animed”, alla corruzione. In particolare avrebbe chiesto una sorta di “mazzetta” attraverso l’emissione di una fattura falsa da 1.200 euro per garantirsi una somma del fondo di rappresentanza della Prefettura.
L’udienza è durata oltre tre ore. I testimoni hanno ricostruito, su sollecitazione del pm Giuseppe Visconti e degli avvocati di difesa della imputata Mario Antinucci del foro di Roma e Carlo di Casola del foro di Napoli, quanto accaduto all’interno del bar su Corso Mazzini a Cosenza con protagoniste Falcone e Galeone. All’incontro, Cinzia Falcone si presenta con addosso una cimice. Il microfono nascosto ha il compito di captare il contenuto del colloquio tra la querelante e la ex prefetta e la presunta cessione di contanti a favore di quest’ultima. L’incontro avviene intorno alle ore 15 del 28 dicembre 2019: le due donne vengono intercettate, mentre discutono gli operatori di polizia in Questura captano il colloquio. Tortorella dirigeva le attività di ascolto dell’intercettazione ambientale all’interno del bar ed era in collegamento con Catalano. All’interno del bar non erano presenti agenti di polizia, tutti gli uomini impegnati nell’operazione, erano posizionati all’esterno dell’esercizio commerciale. Tortorella, nel corso dell’esame in aula, racconta di aver telefonato «una volta» al dottore Catalano per rappresentargli l’avvenuto scambio di denaro. Sul punto interviene l’avvocato Mario Antinucci, chiedendo come lo stesso operante di pg avesse appreso la circostanza senza essere presente. Chi indagava non ha contezza visiva della esatta dinamica dello scambio, ma grazie al materiale intercettivo capisce che è avvenuto. Le domande degli avvocati di difesa proseguono e si soffermano sull’assenza di un riscontro de visu del fatto oggetto del presunto reato.
Affrontata la questione legata alle intercettazioni, l’attenzione del pm Visconti si sposta sulla trascrizione delle stesse. Si parla di attribuzione di voci alle due donne presenti nel bar e nel proseguo del dibattimento emerge una circostanza nuova: le captazioni registrate all’interno dell’esercizio commerciale sono state oggetto di intervento attraverso l’utilizzo di un programma in grado di eliminare i rumori di fondo. Gli operanti di polizia hanno “pulito” la traccia audio, e dunque eliminato – attraverso un apposito programma – i rumori di fondo per rendere fluido il colloquio tra le donne. Le due versioni audio, quella “sporca” e quella filtrata ed oggetto di modifica sono state entrambe inviate alla procura di Cosenza. Anche in questo caso, è deciso l’intervento dell’avvocato Antinucci. Che sottolinea la presenza di «una traccia audio che non è frutto di un passaggio diretto tra il server e le cuffie, ma oggetto di manipolazione attraverso l’uso di un programma». Insieme all’altro legale di difesa, l’avvocato di Casola, Antinucci chiede precisi chiarimenti e presenta una istanza al tribunale per disporre una perizia e comprendere se il file, l’hardisk di supporto dell’ambientale con la microspia presente nella borsa di Cinzia Falcone, fosse stato masterizzato prima o dopo la modifica. In buona sostanza, la difesa chiede di avere la traccia audio originale, non quella oggetto di intervento della Pg. Il giudice Branda si è riservato la possibilità di audire nuovamente il perito per chiarire la faccenda legata al file.
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